L’analogico solitario

par SerFiss
lunedì 15 aprile 2019

Un interessante articolo di Erica Perry pubblicato lo scorso maggio su SMW pone in evidenza alcuni aspetti della vita sociale che spesso trascuriamo per superficialità.

Uno studio condotto negli USA da Cigna in collaborazione con Ipsos su un campione di oltre 20.000 americani dai 18 ed oltre, ha dimostrato come la percezione della solitudine stia aumentando esponenzialmente. La Generazione Z, quella nata negli anni '70 sino all'inizio del nuovo secolo, rivela un quadro complessivo piuttosto desolante:

Se per gli anziani il fenomeno era già iniziato dagli anni '50 con:

e per la generazione successiva alla Z, definita Millennials, la percezione della solitudine è il larga parte offuscata dall'uso massivo delle nuove tecnologie, per quella degli adulti, nati analogici e digitalmente analfabeti, la Rete ed i social si trasformano in amplificatori del disagio della vita.

Gli "anziani" (nati prima degli anni '70) sembrano subire meno l'impatto tecnologico del nostro tempo. Credo infatti che, ad ognuno di noi, sia capitato di vedere la nonnina truccatissima con in mano lo smartphone o il nonno che, su una panchina, sostituiva il guardare il lavoro nei cantieri con un tablet dal quale leggersi i giornali o navigare su un sito porno. La loro vita, i loro rapporti sociali non sono scalfiti da Facebook, al massimo ampliati dalla realtà virtuale a estranei o a parenti ed amici lontani.

Due esempi vissuti personalmente esplicano benissimo questi concetti. Metropolitana di Milano all’approssimarsi della fermata Duomo (pieno centro). Una signora di una certa età chiacchiera piacevolmente con una giovane (probabilmente parente, circa 20 anni) con reciproca soddisfazione (lo si poteva notare attraverso i vetri e desumerlo dai loro sorrisi). Appena entrate nel vagone, all’unisono, smettono di parlare e, aprendo le loro borsette, impugnano saldamente lo smartphone, ignorandosi per tutto il resto del viaggio. Ristorante a Roma, sera. Due ragazze (massimo 18 anni) si siedono in un tavolo a fianco del mio, con lo smartphone bene in vista sul tavolo. Il diabolico aggeggio è stato trascurato solo il tempo necessario al cameriere per raccogliere le ordinazioni: il resto della cena, per loro, è trascorso smanettando come indemoniate con i pollici contrapposti senza smettere di parlare un solo attimo e senza mai guardarsi.

Tutto questo si trasformerà in male? Probabilmente sì, nel breve termine. Chi subisce le nuove tecnologie sarà sempre più distante dalle nuove app e dalle nuove possibilità offerte dalla tecnologia.

Tutto questo si trasformerà in bene? Probabilmente sì. Nel lungo periodo. La sostituzione delle vecchie generazioni analogiche con le nuove, nate digitalizzate, probabilmente attenuerà il disagio, regalandoci una società completamente connessa.

Che questo sia un bene o un male io non so dirlo, e credo nessuno di noi, se non rischiando di passare per alcuni dei nostri vecchi, che rimpiangevano i tempi passati. Sarebbe dimenticare che il futuro ha sempre portato vantaggi, e non solo nel futile ma nella medicina, nel sapere, nei trasporti, nella qualità di vita.

Ai posteri quindi l’ardua sentenza, nella speranza che questa non sia dominata dalla tecnologia.


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