L’Italia peggiora anche nella corruzione. Perché e cosa fare. Intervista a Davide Del Monte di Transparency International Italia

par Giorgio Zintu
mercoledì 12 dicembre 2012

Il Capitolo italiano di Transparency International, da anni impegnato nell’analisi della corruzione oltre che nella denuncia degli effetti di questa patologia sistemica sulla società e sull’aggravamento della crisi economica, ha presentato a Milano il CPI, l’Indice di Percezione della Corruzione 2012che classifica 176 Paesi nel mondo per il livello di percezione della corruzione nel settore pubblico e nel settore della rappresentanza politica, cioè i partiti.

Domenica 9 dicembre si è anche “celebrata” la Giornata internazionale di lotta alla corruzione, destinata, come troppo spesso accade, ad essere dimenticata il giorno dopo. Eppure non mancherebbero i motivi per riflettere sul peggioramento di ben tre posizioni dell’Italia nel 2011 (anno a cui si riferisce la classifica CPI 2012 di TI) rispetto all’anno precedente: un dato che prova come il nostro paese faccia peggio di Bosnia-Erzegovina e Romania o Croazia, nazioni passate attraverso periodi molto difficili e che con un’ingiustificata presunzione ritenevamo più arretrate in tutto o quasi rispetto all’Italia. Facciamo il punto della situazione con Davide Del Monte (nella foto), project officer di Transparency International Italia.

L'Italia, nel 2011 passa dal 69° posto al 72° nella classifica mondiale della corruzione. Cosa significa?

Significa che a livello internazionale non si sono visti passi in avanti dell’Italia in ambito di trasparenza e anticorruzione. Il CPI viene elaborato utilizzando infatti diversi indici internazionali (World Bank, FMI, etc…) e attraverso interviste mirate a uomini d’affari ed esperti internazionali. Evidentemente l’Italia non ha saputo togliersi di dosso l’immagine di paese opaco, corrotto e amorale. E come dare torto a questa valutazione? Gli scandali, più o meno recenti, che hanno coinvolto rappresentanti politici a tutti i livelli sono la dimostrazione che, a parte le tante parole spese, nulla o poco è stato fatto nel concreto per ridurre lo “spread etico” del nostro Paese rispetto ai paesi del nord Europa.

TP ha anche presentato le sue 9 "Raccomandazioni" volte a migliorare la trasparenza e l'integrità dei Partiti (maglia nera delle Istituzioni italiane) contenute nel progetto “NIS-Corruzione e Sistemi di Integrità”. Come sono state accolte dai destinatari a cui sono rivolte?

In realtà il 5 dicembre le raccomandazioni sono state presentate al pubblico e alla stampa, da oggi inizia il “lavoro” di presentazione ai destinatari veri e propri: i partiti politici. La nostra intenzione è di incontrare a breve giro i segretari e i capigruppo di tutti i maggiori partiti che parteciperanno alle prossime politiche, chiedendo loro di sottoscrivere le raccomandazioni e quindi impegnarsi, nella prossima legislatura, a riformare i partiti secondo quanto da noi suggerito. Ci tengo a sottolineare che le 9 raccomandazioni scaturiscono da un lavoro che non ha coinvolto solo lo staff di TI-Italia, ma anche diversi esperti esterni, come Pippo Civati, l’avvocato Umberto AmbrosoliElio VeltriGiuseppe Rossetto, ex deputato per due legislature, Nicoletta Parisi, professore di diritto europeo, e l’avvocato Mario De Stefano.Tutti sono stati chiamati a lavorare tra giugno e ottobre per trovare l’equilibrio giusto per le nostre raccomandazioni.

Corruzione non significa solo passaggio di soldi ma anche scelta di candidati non rispondente ai criteri di competenza o, talvolta, nella vita quotidiana, lo sfruttamento di conoscenze personali per ottenere preferenze nell'erogazione di servizi, scavalcando le code e producendo nuovi privilegi. TI come considera questi aspetti "culturali"?

Questo è il vero tasto dolente nel nostro Paese. Quando parliamo di corruzione, non parliamo solamente di flussi di denaro che viaggiano illecitamente da una tasca a un’altra. No, in Italia parliamo di un vero e proprio quadro culturale che ci appare a volte sconcertante per la totale assenza di etica, morale, perfino di buon senso e di buon gusto. Ostriche, SUV, crociere, promozioni lavorative…addirittura ruoli politici di rilievo affidati a soubrette o peggio: ci stiamo ormai abituando a subire (e in silenzio!) il peggio da una classe politica che ha ormai dimenticato del tutto il suo obiettivo principale: il bene comune. E se il buon esempio non arriva dall’alto (come si suol dire il pesce puzza dalla testa) allora il cambiamento deve partire dal basso: i cittadini devono pretendere non solo maggior trasparenza ed integrità da parte delle istituzioni, ma devono anche riappropriarsi della propria sovranità e del potere decisionale. In questo senso qualche apertura sembra arrivare dallo scenario internazionale, dove elevati standard di Governo Aperto (Open Government) si stanno imponendo in maniera non più trascurabile. Basti pensare che uno dei primi atti di Obama è stata la direttiva sull’Open Government (dicembre 2009). Dobbiamo richiedere a gran voce ed appropriarci di questi nuovi standard di governance. Solo rimettendo i cittadini in cima alla piramide potremo migliorare come Paese.

Si sta concludendo una legislatura che ha partorito una Legge anticorruzione molto richiesta ma che nei fatti presenta non poche smagliature. In particolare quali aspetti sono per TI migliorabili?

Prima di tutto, prima del contenuto stesso della legge, il punto davvero fondamentale è: come questa legge verrà (se lo sarà) applicata!

In Italia siamo pieni di leggi approvate dal Parlamento e poi nascoste in un cassetto: per quanto riguarda la trasparenza nella PA, ad esempio, le leggi ad oggi esistenti sono non meno di quarantanove: non sarebbe forse meglio avere un solo testo unico?!

Tornando alla legge anticorruzione, bisogna dire che ha il grandissimo merito di porre finalmente in primo piano il concetto di prevenzione della corruzione, finora misconosciuto in Italia. Detto questo bisogna riconoscere che i limiti sono molti, così come già sottolineato tra l’altro dalla Corte di Cassazione. Tra le debolezze della legge voglio citare soprattutto la mancata riforma dei termini di prescrizione, senza la quale nessun intento repressivo può avere efficacia; mancano poi l’introduzione del reato di autoriciclaggio – già esistente in praticamente tutti i Paesi europei – e una revisione del reato di falso in bilancio. Per quanto riguarda la delega al Governo per una legge sull’incandidabilità, personalmente il provvedimento non mi vede molto d’accordo: un Paese che ha bisogno di una legge specifica per evitare che dei criminali entrino in Parlamento, è un problema che ha bisogno di una seria dose di “autoanalisi”, non di ulteriori leggi che, poi, comunque, rimarranno inapplicate. Cerchiamo di cambiare la cultura, la mentalità, i valori e i principi su cui si basa il nostro povero Paese, lasciamo perdere per un po’ le leggi.

Sin qui le considerazioni di Davide Del Monte. Ma che la corruzione non rappresenti né per i partiti né per l’informazione una priorità lo si comprende anche dalla televisione che è il lezzo da cui gli italiani si informanoda trasmissioni molto seguite come ad esempio “In Onda” sulla 7, che nella puntata di sabato scorso ospitava personaggi del calibro di Crosetto, Daniela Santanché, Gentiloni e un presenzialista come Paolo Mieli, tutti impegnati a dipanare la matassa Berlusconi-Monti tra mille alchimie congetturali nel più classico pettegolezzo politico. Solo un marziano come Gianni Boncompagni, a sorpresa, è andato controcorrente, osservando che tra tanti contorsionismi dialettici nessuno aveva sollevato la questione della corruzione, il primo dei nodi da affrontare per la salvezza dell’Italia. Il risultato è stato che Telese e Porro,colti alla sprovvista come gli altri partecipanti, si sono subito affrettati a cambiare argomento, considerato probabilmente troppo sensibile per le sorti dell’audience.

Ma se in tanto silenzio Transparency International continua con rilevazioni e dati ad attaccare l’inadeguatezza del sistema politico nel fronteggiare la corruzione, una conferma delle dimensioni non trascurabili del fenomeno arriva direttamente da Piercamillo Davigo, un magistrato non dimenticato del periodo Mani pulite, il quale è convinto che dagli anni novanta ad oggi la situazione del nostro paese è peggiorata.

Piercamillo Davigo (Otto e mezzo, La7)

Ospite di Lilli Gruber nella trasmissione “Otto e mezzo”, Davigo, oggi consigliere presso la Corte Suprema di Cassazione, ha definito la Legge anticorruzione, approvata dal Parlamento all’insegna del “meglio di niente ”, inutile, anzi dannosa perché consente la candidabilità di politici condannati. Si tratta della conferma che in questi anni il mondo politico si è occupato più di contrastare la lotta alla corruzione che la corruzione stessa, avendo dimenticato – ricorda ancora Davigo – quel principio previsto dall’articolo 54 della Costituzione che richiede che “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.

Non si capisce davvero a quale onore rispondano i condannati candidati, però così vanno le cose in attesa di un improbabile quanto indispensabile risveglio delle coscienze. Ci vorrebbe un altro Mazzini, lo spirito del Risorgimento, ma non si vede all’orizzonte nulla di simile.


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