L’Italia e il petrolio nell’Adriatico: la Croazia sfrutterà da sola i giacimenti

par Daniele Zibetti
venerdì 8 agosto 2014

Come riporta Stefano Agnoli sul Corriere di mercoledì 6 agosto, il 2 aprile scorso la Croazia ha lanciato una gara per l’esplorazione di giacimenti di idrocarburi in 29 blocchi che coprono tutta l’estensione dell’Adriatico croato, dall’Istria a Dubrovnik.

Questi blocchi confinano con la porzione di Adriatico italiana, comprendendo potenziali giacimenti estesi su entrambi i territori nazionali e che, come ha fatto notare Romano Prodi sul Messaggero, “verranno sfruttati dalla sola Croazia“.

Tra settembre 2014 e gennaio 2014, la Croazia ha ultimato una serie di ispezioni, effettuate dalla norvegese Spectrum. Tramite l’utilizzo di rilevazioni sismiche, l’analisi di Spectrum ha permesso a Ivan Vrdoljak, Ministro dell’Economia, di sostenere che la prospettiva per lo sviluppo di idrocarburi nelle acque croate è significativa e diffusa su tutta l’area considerata. I progetti di Zagabria prevedono la realizzazione di 19 piattaforme petrolifere entro il 2019 con un guadagno previsto di circa 2,5 miliardi di euro grazie alle sole esplorazioni.

Il nostro paese per il momento resta a guardare, limitandosi ad alzare la voce sulle conseguenze che le ispezioni di Spectrum hanno avuto su 14 delfini e 12 tartarughe. Ma siamo sicuri di guardare nella direzione giusta? L’energia è un elemento chiave per la competitività internazionale e sicuramente uno dei punti dolenti della bilancia commerciale italiana. Produciamo circa 155 mila barili di petrolio al giorno e 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno (in netto declino), ma ne consumiamo rispettivamente 1,3 milioni quotidianamente e 78 miliardi annui. La nostra dipendenza dall’estero è pertanto elevata, una situazione che attualmente è resa ancora più critica da quanto sta succedendo in Libia, importante partner energetico per l’Italia.

Incrementare le nostre capacità produttive non eliminerà la nostra dipendenza, ma potrebbe garantirci una maggior sicurezza energetica per far fronte ai rischi geopolitici regionali che stanno colpendo in particolare il Nord Africa. Bisognerebbe fare una riflessione più approfondita sui numeri, a cui forse dedicherò un prossimo post. Intanto, ciò che resta fondamentale è superare il blocco ideologico che impedisce significativi sviluppi nel settore degli idrocarburi in Italia.

Con la proposta di riforma del Titolo V della Costituzione, Renzi vorrebbe rendere l’energia un tema non più di dibattito tra Regioni e Governo, ma unicamente incarico di quest’ultimo. Sarebbe un importante passo avanti per velocizzare il processo decisionale, ma c’è da fare i conti con il fenomeno NIMBY, ben diffuso e radicato nel nostro paese (336 casi solo nel 2013). Progetti infrastrutturali nel settore idrocarburi, si può esserne quasi certi, si rivelerebbero delle ottime leve politiche, soprattutto per Sel e M5S. 

Come siamo arrivati a questo punto?

Il problema di fondo è la pressoché totale assenza di razionalità nel dibattito italiano quando si parla di energia. Proteggere gli ecosistemi naturali del nostro paese è un obiettivo fondamentale, ma non può essere l’unico. Se non siamo noi a sfruttare i giacimenti petroliferi, qualcun altro prenderà il nostro posto. Questo è inevitabile. Il paese preferisce invece nascondere la testa sotto la sabbia per non avere sulla coscienza delfini e tartarughe.

La verità è che così facendo, non solo regaliamo ai nostri competitor regionali un’occasione per arricchirsi, rinunciando a tutti i vantaggi strategici ed economici, ma condivideremo comunque i medesimi rischi di impatto ambientale che si pensava di evitare e che per giunta non saranno nemmeno gestibili direttamente.

Un lose/lose insomma. L’Italia rischia di perdere terreno sulle risorse energetiche dell’Adriatico. Oltre alla Croazia, anche Montenegro e Grecia hanno già iniziato a farsi avanti, mentre gli iter procedurali per le concessioni nel nostro paese sono azzoppati dalla burocrazia.

Esiste una soluzione? È necessario costituire un sistema comunicativo ed educativo efficace a livello nazionale sul tema dell’energia. Non possiamo più permetterci di perdere terreno in questo settore, già deficitario in Italia. Occorre spiegare in maniera chiara e precisa agli italiani l’importanza strategica di gas e petrolio per l’economia e la competitività dell’industria. Sottolineando rischi e benefici, costi e guadagni.

Senza un tale strumento, il tema rimarrà invischiato nelle emozioni ideologiche ambientaliste, che non possono assolutamente essere lasciate come unica voce in capitolo: spesso infatti, non sono altro che terreno fertile per costruirsi uno spazio nella scena politica locale o nazionale ignorando le necessità razionali italiane.


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