L’Italia vecchia e avara degli ultimi anni

par Damiano Mazzotti
martedì 28 giugno 2011

Oggi riporto alcuni dati per spiegare la stagnazione economica e l’abbruttimento culturale.

È molto spiacevole a dirsi, ma i “salari degli operai italiani, tenuto conto dell’inflazione e del potere d’acquisto comparato con gli altri paesi, sono diminuiti del 16 per cento fra il 1988 e il 2006” (Ocse, Organizzazione per lo Sviluppo Economico). Per l’Organizzazione internazionale del lavoro questo è il maggior declino delle retribuzioni osservato in undici paesi dell’eurozona in cui erano disponibili dati comparabili (www.ilo.org, per l’Italia: /rome; Luciano Gallino, sociologo e scrittore).

Inoltre in Italia, limitando l’analisi ai soli uomini, risulta che gli adulti guadagnano mediamente 2,8 volte in più rispetto ai giovani, contro il 2,5 della Francia, l’1,9 della Germania, l’1,8 del Regno Unito (dati della Commissione Europea riportati da Massimo Livi Bacci nel libro “Avanti giovani”).

D’altra parte nell’ultimo ventennio l’invecchiamento delle università italiane è stato desolante: il corpo docente al di sotto dei 45 anni è dimezzato, passando dal 60 per cento al 32 per cento; sono quasi triplicati i docenti sopra i 55 anni, passando dal 15 al 41 per cento; nel 2005 su 60.000 professori appena 4000 avevano meno di 35 anni, mentre oltre 6000 avevano più di 65 anni (Massimo Livi Bacci, professore di Demografia all’Università di Firenze, “Avanti giovani”, 2008). Tra le altre cose i docenti anziani costano anche molto di più dei giovani e producono molto di meno.

Per quanto riguarda la politica vi segnalo un solo dato molto illuminante: il 60 per cento dei politici italiani ha più di settant’anni, mentre in Spagna sono appena il 4,3 per cento del totale (Rapporto Luiss 2008). Così il Parlamento italiano rappresenta principalmente un centro diurno di lusso per nominati, che accoglie i vecchi più viziosi, più paranoici e meno attivi, di tutte le regioni d’Italia.

In sintesi: “Oggi escono dalle nostre università e dai nostri dottorati di ricerca migliaia di giovani che a 30 anni hanno girato il mondo, conoscono più lingue, hanno energie e saperi che potrebbero dare al sindacato e ai partiti una forza e una creatività progettuale all’altezza dei tempi” (Piero Bevilacqua, professore di Storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, Il grande saccheggio, www.laterza.it, 2011, p. 182).

Invece le aziende italiane dovrebbero evitare il moderno schiavismo dei praticantati e degli stage che reclutano solo i più disperati (i migliori emigrano). E dovrebbero iniziare a retribuire i giovani in modo civile e onesto, interrompendo questa pratica illegittima, legalizzata da una delle classi politiche più vecchie e più rapaci e incapaci del pianeta (i cittadini e i lavoratori dovrebbero essere tutti uguali davanti alla legge e quindi tutti retribuiti).

Per fortuna oggigiorno c’è il Web ed è possibile comunicare tutti questi dati a quasi tutti, grazie a un passaparola più diffuso, preciso, documentato e aderente ai fatti. Infatti “la Rete è un media orizzontale, consente cioè la comunicazione (scritta) di molti a molti” (Manuel Castells) e “Tutto il conservatorismo del mondo non può opporre nemmeno una resistenza simbolica all’assalto ecologico dei nuovi media elettronici” (http://marshallmcluhan.com, centenario della nascita; qui trovate una biografia pop appena uscita: http://isbnedizioni.it).

Cari vecchi docenti sopra i 65 anni, date il buon esempio ai cittadini e ai politici: lasciate il giusto spazio ai giovani. Non c’è bisogno di una legge per farlo. Se amate davvero la cultura e l’Italia potete ritirarvi a vita privata e molto agiata. Del resto avete già maturato un’ottima pensione grazie alle leggi fatte dai vostri amici più o meno coetanei. Cosa volete di più dalla vita? Volete essere disprezzati pure voi?

P. S. Se vivessimo in un paese decente senza una classe dirigente indecente, iniziative simili a questa non sarebbero una rarità: www.campusx.it (Living University).


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