L’Italia al palo tra crisi e crescita

par Giacomo Lagona
venerdì 2 settembre 2011

Ci sono momenti in cui tutto è chiaro e si agisce di conseguenza. Il momento politico attuale dovrebbe essere uno di quei casi: crisi economica a livello globale, crisi occupazionale giovanile, disoccupazione dilagante, produttività statica con le aziende che chiudono o mettono in cassa integrazione i dipendenti per lunghi periodi.

Ogni governo cerca di mettere la toppa nei buchi di bilancio tagliando gli sprechi, tassando il tassabile e riformando la crescita economica e produttiva. In Italia pare avvenga esattamente il contrario.

I governi di centro-sinistra sono quelli che notoriamente hanno la fama di tassare i cittadini; al contrario, i governi di centro-destra sono invece quelli che non mettono mai le mani in tasca agli italiani. Si arriva però al punto che le tasse, odiate quanto si vuole, devono necessariamente assorbite dal "sistema Italia" per compensare la caduta libera. Una maggioranza di centro-sinistra, fosse stata oggi al governo, avrebbe quasi certamente introdotto qualche nuovo balzello e avrebbe indotto l’economia a crescere anche con la forza; l’attuale governo di centro-destra sta facendo esattamente il contrario.

Non voglio speculare su destra o sinistra, voglio solo dire che un esecutivo forte, che si rispetti e che ha veramente a cuore le sorti del paese, oggi avrebbe già pronta una manovra consistente di svariati miliardi senza tener conto delle lamentele di opposizione, cittadinanza e frondisti interni perché quella è la strada da percorrere. La concezione è abbastanza semplice, la realtà è assolutamente diversa.

Nelle ultime tre settimane abbiamo assistito al teatrino della politica fatta di scarsa risolutezza e di politici senza pelo sullo stomaco. Non c’è dubbio che la crisi ha messo in ginocchio l’economia mondiale, a maggior ragione ci si aspetta dalla politica quel colpo di coda che faccia la differenza: una manovra forte e coraggiosa risolverebbe i problemi (potrebbe farlo, certo, ma non è un dogma); l’attuale dialogo irrisolto sta portando alla stagnazione della crescita e ad una profonda crisi che non ci permetterà di rimetterci in carreggiata negli anni a venire.

Serve qualcosa di forte, qualcosa che faccia credere alla gente che il governo sta lavorando con fermezza e con delle idee – giuste o sbagliate che siano – per risolvere i problemi del nostro paese.

La patrimoniale poteva essere un buon inizio se inserita alla voce “grossi patrimoni”; il contributo di solidarietà era una buona norma che tassava un po’ di più chi aveva di più senza toccare il lavoratore dipendente da 1.500 euro al mese – possiamo disquisire ad oltranza se 90.000 siano tanti o pochi, ma tant’è… – ma soprattutto “toccava” da vicino i compensi dei parlamentari; flessibilizzare il lavoro con norme snelle riducendo l’iter burocratico non sarebbe male, a patto che i diritti acquisiti rimangano invariati ma più moderni e i nuovi assunti abbiano la possibilità di lavorare per campare e non al contrario (a proposito: l’abolizione dell’Art. 18 del CCNL è una fesseria, sappiatelo); tagliare agli Enti locali non è il male peggiore se ridotti gli sprechi come abolire le province e premiare i comuni più virtuosi; tassare le rendite finanziarie è probabilmente la cosa migliore che questo governo abbia fatto, se non si rimangiano pure questa; privatizzare le municipalizzate ci renderà liberi da oneri e costi, ma ci porterà verso una tragicità dei conti futuri non indifferente; le pensioni sono il tassello che finora questo governo non è riuscito ad inserire, vuoi per colpa di Bossi vuoi per colpa dei frondisti, la riforma delle pensioni è primaria per assorbire una parte dei costi che l’Inps ha sul groppone: io sono per l’abolizione della pensione di vecchiaia – quindi solo quella contributiva – a patto che non si tocchino quelle di reversibilità perché, purtroppo, rimane l’unico sostegno per le famiglie disagiate.

Un discorso a parte merita l’evasione fiscale. Si era parlato di uno scudo-bis o addirittura di una tassa agli scudati del 2009. Sia l’una che l’altra ipotesi sono delle sciocchezze indicibili. Aggiungere l’ennesimo scudo è come dire di continuare ad evadere perché tanto lo Stato prima o poi – più prima che poi – ti grazia; mentre tassare gli scudati dell’ultimo condono, per quanto esotica possa essere, è una tassa che ci farebbe perdere credibilità agli occhi dei contribuenti, sia onesti che disonesti. Per quanto riguarda la lotta all’evasione vi cito un aneddoto accaduto durante le mie vacanze: la mattina all’indomani dell’approvazione in Consiglio dei Ministri della prima manovra, all’uscita dal bar dopo aver fatto colazione, mi ferma un finanziere chiedendomi lo scontrino. Dopo gli accertamenti chiedo se fosse arrivato il momento dei controlli a tappeto, allorché il finanziere risponde pacatamente “sì, ma non si preoccupi, finirà presto”. Ecco, questa è la lotta all’evasione italiana.

Mettere un tetto alla tracciabilità dei denari circolanti è una cosa giusta; aumentare l’Iva di qualche punto va bene se riversata sulle tre aliquote (diciamo 0,5-0,5-1 per cento sui tre scaglioni); va bene anche la tassazione maggiorata all’industria energetica se sgrava i fornitori di energie alternative; e va bene soprattutto una lotta all’evasione a 360 gradi che porti a controlli incrociati tra reddito e patrimonio, perché sono proprio loro i maggiori evasori. Lo Stato ne è perfettamente consapevole, e i politici pure.

Con tutto ciò la manovra appena riapprovata – la quarta se non vado errato – ha tutto il tempo per essere nuovamente cassata e riproposta agli italiani come l’ennesima tegola sulla credibilità politica in Europa. Fino a quando Berlusconi e Bossi, con la trama di Tremonti alle loro spalle, penseranno che le mani in tasca agli italiani non si debbano mettere e non si devono nemmeno toccare le pensioni – anche se lo fanno tutti i giorni – il nostro paese continuerà ad essere lo zimbello europeo perché senza credibilità e senza idee non solo per il futuro ma nemmeno per il presente.


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