L’Italia ha bisogno di liberalizzazioni

par Libero Mercato
giovedì 22 settembre 2011

 


Se il parametro di riferimento è 100, per stabilire se un mercato è del tutto libero, l'Italia raggiunge quota 49, meno della metà.

E' quanto emerso dalla pubblicazione annuale dell'Istituto Bruno Leoni, pensatoio della destra realmente liberista, che analizza l'andamento dell'economia italiana soprattutto confrontando i livelli di concorrenza. 
La ricerca ha prodotto un volume di quasi 400 pagine che promuove alcuni settori e ne boccia categoricamente altri, come afferma il presidente dell'Istituto Alberto Mingardi: "Esistono due Italie, una poco liberalizzata e un'altra che non lo è per nulla", e questo spiega "la scarsa crescita economica del paese"

L'energia elettrica, per esempio, è il mercato più aperto, essendo il processo di liberalizzazione avviato da quasi un decennio. 

Nel 2004 l'Enel copriva il 43,5% della produzione nazionale, nel 2009 la sua quota è scesa al 30,4%. 
 
Nel settore operano in tutto 15 produttori, tra cui Sorgenia (2,3%) e A2A (3,9%) mentre la voce "Altri produttori" è salita dal 12,5 al 18,5%. 
 
Ciò ha consentito centrali nuove per oltre 35 mila megawatt (per un totale di 110 mila megawatt, il 50% in più di potenza installata rispetto al 2000). Le bollette inoltre sono rimaste stabili nonostante i prezzi degli altri settori poco aperti siano schizzati alle stelle. 
 
Progressi si sono registrati anche sul segmento del metano, che pure ha avuto una liberalizzazione modesta. Una spinta alla concorrenza è arrivata dalla realizzazione del nuovo terminale di rigassificazione al largo del delta del Po
 
Oltre a gas ed elettricità, sono migliorati i servizi finanziari e postali (un esempio fra tutti, il costo sempre più ridotto dei conti corrente rispetto al passato), mentre è sceso il livello di liberalizzazione del settore televisivo. In calo anche il settore aereo, autostradale e ferroviario. Fanalino di coda il servizio idrico. 
 
Su questo punto è intervenuta Linda Lanzillotta (ex ministro degli Affari regionali nel governo Prodi), a margine del convegno per la presentazione dello studio, che ha ricordato come, per un grave malinteso, gli italiani al referendum di aprile abbiano votato contro la liberalizzazione dell'acqua:"Per i prossimi dieci anni gli investimenti per migliorare la qualità del servizio idrico saranno bloccati, perchè il sistema pubblico non ha i soldi e i capitali privati ne sono stati espulsi"
 
Hanno paura del mercato i cittadini ed i politici (per i quali circola una battuta: l'acquedotto comunale è la loro piscina preferita) che hanno bisogno dei voti, eppure si sa, non esistono liberalizzazioni buone o cattive, ma liberalizzazioni fatte bene e fatte male
 
Però lasciare incancrenire il sistema senza intervenire con le dovute riforme per migliorarlo, è ancora una volta il paradosso di un paese in difficoltà che si getta la zappa sui piedi. 

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