L’impatto sociale della crisi climatica nel Sud del mondo è drammatico
par Pressenza - International Press Agency
giovedì 19 maggio 2022
Mobilità limitata, mancanza di protezione e pratiche commerciali sleali minacciano l’esistenza di milioni di persone – Lo studio “Beyond Panic?” dell’organizzazione austriaca per i diritti umani Südwind esamina quattro Paesi particolarmente colpiti dalla crisi climatica e mette in guardia dalle conseguenze drammatiche.
di Austria - Pressenza Wien
Quest’articolo è disponibile anche in: Tedesco
Nell’ambito dell’iniziativa di Südwind “Climate of Change”, l’Università di Bologna ha studiato gli impatti sociali della crisi climatica in quattro Paesi del Sud globale particolarmente colpiti dalla crisi climatica: Senegal, Guatemala, Cambogia e Kenya. In tutti i Paesi esaminati sono emersi problemi di adattamento a condizioni più estreme, come tempo imprevedibile, tempeste più intense, siccità o cambiamento delle correnti oceaniche. Il margine di manovra è inoltre gravemente limitato da diversi fattori economici: dall’elevato indebitamento a causa del microcredito all’accaparramento di terre da parte di investitori stranieri (land grabbing), fino allo sfruttamento di acqua per le monocolture. “La crisi climatica è un potente moltiplicatore dei problemi esistenti nei Paesi del Sud globale. I fattori di vulnerabilità e discriminazione, come l’età, il sesso, il reddito o l’origine si accentuano sempre di più”, spiega Angelika Derfler, portavoce di Südwind per la giustizia climatica.
Il diritto umano a un ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile, adottato dalle Nazioni Unite lo scorso anno, non è rispettato in nessuno dei quattro Paesi studiati. “È urgente un cambiamento di tendenza nell’economia e nella politica, verso un sistema in cui il benessere umano e i limiti fisici del pianeta siano rispettati”, afferma Derfler.
Nonostante le diverse condizioni locali, i quattro Paesi mostrano tutti un’enorme vulnerabilità della popolazione dovuta alla mancanza di possibilità di adattamento e protezione. La situazione è ulteriormente aggravata da uno squilibrio del potere economico-politico a favore dei Paesi ricchi. “La questione della giustizia climatica deve finalmente avere maggiore priorità anche nella politica estera, di sviluppo ed economica europea e austriaca. Le pratiche economiche di sfruttamento a spese delle popolazioni del Sud del mondo devono finire”, afferma Angelika Derfler. Südwind chiede quindi al governo federale austriaco di impegnarsi a tutti i livelli per stanziare fondi sufficienti per le misure di adattamento e per il risarcimento dei danni e delle perdite. Sono inoltre necessari il trasferimento di know-how e un rigoroso quadro giuridico, da un lato contro le pratiche economiche di sfruttamento e le condizioni di lavoro ora a vantaggio dei Paesi ricchi e delle multinazionali, dall’altro per la protezione delle persone e dei diritti umani.
Secondo lo studio, l’influenza della crisi climatica sui movimenti migratori varia da paese a paese. Sono diversi i fattori che giocano un ruolo nella decisione di migrare. La crisi climatica interagisce con cause già esistenti e movimenti migratori tradizionali. Nella maggior parte dei casi, i movimenti migratori avvengono all’interno del paese o verso i paesi limitrofi. Solo una piccola parte migra verso il Nord globale.
Caso di studio Senegal: siccità ed erosione si aggiungono alle importazioni di rifiuti e all’accaparramento delle zone di pesca (“ocean grabbing”).
Il legame tra economia e crisi climatica è particolarmente evidente nel caso del Senegal: circa il 65% della popolazione vive sulla costa. L’aumento annuale del livello del mare è di 3,5 – 4 millimetri. Soprattutto per la popolazione delle città costiere di St. Louis e Dakar, l’erosione è un enorme fattore di rischio. Nel corso della ricerca, alcuni intervistati hanno dichiarato di aver visto le loro case sprofondare nel mare.
Nell’interno invece, l’aumento della siccità porta a perdite ingenti nell’agricoltura. Ciò alimenta una rapida urbanizzazione e un sovraccarico delle infrastrutture urbane. I problemi di smaltimento dei rifiuti che ne derivano sono notevolmente aggravati dalle importazioni di rifiuti dall’Europa. Circa il 70% dei rifiuti solidi viene smaltito in discariche abusive.
Circa un lavoratore su cinque è impiegato nel settore della pesca. Al momento della ricerca, nel 2021, i pesci sono quasi del tutto assenti a causa del cambiamento delle correnti oceaniche, dell’inquinamento e della perdita di specie. A ciò si aggiunge il cosiddetto “ocean grabbing”: con l’aiuto di nuovi quadri giuridici, l’accesso, l’uso e il controllo delle risorse ittiche nelle aree costiere sono stati ridistribuiti a vantaggio delle imprese europee. Il sostentamento della popolazione locale viene dunque sacrificato a favore della pesca industriale.
Ulteriori documenti scaricabili:
Panoramica dei risultati del rapporto (6 pagine, in tedesco)
Studio di casi: Senegal, Guatemala, Cambogia, Kenya. Sintesi (42 pagine, tedesco)
Lo studio completo “Beyond Panic? – Exploring Climate Mobilities in Senegal, Guatemala, Cambogia e Kenya” dell’Università di Bologna, commissionato dalla Climate Of Change Initiative (186 pagine, inglese)
Traduzione dal tedesco di Thomas Schmid. Revisione di Diego Guardiani.