L’Occidente trema angosciato ma il cambiamento è alle porte

par Francesco Rossolini
lunedì 26 gennaio 2009

L’Occidente sta provando ancora il senso dell’incertezza e dello sconforto. Come molte altre volte nel passato la macchina si è inceppata e quelle certezze che si ritenevano granitiche si sono dimostrate di cristallo, luccicanti ma fragilissime.

 

In tali circostanze, ovvero in crisi strutturali, avviene quel processo fondamentale di turnover forzato che consente la ripresa, l’uscita dalla crisi e il nuovo splendore. Purtroppo il sistema occidentale si basa su un ordinamento gerarchico delle posizioni, tale da rendere quasi impossibile il cambiamento ai vertici in tempi normali di crescita economica.

Questa distorsione porta a bloccare il sistema meritocratico ad un certo punto della scala e impedisce ai migliori di accedere alle mansioni dirigenziali nel momento opportuno, poiché tali posizioni rimangono indisponibili, saldamente in mano a chi le ha conquistate in passato.

Tutto ciò però funziona solo nei periodi di prosperità e crescita, quando un dirigente esecutivo mediocre non incide comunque più di tanto, quando la macchina avanza per inerzia pur senza spinte propulsive.

Ma questo meccanismo logora il sistema stesso, che adagiandosi sugli allori indebolisce e collassa. Ciò porta a crisi strutturali cicliche. In tali circostante le carte in gioco cambiano drasticamente, i mediocri iniziano ad essere individuati, messi sotto pressione e cacciati. Gli investitori contestano i cattivi amministratori e li spingono alle dimissioni; quando il gioco diventa serio i migliori svettano, innovano, ottengono consensi e spodestano la vecchia logora leadership.

In condizioni favorevoli le differenze tra un buon manager ed uno mediocre si assottigliano poiché la domanda supera l’offerta e tutti riescono in qualche modo a raggiungere gli obiettivi.

Quando il mercato soffre e l’offerta supera la domanda i mediocri soccombono. Le aziende migliori, innovative, aperte al cambiamento superano le difficoltà e sopravvivono; le aziende antiquate, non meritocratiche e chiuse al cambiamento falliscono. 

In tale ottica è un errore impedire il tracollo, con aiuti Statali, di aziende mal organizzate, mal strutturate e comunque incapaci di recepire il nuovo. Salvare aziende o istituiti di credito antiquati è doppiamente dannoso poiché vengono impegnate risorse per far sopravvivere qualcosa che comunque rimarrà un punto debole del sistema, una pericolosa falla. 

I Governi Nazionali dovrebbero varare norme comuni anticrisi volte a sostenere i consumatori e non le aziende. In tal modo si agevola la ripresa dei consumi senza drogare il mercato, così saranno solo le aziende reattive e dinamiche ad essere premiate dal mercato, lasciando le mediocri al proprio destino. 

È vantaggioso per uno Stato aiutare i consumatori aumentando il loro potere d’acquisto e potenziando il sostegno verso coloro che dovessero perdere il posto di lavoro momentaneamente piuttosto che sovvenzionare le aziende in maniera indistinta e senza tener conto delle capacità effettive delle stesse. 

 


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