L’importanza di chiamarsi Grillo

par David Asìni
martedì 6 novembre 2012

Grillo è un maschilista. No, di più; è un femmicida sessista, oltre a essere dittatoriale, violento e senza scrupoli. Peccato che sia l'unico che abbia sempre raccontato la verità. A chi credere?

Non volevo più difendere Grillo, mi ero convinto che fosse inutile. Chi ragionava già con la testa non aveva bisogno delle mie argomentazioni, mentre chi non ragionava affatto ne poteva tranquillamente fare a meno. Ma l'uomo, si sa, è debole, e ama cedere alle tentazioni. Avevo resistito abbastanza bene anche a circa un minuto di Buona domenica, ascoltando Sgarbi e la Santanchè che sproloquiavano di visione medioevale delle donne, decontestualizzando una frase sul punto G, che nulla aveva a che vedere con la guerra dei sessi. Poi è arrivato Sartori, che stimo (ora un po’ meno) su Rai news, a sostenere che nei talk show i dibattiti non sono forvianti; un po’ troppo. È bene porre rimedio e chiosare gli opportuno distinguo tra i fatti e le opinioni.

L'Italia è un paese bloccato, fermo, penultimo nella classifica mondiale per crescita nell'ultimo decennio; tra le cause maggiori c'è la corruzione, dovuta in gran parte alla (premeditata) paralisi della giustizia, e un'informazione soggetta e addomesticata. Il gigantesco conflitto di interessi di Mister B. non ha pari nel mondo occidentale, e costituisce l'emblema della mancanza di libertà di stampa nel nostro paese. Questi i fatti, a meno che non si avalli l'ipotesi di un gigantesco complotto di tutti gli organismi di controllo internazionali, univoci nelle statistiche e nelle analisi.

In questo contesto nasce il movimento di Grillo, che usa per raccontare queste verità i mezzi che ha disposizione: il blog, gli spettacoli, le piazze. Lo fa nel silenzio tombale della quasi totalità dei media, che lo oscurano, ne distorcono i messaggi, gli affibiano le etichetta di populista, qualunquista, giustizialista; qualsiasi cosa, pur di non parlare dei contenuti che propone. La caccia all'uomo, e al movimento, è cominciata; ogni mezzo è buono, purché funzioni.

Cominciamo dall'ultimo caso, quella della consigliera bolognese Federica Salsiredarguita per aver partecipato all'ultima puntata di Ballarò. Tutti i media si sono riferiti alla metafora di Grillo sul punto G.,omettendo volutamente la vera materia del contendere, e cioè la partecipazione dei rappresentanti del movimento a programmi televisivi. È loro diritto non parteciparvi? E non è del tutto lecito aspettarsi che gli iscritti seguano le regole del movimento cui appartengono?

Sono domande molto semplici, che suggeriscono una semplice verità: la consigliera ha sbagliato. I talk show in tv sono pensati per professionisti della politica, e gestiti da chi ha tutto l'interesse a preservare lo status quo: parteciparvi è controproducente. Dando un'occhiata al forum del movimento, ci si accorge che la stragrande maggioranza la pensa cosi; chi non è d'accordo può manifestare dissenso o proporre regole diverse, non infrangerle a piacimento.

Le esternazioni del consigliere Favia sulla mancanza di democraticità all'interno del M5S hanno portato alla luce un problema reale, ma posto in maniera forviante e, soprattutto, con obiettivi diversi da un costruttivo dibattito interno. Il consigliere di Forlì è vicino alla scadenza massima di due mandati , limite ultimo per statuto della sua esperienza politica, ed è lecito pensare ad un'azione improntata alla visibilità. Questo problema si ripeterà più e più volte; quanti abbandoneranno volentieri un "lavoro" ben retribuito, interessante e che regala potere e visibilità?

Ed è auspicabile che il limite venga cancellato, oppure l'impegno "a termine" del cittadino, è una reale possibilità di moralizzazione della vita pubblica? Grillo ha bisogno di essere difeso in questa scelta di modernità, e dagli attacchi anche strumentali che tale impegno comporterà.

Leggo poi spesso critiche "aprioristiche" sull'inadeguatezza delle proposte del M5S, e sulla necessità di esperienza politica per attuare qualsivoglia proponimento. I miei 5 lettori (...) sanno che spesso ho criticato delle incongruenze o delle omissioni (vedi giustizia) nel programma, ma vorrei porre una riflessione: avendo tutte le capacità, l'esperienza, e la sagacia del mondo, è possibile che qualcuno realizzi qualcosa che non intende realizzare?

Traslando, qualcuno pensa davvero che l'attuale classe politica promulgherà norme per cui i meritevoli primeggieranno, i corrotti andranno in carcere, e i giovani avranno l'opportunità del ricambio generazionale?

La cosidetta legge anticorruzione appena votata è, sostanzialmente, un indultoLa proposta di legge depositata dal M5S, attinente l'incandidabilità dei pregiudicati e il limite massimo di due mandati per chiunque, non è stata respinta dal parlamento; non è stato neppure discussa. Di un cambiamento significativo, non considerano neppure l'idea. Al di là delle diverse opinioni e sensibilità, la struttura la struttura stessa dei partiti è delineata per attrarre arrivisti di ogni ordine e grado, e le sirene che promettono cambiamenti epocali, dopo aver risuonato a vuoto per decenni, non devono attrarre più nessuno.

Non mi interessano le esternazioni di B., di Casini, di Renzi, di Vendola; tutti nomi che il tempo ci ha permesso di soppesare, le cui parole si sono sempre perse nel vento. So cosa aspettarmi da loro, ho capito chi sono. Voglio un'opportunità nuova, di qualcuno senza conflitti di interessi, senza gruppi di potere alle spalle, che non abbia mai mentito spudoratamente: eccola, l'importanza di chiamarsi Grillo. 


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