L’esodo dei grillini verso la Lega firmato Gianluigi Paragone

par paolo
lunedì 30 dicembre 2019

Il novello Caronte Gianluigi Paragone, eletto senatore nel gruppo del M5S, si sta ingegnando per traghettare senatori in quota M5S per portarli in dote a Matteo Salvini.

 L'obiettivo dell'operazione è chiaro e limpido, ridurre o annullare il margine di sicurezza della maggioranza nel caso di voto di fiducia al Senato e quindi mettere a rischio la sopravvivenza stessa del governo Conte.

A facilitargli il compito il ribollire per alcuni grillini di spinte verso nuovi approdi, non necessariamente indirizzati verso i partiti di opposizione. Si sa, la carne è debole e, se pur partiti con ammirevole fermezza e il cuore saldo sui principi fondativi, stare alla greppia inquina anche gli animi più puri. E' comprensibile anche se assolutamente condannabile sul piano etico e morale. Perché approdare su altri lidi significa non dover più sottostare a due imposizioni che mortificano guadagni e prospettive future, doversi tagliare lo stipendio come contributo nel fondo per le imprese startup, ovvero quelle messe in piedi da giovani, e poi la tagliola dei due mandati istituzionali al termine dei quali c'è il ritorno a vita privata, che per molti significa prospettive incerte o comunque molto meno gratificanti. In questi ultimi mesi infatti si è registrato una riduzione nel numero di versamenti del contributo sul fondo e qualche mugugno di troppo.

Daltronde la strada era già stata aperta dagli antesignani Nunes, Fattori, poi De Falco ecc.. , tutti ovviamente con motivazioni di elevato spessore morale, nel senso che non sono stati loro ad abbandonare gli ideali propulsivi del movimento, ma il debordare del medesimo verso strade non più condivisibili. Ciò è consentito dall'assenza del vincolo di mandato per i parlamentari, cosi come previsto dalla Costituzione. In paesi più civili del nostro il cambio della casacca impone il doversi ripresentare di fronte al collegio elettorale per essere riconfermato o meno. Da noi è tutto più semplice, saluto e passo altrove, rimanendo con le chiappe al sole e non dovendo rinunciare ad un cent, anzi magari allargando la torta come si è visto. 

Ciò premesso è quindi evidente che il compito del senatore dissenziente Paragone è quanto mai facilitato. Ma vediamo chi è Gianluigi Paragone, o meglio il suo curriculum professionale. Un giornalista prima di tutto, ovvero un cronista come lui stesso ama definirsi. Quindi radio e televisione, partendo da Prealpina, poi Rete55, Adnkronos, Radio Padania, Libero e RAI per arrivare a La7 con la Gabbia, talkshow serale interamente dedicato alla politica. Lui si considera un eretico o più ancora un ribelle, uno che ama le sfide, anche quelle sulla carta impossibili.

Siccome l'uomo è dotato di astuzia unita ad una certa ambizione, l'operazione è stata preparata cosi come si conviene in questi casi, ovvero prima i vari distinguo poi diventati veri e propri dissensi fino al punto di non votare la fiducia alla maggioranza, vedi quella sulla legge più importante ossia la finanziaria. A corredo una serie di attacchi personali soprattutto indirizzati verso Di Maio del tipo "Ha una debolezza cronica. Mi fa tenerezza " oppure " Di Maio capo politico? Non ha più valore il capo politico quando attorno hai delle divisioni peggio che in Libia" o ancora " Vorrebbe darmi ragione ma è stato depotenziato ". Insomma secondo lui Grillo ha confermato il ruolo di Di Maio solo perché nel mazzo non ha niente di meglio da pescare, che però va in palese contraddizione con se stesso, vista la sua enorme autostima.

Ma perché Paragone, al netto delle critiche che ci possono anche stare, si è messo a capo di una tentata transumanza di grillini verso la Lega? C'è chi ritiene che non abbia digerito il governo Conte 2, ovvero quello che vede il M5S in alleanza di governo con il PD e soprattutto Renzi. Questa spiegazione non tiene conto degli avvenimenti messi in moto dall'editto del Papeete e un fine conoscitore dei meccanismi istituzionali come lui non dovrebbe non tenerne conto; sarebbe irresponsabilità pura. Dunque le motivazioni devono essere altre.

Una potrebbe essere che Gianluigi è stato un leghista della prima ora, anche se critico allora come ora, ma certe appartenenze sono dure da rimuovere, soprattutto per un uomo del nord. Ma credo che la spiegazione sia più legata alla sua ambizione personale e che abbracci una spiccata tendenza al protagonismo. Insomma a ben vedere il suo ruolo nel M5S è stato del tutto marginale, nessun incarico di prima fascia e neppure una nomina al parlamento europeo, che di solito non si nega mai a nessuno. Forse questa potrebbe essere la spiegazione più vicina alla realtà, anche se io ritengo che Paragone sia sempre stato un corpo estraneo al M5S. In sostanza lo percepito come uno che è salito sul carro del M5S quando il vento soffiava in poppa, magari sperando di avere le gratificazioni personali adeguate alle proprie ambizioni, mentre adesso che il vento soffia in direzione opposta si smarca e prepara una via alternativa, portandosi in dote alcuni grillini transfughi. Se dovesse riuscire nell'impresa di tagliare la testa di Conte, chi può poi non dovergli gratitudine e magari offrirgli quella posizione che lui ritiene adeguata al proprio valore?

Se poi addiruttura il colpo di cucinare Conte riuscisse prima della conferma referendaria sul taglio dei parlamentari, si andrebbe a elezioni con le stesse modalità precedenti e lui avrebbe sicuramente più probabilità di trovare un posto al sole. Perché nel caso opposto il campo utile si restringerebbe di molto e col cavolo che qualcuno dei militanti storici della Lega sarebbe disposto a cedergli la poltrona. Intanto le sue attuali pulsioni lo stanno spingendo verso l'espulsione dal M5S.

Saranno cioè i probi viri a decidere se Paragone è una sorta di infiltrato di Matteo Salvini nel M5S, con il compito di fare franare il M5S dal suo interno. E' questione di poco per sapere la verità.

Foto: Senato/Wikipedia


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