L’addio di Berlusconi? Un terremoto politico

par Cesarezac
venerdì 26 ottobre 2012

L’annuncio clamoroso benché non del tutto inatteso, che Silvio Berlusconi non si ricandiderà alle prossime elezioni per la guida del Paese che deteneva dai primi mesi del 1994, sia pure con qualche breve interruzione - il che costituisce un record assoluto - ha messo in fibrillazione l’intero mondo della politica: PDL, opposizione, moderati e chi più ne ha più ne metta.

Il suo ritiro a novembre del 2011, si rese necessario in quanto la lotta degli schieramenti politici aveva assunto livelli parossistici, analogamente a quanto spesso avviene con il tifo calcistico. Il Paese era diviso in due schieramenti: pro e contro Berlusconi. Tutti i problemi passavano in seconda linea, anzi diventavano esclusivamente armi per colpire l’avversario.

A tutto ciò si aggiunse la crisi finanziaria scatenata dalle banche d’affari USA, crisi di portata mondiale e di gravità eccezionale. Ad onta di una maggioranza schiacciante, la coalizione di governo per quanto consentito da un’architettura istituzionale eccessivamente garantista, così come consegnataci dai padri costituenti, condizionati dal trauma della guerra, non aveva la possibilità concreta di varare quelle riforme di cui il Paese aveva, e purtroppo continua ad avere bisogno.

In sostanza il presidente del Consiglio dei ministri, con la costituzione vigente, è detentore di poteri assai limitati, il che con l’aggravante della rissosità per non dire di peggio, delle forze parlamentari, ma anche extra parlamentari, che abbiamo visto non farsi scrupolo di ricorre a tutte le armi della lotta politica, lecite, e spesso illecite, tra cui un uso sfacciatamente strumentale della persecuzione giudiziaria, si è visto costretto a farsi da parte per lasciare il posto ad un governo di tecnici, chiamato all’appello dal Presidente della Repubblica. Sennonché, quei tecnici, non appartengono alla categoria di cui necessitava il Paese, al mondo dell’imprenditoria o del lavoro, come Giorgio Squinzi o Susanna Camusso, tutt’altro, essi provengono dal mondo di quella spregiudicata speculazione finanziaria delle cosiddette “banche d’affari” (i loro) causa indiscussa della crisi nella quale il mondo si dibatte.

Non si poteva fare scelta peggiore. Infatti, le riforme che urgevano, in primis quella della giustizia, sono rimaste lettera morta, e le misure adottate, l’inasprimento di una pressione fiscale da rapina, la cosiddetta spending review, anziché alleviare i problemi, rilanciare l’economia di un Paese in coma, l’hanno fatto sprofondare in una drammatica recessione senza precedenti, la qual cosa, se aggiunta a una minacciosa inflazione, che ha già cominciato a galoppare, va rubricata sotto il nome di stagflazione, che è la peggiore situazione che possa colpire un paese. Stando così le cose, la decisione presa da Silvio Berlusconi, in sostanza suona così: signori, voi avete gettato le castagne nel fuoco, adesso, tocca a voi tirarle fuori.

Ancora una volta, Silvio ha dimostrato di essere capace di diagnosi azzeccate.


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