L’Italian Jobs Act

par Angelo Bruscino
venerdì 2 maggio 2014

Se si parla di lavoro in Italia è inevitabile accendere fibrillazioni e sentimenti contrastanti, siamo ancora vittime di un passato fatto di opposte ideologie e di finti moralismi che troppo spesso da ogni lato, vengono sbandierati in difesa di un interesse comune, ma che si realizza in particolarismi utili alla protezione della poltrona di turno, che sia politica, sindacale o datoriale. Lo spreco immenso di tempo e di denaro si traduce in questo paese in un tasso di disoccupazione del 13%, che tra i giovani raggiunge la cifra mostruosa del 43%.

 

Con dati del genere ci si aspetterebbe un impulso coraggioso e senza mezze misure per rilanciare le politiche “sull’impresa” e avete letto bene, perché vale la pena ricordarlo che sono le nostre aziende che creano lavoro che al contrario di quello che si pensa non viene generato per decreto.

A questo punto però, riflettiamo sullo Jobs Act di Matteo Renzi, il titolo alla misura viene mutuato dal piano che nel 2011 Barack Obama presentò al congresso degli USA e comprendeva, misure per il lavoro e per la ripresa dell'economia e dell'occupazione.

Ma gli americani che hanno il senso pratico tipico della cultura anglosassone, si sono concentrati sugli sgravi fiscali per le pmi e per i lavoratori, con un taglio del 50% delle trattenute sui salari per pensioni e sanità fino alla fine del 2012; il provvedimento molto discusso anche negli Stati Uniti, si concentrava non solo sulla diminuzione del costo del lavoro, ma soprattutto sulla capacità di aumentare il potere di acquisto dei lavoratori/consumatori, che unitamente agli sgravi per le imprese, ha garantito il rilancio dell’economia americana e il recupero di fasce di occupazione, vale la pena ricordarlo questa misura partorita nelle stanze del Partito Democratico Americano.

Ritorniamo adesso dalle coste atlantiche a quelle del mare nostrum, per ritrovare una misura dallo stesso titolo il “jobs act”, ma nelle intenzioni e probabilmente anche nella capacità di far ripartire il paese, molto diversa. Il governo Renzi, che nel frattempo ha sicuramente rappresentato un elemento di innovazione nel paese e che, dobbiamo dirlo, sta cercando di dare un’altra marcia ai tempi della politica nostrana, sta sul tema del lavoro e dell’impresa incontrando una strenua resistenza di componenti del Pd (che solo a parole continua a dirsi ispirato dal cugino di oltremanica). Anzi nonostante la tanto decantata deburocraticizzazione del sistema Italia, nella proposta legislativa passata qualche giorno fa alla camera al contrario la burocrazia abbonda. 

Qualche esempio significativo è rappresentato dall’obbligo di predisposizione, nel contratto di apprendistato, di un un piano sintetico di formazione che aggrava ulteriormente le imprese di adempimenti, aprendo le porte ad errori formali fortemente sanzionati dei quali non si sentiva obbiettivamente il bisogno; come non si sentiva necessità della reintroduzione dell’obbligo alla formazione pubblica, in passato utilizzato più come strumento di spesa e clientela, che come utile strumento per la qualificazione dei lavoratori.

Mi rendo conto che dalla lettura di queste righe, appare tutto lo scontento per una misura fortemente attesa e che in realtà purtroppo non costituisce o farà la differenza nel nostro mercato del lavoro, prigioniero di se stesso e dei mille veti incrociati, che sembrano sempre dimenticare che il tempo e il mercato trovano da soli le soluzioni quando manca il buonsenso e nel caso dell’ Italia le trovano altrove.

Chiariamoci non si parla o si discute di annullare tutele dovute ai lavoratori o di appesantire ancora di obblighi le imprese, si ragiona e si dovrebbe agire sulle motivazioni principali che lo fanno mancare il lavoro e non solo esclusivamente gli aspetti legati al suo costo, ma soprattutto quelli legati alla morte e alle mancate nascite delle aziende, causa burocrazia, lungaggini legislative nel regolare e liberarli se necessario i rapporti dilavoro, nella retribuzione netta percepita dai lavoratori stesso, troppo bassa, a fronte di un costo lordo sicuramente eccessivo.

Per finire se proprio dovessimo sintetizzare un opinione, al momento le misure predisposte dal governo sul tema del lavoro non saranno la rondine che fa primavera, anzi rischiamo che qualcuno in Europa o in America con ironia racconti del nostro Italian Jobs Act come di un’ulteriore prova non superata.


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