L’economia secondo il giovane economista Campiglio
par Damiano Mazzotti
giovedì 6 dicembre 2012
“L’economia buona” è un saggio davvero delizioso e coinvolgente che affronta pure il tabù dell’origine del denaro. L’esposizione eclettica, equilibrata e schietta, amalizza le tesi e le idee più originali e gli scenari economici futuri (Emanuele Campiglio, www.brunomondadori.com, 2012).
Emanuele Campiglio è un talento italiano che ha deciso di approfondire gli studi economici a Londra, la patria europea del potere finanziario. Forse anche per questo motivo è nato il desiderio di studiare meglio i processi di creazione e di circolazione del denaro, per cercare di realizzare una nuova economia meno instabile e meno dipendente dalla finanza. L’economia del futuro dovrebbe essere equilibrata, sostenibile e gestita all’insegna dell’efficienza (www.happyplanetindex.org).
Il libro è una vera miniera di conoscenze e secondo Campiglio e altri economisti, le teorie neoclassiche possono avere una buona validità per quanto riguarda la microeconomia, ma una scarsa corrispondenza con la complessità dei fenomeni macroeconomici. Una cosa è verificare i comportamenti individuali e imprenditoriali, mentre risulta molto più impegnativo studiare le relazioni tra inflazione, disoccupazione, investimenti, strumenti finanziari, consumi, risparmio, ecc.
Purtroppo le istituzioni accademiche sono basate sull’insegnamento quasi esclusivo delle teorie liberiste più o meno rigide. Il premio Nobel Joseph Stiglitz, che è stato un esponente della teoria neoclassica, ha affermato: “Il fatto che tali modelli (neoclassici) abbiano prevalso, specialmente nelle scuole di dottorato americane, nonostante l’evidenza empirica contraria, è la prova di un trionfo dell’ideologia sulla scienza”. Ed è la prova del potere dei grandi finanziamenti privati che disturba la libera circolazione delle idee e la vera libertà di pensiero all’interno delle università.
Mark Twain affermò che “Ci sono tre tipi di menzogne: le bugie, le bugie spudorate e le statistiche”. Oggigiorno possiamo afferma che la menzogna più assurda è questa frase dei politici: “Non ci sono più soldi”. Le banche centrali privatizzate creano continuamente denaro a nome dello Stato, e lo rivendono allo Stato, e lo forniscono a tutte le banche e alle società finanziarie che possono guadagnare tanti soldi senza rischiare niente lucrando sugli interessi. Poi questi soldi vengono messi in circolo per foraggiare i giochetti d’azzardo dei multimilionari che speculano sulle rendite. Inoltre i mutui e i finanziamenti a privati e a imprese rappresentano la quasi totalità della moneta “circolante”: in Occidente “le banconote stampate dalla Banca centrale costituiscono in media solo il 3 per cento dell’ammontare di moneta in circolazione; tutto il resto è formato da denaro creato da banche private” (Ryan-Collins e altri, 2012).
In questo modo la ricchezza tende a concentrarsi sempre di più nelle mani dei superricchi e secondo alcuni studiosi la proliferazione e la rivendita di titoli derivati è un modo mascherato e illegittimo di produzione di moneta, utilizzato delle grandi multinazionali dell’industria finanziaria. La moneta delle grandi banche d’affari è una forma di moneta cattiva, piramidale e parassitaria, che si nutre della moneta buona prodotta nell’economia reale. Per essere sicuri di non essere parassitati l’unica soluzione è quella di evitare l’acquisto dei titoli derivati emessi dai cinque principali gruppi bancari internazionali. A chi ha già acquistato questi titoli, consiglio di rivolgersi a un buon avvocato specializzato per sterilizzare il prima possibile questo genere di contratti. Nelle micro clausole allegate ai contratti vengono elencate le formule matematiche truffaldine che hanno ingannato molte amministrazioni private e pubbliche (Comuni e Regioni). Del resto nel mondo anglosassone i derivati non possono essere acquistati dalle amministrazioni pubbliche.
Il monopolio pseudo statalizzato e molto privatizzato della moneta andrebbe ridimensionato in un duopolio: i privati che creano moneta per le imprese e le società finanziarie e lo stato che crea moneta senza tasso di interesse da fornire ai cittadini a partire dalla maggiore età. In tal modo si favorirebbero i consumi generali e culturali e la formazione professionale e universitaria. Per arrivare ad un vero cambiamento occorre una rivoluzione dall’alto: sono gli accademici e i burocrati finanziari che devono capire che questo sistema monetario è oramai troppo anziano e non riesce a stare al passo con la gigantesca e strabiliante economia globalizzata che deve alimentare e movimentare più di sette miliardi di persone.
Però le maggiori riviste economiche accademiche accettano quasi sempre i “lavori basati sulla teoria neoclassica, confinando le analisi alternative a giornali di minor prestigio. Ciò crea un circolo vizioso, poiché ricercatori e professori vengono assunti soprattutto in base alle pubblicazioni e un economista neoclassico avrà più chance di insegnare a nuovi studenti rispetto a chi ha deciso di adottare un approccio eterodosso” (p. 18). Quindi risulta impossibile realizzare una visione a 360 gradi dell’economia. Anzi, gli economisti liberisti pretendono di realizzare delle analisi attendibili lavorando solamente su modelli standard, “progettati per analizzare i periodi di prosperità” (Ben Bernanke, governatore della Federal Reserve, 2010). Modelli che addirittura “non includono né il settore bancario né il denaro” (Steve Ken, economista australiano).
L’attuale crisi economica deriva principalmente dal sistema di creazione della moneta tramite il credito-debito. L’attuale sistema monetario andrebbe compensato con un nuovo sistema monetario più equo, equilibrato e liberale, basato su monete nazionali a costo zero, che non producono interessi e che non incentivano le speculazioni. Le monete locali a mio parere non hanno futuro. Comunque i monopoli dovrebbero esistere sono nel passato e ogni forma di potere illimitata è responsabile di fenomeni illegittimi e dannosi per la quasi totalità della popolazione. La monopolizzazione dell’emissione della moneta da parte di banche centrali privatizzate può essere considerata come un abuso di potere burocratico e incostituzionale, attuato con l’approvazione impropria da parte dei vari governi (American Monetary Institute, www.monetary.org; Stephen Zarlenga, “The Lost Science of Money”, 2002).
Buona parte dei banchieri, dei manager, dei politici, dei lavoratori e dei consumatori non hanno una visione chiara dei vantaggi generali a medio e lungo termine. Sono tutti troppo concentrati sul presente. In realtà gli “esseri umani sbagliano, non programmano, si fanno ingannare, seguono il comportamento della massa e si lasciano trascinare dalle emozioni, compiendo a volte scelte che hanno effetti negativi per loro stessi e per la società nel suo insieme” (p. 115).
Per sintetizzare l’approccio di Emanuele Campiglio, riporto una sua citazione: “Idee, conoscenza, scienza, ospitalità, viaggi – queste sono cose che per loro natura dovrebbero essere internazionali. Ma lasciate che i beni siano prodotti localmente ogni qualvolta ciò sia ragionevole e conveniente e, soprattutto, lasciare che la finanza sia principalmente nazionale” (Keynes, 1933).
Keynes era uno studioso eclettico e saggio, e ragionando sulla crisi del ’29 affermò: “Quando l’accumulazione di capitale di un paese diventa il sottoprodotto delle attività di un casinò, è probabile che le cose vadano male” (1936). E gli affari finanziari possono finire molto male: “Se una società libera non riesce ad aiutare i molti che sono poveri, non riuscirà mai a salvare i pochi che sono ricchi” (John F. Kennedy, “Discorso di insediamento alla presidenza”, 20 gennaio 1961).
Se l’avidità trionferà, solo uno speculatore d’azzardo su mille si salverà (Amian Azzott).
Emanuele Campiglio è un economista coraggioso, intelligente e molto promettente. Ha maturato una collaborazione alla New Economics Foundation (www.neweconomics.org) di Londra e si sta perfezionando alla London School of Economics and Political Science (www.lse.ac.uk).
Per valutare filoni di ricerca alternativi si può visionare questo forum accademico internazionale: www.worldeconomicsassociation.org (pubblica giornali e blog). Oppure si può fare riferimento alle analisi di Nouriel Roubini (www.roubini.com), di Robert Shiller (www.irrationalexuberance.com), di Steve Keen (www.debtdeflation.com, si è concentrato sulle teorie di Hyman Minsky, che potete recuperare qui: www.levyinstitute.org), di Richard Layard (il famoso economista del benessere: http://cep.lse.ac.uk/layard), e di Peter Victor (www.pvictor.com), un economista canadese che ha verificato dei buoni equilibri economici simulando una riduzione generale degli orari lavoro. Poi cito anche Adair Turner, l’autore di “Just Capital. Critica del capitalismo globale” (Laterza, 2004).
Infine segnalo un sito dove si possono vedere alcuni documentari sulle cause della povertà: www.whypoverty.net (in Italia sono visibili su www.raistoria.rai.it).