L’Uomo Nero. Perché chiudere Casapound dopo i fatti di Firenze

par Liberarchia
giovedì 22 dicembre 2011

Dopo la tragedia di Firenze una riflessione sulla violenza razzista.

Martedì 13 dicembre a Firenze morivano ammazzati Mor Diop e Modou Samb, nati in Senegal. A premere il grilletto è stato il dito di Gianluca Casseri che, dopo aver compiuto la strage e aver ferito altri tre uomini, ha deciso di porre fine alla propria esistenza.

Insieme alla notizia si è diffuso un sentimento di rabbia e sdegno nei confronti di quelle ideologie che tanto hanno già portato danni in questo ed in altri paesi e che forse sono da considerarsi i veri proiettili di questo omicidio. Come ormai già tutti sappiamo Casseri apparteneva ad un circolo toscano di Casa Pound, movimento che contrariamente a quanto ora rivendicato inutilmente, ha sempre sbandierato idee razziste e filo-fasciste nei propri slogan, e che ora davanti all'avvenuta tragedia corre ai ripari come un bambino che troppo ha giocato col fuoco.

Aggressioni di strada e violenze xenofobe sono le pratiche con cui in più occasioni e in più città i “fascisti del terzo millennio” si sono contraddistinti ogni volta trovando copertura mediatica e giuridica anche da parte delle istituzioni. D'altronde non deve stupire se i poteri forti non si schierano apertamente contro idee razziste, quando all'interno del Parlamento stesso troviamo partiti come la Lega Nord, la cui presenza è a tutti gli effetti un'autorizzazione a delinquere da parte delle istituzioni che dovrebbero per prime dichiarare contrarietà a idee che invece appoggiano.

Il clima di tensione che ha portato a questa disgrazia così come per i fatti del campo rom torinese ha dunque cause culturali ben radicate nelle scelte politiche degli ultimi anni e nelle pratiche quotidiane. Le relazioni sempre più frequenti con cittadini di altre razze vengono intaccate dalla paura, dalla diffidenza per “il diverso” che spinge alla segregazione, cercando di assicurare il distacco sociale magari tramite l'internamento in un qualche CIE o ancor peggio ricorrendo a quella violenza tanto impartita dalla televisione.

Inoltre, come logico, non vi può essere concetto di “diverso” senza definizione di “uguale”, e dunque senza creare artificiosamente quel senso di unità e solidarietà nazionale che ci porta ad amarci come fratelli durante i Mondiali di Calcio e ci fa provare devozione quando uno dei “nostri” muore sul fronte mentre cercava di ammazzare uno dei “loro”; e fatti come questi dimostrano come i veri confini siano soltanto quelli dell'intelligenza umana.

La questione xenofoba, infine, si può tranquillamente collocare all'interno di un comportamento molto più ampio che è il rifiuto della diversità, razziale, psicologica o culturale che sia, e che nel momento in cui sfocia nell'isolamento toglie alla comunità le occasioni di crescita che derivano dall' incontro-scontro con l'Altro. Dopo tutte le risposte di pancia che si possono dare all' accaduto, è riappropriandoci della cultura come vera arma di difesa che si possono costruire nuove pratiche sociali da mettere in gioco, opponendosi apertamente contro certi gruppi e senza scomodare la libertà di parola per difendere chi nei propri sermoni si schiera contro i diritti dell' Uomo.

“Chiudere Casapound”, a mio avviso, prima che essere una richiesta alle autorità è l'invito alla collettività a mostrare contrarietà a questi individui, organizzando prima di tutto mobilitazioni di risposta a questi eventi o ad eventuali aperture di altre sedi.

Sabato a Firenze eravamo in tanti, bianchi, neri e rossi, per dare una forte risposta dalla piazza, accompagnati da tutta la comunità senegalese che su uno dei suoi striscioni ricordava “Non senegalesi, ma cittadini del Mondo”


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