L’agibilità di Silvio e la risposta di Napolitano. Tutto ovvio

par paolo
mercoledì 14 agosto 2013

Dopo la sentenza Mediaset che condanna Silvio Berlusconi a 4 anni per frode fiscale, sentenza passata in giudicato e quindi definitiva, abbiamo assistito, sbigottiti ma non troppo, alle arroganti contorsioni di chi ha una concezione del diritto e della legalità che non trova pari nel mondo civile.

Se è, non dico accettabile, ma comprensibile che un condannato, per di più notoriamente poco dotato di senso di rispetto delle istituzioni, continui a contestare una sentenza definitiva, "emesssa in nome e per conto del popolo italiano", suscita invece sdegno l'assalto istituzionale che il suo entourage politico-mediatico ha posto in essere con una virulenza tale da essere ai limiti dell'eversione. 

Sotto il fuoco di minacce e ricatti sono finiti praticamente tutti: dal governo Letta, ai magistrati, fatti oggetto di un'opera di delegittimazione che supera ogni limite di decenza, al popolo di "sinistra" in un'ottica di guerra civile, per arrivare infine al Presidente della Repubblica, sottoposto ad un vero e proprio bombardamento mediatico. Se e quali mezzi siano stati adottati e la loro liceità è oggetto di inchieste da parte dei magistrati, inevitabilmente chiamati ad intervenire dopo le querele delle parti offese .

La richiesta, oggetto di questo arrembaggio è esplicita:

Silvio Berlusconi deve essere riportato al livello di candore personale pre sentenza e deve essergli garantita la piena "agibilità politica". Che significhi e con quali strumenti giuridico legislativi attuarla non importa un fico a nessuno, risolvano il rebus i legislatori oppure il Presidente Napolitano o chi per loro. Purché Silvio venga riconsegnato casto e puro agli affetti elettorali di circa una decina di milioni di cittadini che lo votano e che si identificano in lui (fatto ancora più preoccupante ).

Insomma il grido dei pidiellini è: a noi le sentenze ci fanno un baffo perchè noi siamo il popolo delle libertà (ovviamente intese in una accezione molto estensiva) e chi conta sono soltanto gli elettori che ci votano. Loro e solo loro ci possono giudicare, differenza marginale con le note della famosissima canzone di Caterina Caselli. Neppure Beppe Casaleggio Grillo, nella teorizzazione della "democrazia liquida online", è arrivato a tanto.

La minaccia è altrettanto palese: qualora ciò non avvenisse sfasciamo tutto. Sic et simpliciter.

Tirato per la giacca, per i pantaloni e anche per i calzini (notoriamente sempre molto attenzionati dai media berusconiani), dopo una pausa di comprensibile riserbo istituzionale, alla fine ieri Napolitano ha dato la sua attesa risposta. 

Chi volesse può leggerla in versione integrale sul web ma, in sintesi, è un trionfo dell'ovvio, a sagra della scontatezza, la conferma che tutto il bailame sollevato dai berluscones è un polverone senza senso e senza nessun appiglio giuridico istituzionale.

Dice Napolitano:

"Di qualsiasi sentenza definitiva, e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto", ponendo fine al chiacchericcio su presunti ricorsi, scappatoie e quant'alto; circa la concessione della grazia: "L'articolo 681 del codice di procedura Penale, volto a regolare i provvedimenti di clemenza che ai sensi della Costituzione il Presidente della Repubblica può concedere, indica le modalità di presentazione della relativa domanda...".

Seguono precisazioni: quindi Silvio ne faccia richiesta e poi vedremo se ci sono i presupposti, tenendo presente che l'istituto della grazia agisce sull'espletamento della pena ma non sui carichi pendenti accessori (interdizioni, ineleggibilità e incandidabilità - legge Severino 2012).

Infine Napolitano ammonisce dall'aprire una crisi di governo, perché ciò non comporterebbe uno scioglimento delle camere e il ricorso a nuove elezioni, depotenziando di fatto le minacce di far cadere prematuramente il governo Letta.

Quindi Letta blindato, con buona pace dei Brunetta, Cicchitto, Gasparri, Bondi, Capezzone e compagnia bella.

Parole chiare, limpide e anche sorprendenti per uno come Napolitano ritenuto, a torto o a ragione, un campione dell'equilibrismo, una sorta di vescovo comunista, un cerchiobottista dotato di una vis diplomatica spesso esagerata.

Chiare e limpide per tutti, ma non per i media dell'ex Cavaliere che gridano "vittoria", che intravedono "una possibile apertura", una soluzione annunciata per poter continuare come se nulla fosse. Pure fantasie dettate dalla disperazione e dal fanatismo di chi non si rassegna ad accettare la realtà.

"Dura lex, sed lex", ,bisognerebbe citarla più spesso.

Invece il cappio si è ulteriormente stretto attorno al collo di Silvio Berlusconi, che si trova a dover chiedere una grazia che, oltre ha non aver effetti pratici sulla pena da scontare perché per lui il carcere non è comunque previsto, non comporta la riabilitazione ad incarichi istituzionali e, se richiesta come è necessariamente confermato dal Presidente, equivarrebbe ad un pieno riconoscimento e quindi ad una legittimazione politica della sentenza di condanna.

Come si dice, adesso Silvio è in un "cul de sac" e suoi strepitanti adoratori e adulatori farebbero bene a cercarsi l'alternativa, dal momento che Marina Berlusconi ha dichiarato la sua indisponibiltà.

Vuoi vedere che si interrompe la successione dinastica e che il cognome "Berlusconi" finalmente sparisce dalle istituzioni italiane e diventa l'omonimo riferimento ad un facoltoso e anziano pregiudicato milanese che ha fatto del suo meglio per scassare il paese?

Speriamo.

 

Foto: Enrico Letta/Flickr

 


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