L’Italia "non è un paese per giovani". Paraculismi italioti
par Damiano Mazzotti
mercoledì 5 ottobre 2011
Senza ombra di dubbio ci sono due categoria professionali che si stanno battendo all'ultimo goccio di saliva, per vincere la Coppa della Professione più Sgangherata d’Italia e conquistare lo scudetto della Casta più Paracula.
Non c’è bisogno di raccontare molte stronzate e paraculate, ma basta elencare una serie di considerazioni tratte da un libro asciutto e saporito come un buon prosciutto toscano. Si tratta del saggio “Non è un paese per giovani. L’anomalia italiana: una generazione senza voce" (www.marsilioeditori.it, 2009). Gli autori sono Elisabetta Ambrosi, giornalista addottorata in Filosofia Politica, e Alessandro Rosina, docente di Demografia all’Università Cattolica di Milano (www.degiovanimento.com).
Per prima cosa prendo in esame il paraculismo di categoria. Se ci limitiamo ad esaminare i soli legami familiari, senza calcolare amicizie, fidanzate e amanti, si può verificare “che una grossa fetta dei neoassunti nelle redazioni – quelli che saltano i gironi infernali del precariato – è figlia di giornalisti e politici”. I quotidiani sprecano milioni di alberi per blaterare contro il precariato, ma poi cosa succede? Quasi sempre “Il precario-collaboratore… non ha nessun rappresentante all’interno del giornale… Quasi nessuno, per esempio nei comitati di redazione lo difende, anzi la solidarietà e inesistente… nell’inverno 2009 molti grandi gruppi editoriali hanno deciso di tagliare del venti per cento il compenso dei collaboratori, piccoli e grandi nel silenzio generale. Ve lo immaginate se gli editori avessero provato a fare lo stesso con lo stipendio degli interni?”.
E veniamo al paraculismo di genere: nelle campagne elettorali si utilizzano “le donne per sedurre l’elettorato femminile salvo poi riservare loro i posti peggiori in lista” per non farle eleggere. Inoltre pensiamo al caso del quotidiano “Il Corriere della Sera”, che “pubblica regolarmente editoriali e rubriche inneggianti all’importanza delle donne per la società e l’economia… irritante quando la mente si sofferma per pochi secondi sull’incredibile fatto che, dal giorno della sua fondazione, il giornale non arriva in edicola con l’editoriale principale a firma di una donna… in qualsiasi paese europeo prime pagine tutte al maschile desterebbero subito scandalo”.
Poi esiste il paraculismo anagrafico e qui la lotta è davvero molto impari. Infatti il Senato rappresenta una fortezza impenetrabile con il diritto di veto su tutti i generi di privilegi legati all’anzianità: “Da oltre sessant’anni vige in Italia un bicameralismo perfetto che prevede che le stesse leggi debbano essere approvate sia alla Camera che al Senato. Si può entrare alla Camera solo dopo i 25 anni, e al Senato dopo i 40 anni. Il che significa che in Italia solo gli over 40 sono cittadini a pieno titolo. In nessun altro Stato civile ci sono vincoli anagrafici così stringenti, che escludono l’attiva e piena partecipazione delle generazioni più giovani”. Quindi l’Italia è un regime gerontocratico e lentocratico palesemente anticostituzionale nel suo assetto principale, poiché non rispetta l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e nel proporre e nel votare le leggi.
Comunque i giornalisti continuano a mantenere la cattiva abitudine di chiamare i deputati onorevoli, anche se serve “un impegno civico a difesa dei comportamenti in democrazia. Perché la democrazia si difende anche negli atteggiamenti che mai debbono compiacere il servilismo. Perché il cittadino che si compiace nelle espressioni servili verso chi ha funzioni pubbliche, presto diviene suddito di chi, anziché funzioni, ritiene di aver potere” (Alberto Bertuzzi, libero cittadino, imprenditore, scienziato e campione dell’antipartitocrazia, “Scusate signori del Palazzo”, 1979).
Infine aggiungo che oggi in Italia si può discutere tranquillamente di familismo immorale e di mafia, però “parlare di criminalità in termini di “devianza” o, peggio ancora, di “marginalità” non ha molto senso, trovandoci in presenza di vasti processi sociali saldamente interconnessi ai processi socio-economici di maggiore portata” (www.aldogiannuli.it, L’abuso pubblico della storia, 2009).
P. S. I saggi amano i diritti, i vecchi adorano i privilegi.