L’apprendistato, un modo per aumentare l’occupazione giovanile?
par Paolo Borrello
sabato 11 febbraio 2012
L’apprendistato rappresenta la forma di contratto a tempo determinato più “vecchia”. Solo negli ultimi anni si sono aggiunte altre tipologie di contratto a termine, prevalentemente utilizzate per i giovani.
Attualmente diversi osservatori hanno evidenziato l’opportunità di estendere l’uso dell’apprendistato per favorire l’inserimento nel mercato del lavoro dei giovani. Un rapporto del ministero del Lavoro, realizzato grazie alla collaborazione tra Isfol e Inps, sembra avvalorare questa tesi. Secondo questo rapporto sono 542.000 i giovani in apprendistato, pari al 15% degli occupati tra i 15 e i 29 anni d'età. Nel biennio 2009-2010, però si è registrato un calo complessivo del 17%, con punte più alte per il segmento dei minorenni, soprattutto se occupati nelle aziende artigiane. Anche se il ricorso a questo istituto contrattuale è diminuito, l'Isfol sottolinea però dei segnali di ripresa.
“Sul fronte dei nuovi avviati si è avuta una contrazione del 27% nel 2009 - si legge nel rapporto - ma l'anno successivo si è tornati a un trend positivo del 2%. Inoltre, nonostante la crisi in atto, il numero di apprendisti il cui contratto è stato trasformato a tempo indeterminato è comunque rimasto stabile nel 2009 ed è addirittura aumentato del 12% nel 2010. Rispetto ai contratti non standard, l'apprendistato continua ad offrire maggiori possibilità di passare a una condizione lavorativa stabile”. Quello ‘professionalizzante’ è l'apprendistato più diffuso. I minori in apprendistato sono in netto calo da anni e nel 2010 corrispondono a 7.700 unità, comunque assunti con contratto professionalizzante, visto che quello per il diritto-dovere non è mai partito. Gli apprendisti in alto apprendistato sono solo qualche centinaio. L'apprendistato ha poi un peso rilevante nell'ambito delle politiche del lavoro: il costo per le sottocontribuzioni e per la formazione rappresenta circa il 39% della spesa totale per le politiche attive per il lavoro. Gli apprendisti iscritti alle attività di formazione pubblica sono il 25%. Forti i divari territoriali, con i valori di Centro e Mezzogiorno attestati intorno al 15%. Le realtà con la più alta percentuale di apprendisti in formazione sono le Province autonome di Bolzano (84%) e Trento (80%), il Friuli Venezia Giulia (75%) e l'Emilia Romagna (66%).
“La formazione in apprendistato è ancora un punto debole in molte parti d'Italia - ha dichiarato il direttore generale dell'Isfol, Aviana Bulgarelli - mentre questa tipologia contrattuale costituisce uno strumento cruciale per l'acquisizione di competenze da parte dei giovani. È molto importante sviluppare anche l'apprendistato per il diritto-dovere di istruzione e formazione, che può contribuire ad affrontare il dramma dei ‘Neet’, cioè di coloro che sono al di fuori sia del mercato del lavoro sia del sistema formativo. Penso soprattutto a quel 19% di giovani italiani che abbandona gli studi dopo la licenza media e rischia di rimanere emarginato dalla vita professionale e di confluire in condizione di povertà ed esclusione sociale. L'apprendistato, viceversa, è uno strumento che può far emergere il talento anche di quei giovani cha hanno difficoltà con l'apprendimento scolastico tradizionale”.