L’OCSE invita i sistemi educativi europei a "bocciare di meno"

par Stefano Vaselli
lunedì 1 agosto 2011

Ma nel sistema educativo italiano, che per molti versi rischia già di penalizzare sia la meritocrazia che l'eguaglianza delle opportunità di base, come attesta l'aumento degli abbandoni della scuola, avrebbe senso mettere in pratica questo "monito"?

Il quotidiano "Repubblica" riporta la notizia per cui, secondo l'OCSE, lo stesso organismo internazionale che ha retrocesso la scuola italiana, solo 3 anni fa, al terzultimo posto della sua graduatoria OCSE-PISA dei sistemi scolastici, bocciare a scuola sia educativamente e socialmente dannoso. "L'Organizzazione contesta il vecchio sistema di far ripetere l'anno scolastico: rafforza le diseguaglianze e pesa sui bilanci. L'Austria vuole abolirlo, la Francia discute la riforma. L'Italia è ventiduesima nella classifica dei Paesi più severi", riporta l'articolo di Anais Ginori.

Qualcuno, soprattutto nel fronte politico della sinistra culturale, avrà probabilmente già gridato "vittoria" o addirittura tirato in ballo il Lorenzo Milani della Lettera ad una professoressa degli alunni della Scuola di Barbiana, che faceva suo, in un contesto e per delle ragioni molto diverse, un monito assai simile. Ma siamo sicuri che questo tipo di monito sia un monito davvero "di sinistra" (almeno nel senso che autori come Norberto Bobbio e il suo allievo Marco Revelli hanno dato a questo termine: la parte politica che equipara, come minimo, l'eguaglianza alla libertà, o identifica la libertà compiuta con l'eguaglianza delle opportunità)?

Ora, chi scrive non mette in discussione la validità e la serietà dei metodi valutativi dell'OCSE, ente dietro il quale, in ogni caso, si muovono gli interessi e gli assets delle governance di FMI e di Banca Mondiale – entità sovrastatali guidate da un'ideologia sociopolitica eccessivamente liberista – ma vorrei proporre un ragionamento basato unicamente sulla logica deduttiva applicata ai fenomeni sociali in questione.

Guardando in questi giorni al panorama comparato dei sistemi scolastici europei, si vedrebbe, infatti, e subito, che se l'articolo di Repubblica (e i suoi similari) fosse completo non mancherebbe di menzionare il fatto che, ben prima della scuola austriaca, o della severissima scuola francese (che secondo l'OCSE è ben più "bocciatrice" dell'Italia), la Germania si è dotata da molto tempo di un sistema educativo fortemente propenso, per propria costituzione didattica e docimologica, a ridurre drasticamente le bocciature. La Germania, non dimentichiamolo, ha conosciuto la propria unificazione negli stessi anni del XIX secolo in cui Piemontesi, Lombardi e antiborbonici fecero il loro Risorgimento, ed è a quell'epoca che risale la sua schule. Secondo molti analisti economici, inoltre, uno dei pivot del paese-traino della crescita europea in questi anni di crisi, la Germania appunto, è proprio il settore formativo ed educativo, pur con tutte le proprie, perfettibili, criticità.

Ebbene, il sistema scolastico tedesco, che ha informato di sé sistemi educativi molto diversi da quello italiano, francese, o britannico, come, per esempio, quelli scandinavi (primo tra tutti il Finlandese – il migliore d'Europa, sempre secondo la graduatoria OCSE-PISA), è un sistema dove si entra a scuola a cinque anni e mezzo-sei anni, si termina un ciclo elementare di cinque anni, si va alle medie senza esame di licenza elementare, e al termine della scuola media triennale si viene "Indirizzati" a seconda del punteggio dell'esame finale del ciclo delle medie a intraprendere uno dei tre principali indirizzi delle scuole superiori. L'obbligo scolastico è fissato al compimento dei 18 anni, contro il nostro che (sulla carta) lo fissa ai 16. Ogni scuola, pubblica o privata, è abilitata alla concessione dei diplomi, ma lo Stato e i Lande non finanziano le scuole private neppure con un centesimo. Le scuole private sono parificate, ma sono di livello ben superiore a quelle italiane, perché non sono, al contrario di molte delle nostre, dei "diplomifici", e devono comunque rispettare i programmi dei cicli scolastici statali (che paese di comunisti!!). La scuola di base è praticamente gratuita, persino i libri vengono pagati con sovvenzioni statali. Terminata la "Grundschule", cioè la scuola che va dai 6 agli 11-12 anni, il che avviene con tassi di bocciatura bassissimi, a seconda del punteggio riportato, si viene indirizzati a fare una Hauptschule di 4 anni, per gli studenti meno portati accademicamente, tipicamente indirizzata ad un tirocinio professionale, oppure una Realschule, che a differenza della Haupt è quinquennale, rivolta a chi non sia certo se continuare o meno l'università, con specializzazioni soprattutto nel campo economico e tecnico-informatico, (per inciso: è la scuola più gettonata in assoluto), o il Gymnasium, di cinque anni e mezzo, la scuola dei bravi e dei cosiddetti "secchioni", al termine del quale si riceve una abilitazione (Abitur) e si viene contattati direttamente dalle migliori università in caso di punteggio finale molto alto.

E' chiaro che in un sistema di questo tipo bocciare, e bocciare tanto come nella scuola francese, non serva proprio a niente, anzi, sia stupido e controproducente. Ma, intanto, faccio notare che:

• La scuola tedesca, e le scuole che seguono il modello tedesco (Finlandia, Austria, Svezia, Norvegia, Olanda) sono scuole dove l'obbligo va dai 6 ai 16/18 anni della Finlandia e della Germania, contro i 6-16 anni (10 anni nominali) del nostro paese. In Italia, inoltre, una norma introdotta sotto il ministero Gelmini fa sì che già dai 15 anni, con l'intraprendere un percorso di tirocinio o apprendistato, una ragazza o un ragazzo possano lasciare la scuola a quell'età.

• Nella scuola tedesca, inoltre, e per legge, nella Realschule e nel Gymnasium non possono esservi più di 22-24 studenti per corso (non vi sono le "classi" ma i corsi; le aule appartengono ai professori, che ne sono responsabili). In Italia si sta per arrivare a 35 alunni per classi nelle scuole medie e superiori.

• Sempre nella scuola tedesca, la condotta disciplinare può essere cause di espulsioni dalla scuola, uno dei coefficienti causali più ricorrenti nelle poche – pare – fenomenologie di bocciatura. Nel nostro paese la ricaduta dell'introduzione del 5 in condotta come causa di bocciatura, sebbene abbia aumentato di qualche punto in percentuale il numero dei bocciati, non ha avuto e non ha, per molte ragioni, alcuna incidenza sul fenomeno del bullismo, in costante crescita ovunque.

• In Germania, come del resto in quasi tutti i paesi europei, non esiste il cosiddetto "ricorso". Quando si viene bocciati, come si dice a Roma, "si abbozza". Si può andare in causa di fronte ad un tribunale, per lo più civile, se e solo se la scuola, con un consiglio di classe o un collegio dei docenti, sceglie, per ragioni presumibilmente gravi, di fare causa comune con lo studente o con le famiglie degli studenti, contro un membro del proprio corpo-insegnanti (cosa, come è presumibile, rara ma possibile).

• I docenti tedeschi guadagnano quasi il doppio di quelli italiani, ma non lavorando il doppio, bensì solo 8-10 ore in più a settimana (in Italia la media è di 18-22 ore). Nelle scuole private di qualità, a differenza di quanto accada in quelle italiane, lo stipendio, a parità di ore di lavoro, tende ad aumentare e di molto.

• Nella scuola tedesca non esiste come nella scuola italiana (forse sin dai tempi della Riforma Casati, sicuramente dai tempi di Gentile) una rigida e ridicola divisione tra materie a valutazione scritta e orale e materie a sola valutazione orale. Tutti gli alunni, di ogni ordine e grado, vengono valutati soprattutto per iscritto in tutte le materie da tutti i docenti, considerando – come avviene nella maggior parte dei sistemi scolastici di alto livello – la valutazione scritta garanzia di responsabilità per il discente-esaminando, e di responsabilità, trasparenza e correttezza per il docente-esaminatore. La valutazione orale è, spesso, addirittura a discrezione del docente. Gli alunni tedeschi, così, secondo il test di valutazione dei sistemi scolastici OCSE-PISA risultano avere risultati migliori di quelli italiani nelle prove di scrittura, lettura, calcolo….

• In Germania, infine, così come in moltissimi paesi europei, non vi sono scuole "2-3 anni in 1".

La scuola così concepita possiede già in sé e per sé una fortissima caratura egualitaria e meritocratica, in ossequio al principio democratico per cui: pari opportunità di partenza a tutti, risultati finali ai migliori. Si parte da basi di "startup" fortemente perequate rispetto al reddito e alla base sociale e si promuovono tutti gli alunni compilandone, però, al contempo, e longitudinalmente nel tempo, dei curricula che sono pubblicamente accessibili al ministero della pubblica istruzione e ai suoi ispettori; curricula che seguono l'intero iter formativo scolastico delle ragazze e dei ragazzi. Questi ultimi vengono "mandati avanti" comunque, vengono generalmente bocciati se e solo se quasi "non-normodotati" (ma anche in quel caso scattano procedure di sostegno didattico impensabili da noi), o se "teppisti". In ogni caso, se al termine dell'iter formativo persino di un Gymnasium, un alunno o un'alunna esce con un punteggio inferiore a 75/100 nessuna università, ma proprio nessuna, per una legge non scritta, potrà ammetterli ai test preselettivi!!!! Anche perché in Germania è interesse di tutti impedire l'esistenza di Università- laureifici in grado di assolvere al compito di dare una chance agli abbienti somari; andrebbe a discapito dell'intero sistema produttivo.

Inoltre il diploma di maturità e l'Abitur sono considerati titoli di cittadinanza a pieno titolo. Ecco perché in Germania o in Finlandia nessuno si sognerebbe mai di elevare la laurea a titolo dotato di valore legale (come è da noi), ma tanto meno nessuno penserebbe mai di negare valore legale al titolo scolastico, che non è un titolo "liberale" o "accademico", ma un titolo di valore civile prima ancora che legale (compreso quello dell'Haupschule, con cui può diventare idraulici o liutai, mestieri utilissimi e anche, se permettete, invidiabili).

Detto questo, concludo, per logica, che applicare il "monito" dell'OCSE alla scuola italiana attuale, dove scuole "statali" di ricchi quartieri borghesi, soprattutto licei, stanno diventando ormai addirittura più classiste di scuole private con tanto di retta, sarebbe una semplice idiozia provincialistica e scimmiottante.

Al contrario, poter non ammettere all'anno successivo un alunno, finché la scuola italiana non verrà realmente e radicalmente riformata, assumendo come modelli da imitare (e senza vergogna) i sistemi scolastici nord-europei di quei paesi le cui scuole vanno considerevolmente meglio nelle graduatorie, è e resta una garanzia di tutela dei diritti di meritevoli, qualunque sia il loro ceto di appartenenza, soprattutto del diritto (indirettamente sancito dalla Carta Costituzionale) di non essere "livellati" al grado di demerito degli alunni-zavorra né volenterosi, né dotati, in nessun caso meritevoli come i primi ma semplicemente più facoltosi o benestanti.

Questi ultimi sono il vero problema! In Italia, per i figli di benestanti o di ricchi ci sono i tantissimi diplomifici, esistono le scuole (vero scandalo alla luce del sole) che permettono il recupero degli anni, e che vanificano la bocciatura di questi individui, i quali, teniamolo a mente, una volta promossi da una scuola che non li vagli seriamente per quello che valgono o che si impegnano a fare, o una volta ri-promossi con un corso di "2 anni in 1" allo stesso anno scolastico degli alunni che si sono impegnati ben più di loro (o che sono semplicemente migliori), avendo sperimentato tutti i vantaggi del "papà che paga" verranno allontanati da ogni etica dell'impegno e della responsabilità personale. Alcuni di essi, forse, diverranno i soliti parassiti di cui solo la società familista e cleptocratica della raccomandazione continua ad avere bisogno. Sarebbe interessante, inoltre, approfondire come sia possibile che in una borghesia un tempo propensa alla trasmissione di valori come l'impegno, il talento, l'ambizione, il merito, si sia arrivati a squallide borghesie sempre più propense a pagare per non far perdere il treno a generazioni via, via sempre più descolarizzate e ignoranti.

Ma questo sarebbe un tema interessante per un altro articolo.

Sono gli alunni che abbandonano la scuola in quanto figli di poveri o di famiglie gravemente disagiate quelli che dovrebbero preoccuparci. Costoro, come i primi, non hanno certo scelto la classe sociale di partenza in cui nascere, ma a differenza dei primi hanno avuto sfortuna. Se il sistema italiano fosse davvero perequativo come quello dei paesi nord-europei, la loro eventuale bocciatura non dovrebbe scoraggiarli a continuare la scuola. Sono questi gli alunni di cui, già a suo tempo, si preoccupò Lorenzo Milani, quando scrisse "Lettera ad una professoressa". Sono quei ragazzi che finiscono, purtroppo, a fare la parte dei soggetti di studio dei peer-researcher, interviste come quelle che postai tempo fa proprio sul mio blog a questo indirizzo

Nella sola Roma e hinterland l'aumento degli abbandoni scolastici sta conoscendo negli ultimi anni tassi che si sarebbero considerati scomparsi neppure dieci anni fa. Perché?

Se avessi uno stipendio da deputato potrei lavorarci sopra a tempo perso. Per 1300 euro al mese penso di non essere perequativamente preparato ad occuparmene. D'altra parte, come mi fece notare qualcuno tempo addietro dall'alto del proprio abitur, sapevo a cosa andavo incontro quando decisi di fare l'insegnante (aggiungo io: in Italia).


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