L’A.N.C.E. di Messina nella bufera, ma non da sola

par Bernardo Aiello
mercoledì 4 novembre 2009

Questa volta tocca alla Sezione di Messina dell’A.N.C.E. – Associazione Nazionale Costruttori Edili di trovarsi nel bel mezzo di una bufera giudiziaria. Sono state le dichiarazioni rese in sede istruttoria da un imprenditore del settore delle costruzioni ad indicare un sistema di gestione degli appalti pubblici, che vedrebbe in primo piano alcuni autorevoli componenti del Direttivo della Sezione. E’ importante sottolineare che la vicenda giudiziaria è ancora in itinere, soprattutto per quanto riguarda i necessari riscontri investigativi.

Prima di ciò, si era parlato di appalti nella vicenda giudiziaria dei coniugi Mastella; prima ancora se ne era parlato a proposito della malavita del litorale domiziano; prima ancora se ne era parlato in relazione ai lavori di ricostruzione post terremoto dell’Abruzzo; e così via; e nei frequenti sequestri di beni a malavitosi non mancano mai impianti di calcestruzzo e macchine per il movimento terra.

Insomma, non siamo certo dinanzi a singoli specifici episodi: il problema appare, nel Meridione del Paese, sistemico, in parte in assonanza con fenomeni di corruzione in parte in assonanza con fenomeni di politica clientelare; e non è infondata la preoccupazione che le imprese sane e rispettose delle regole vengano sistematicamente messe fuori mercato. Ai tempi immediatamente successivi all’Unità d’Italia si parlava di problema del brigantaggio, oggi esso ha cambiato nome e metodi, ma, nella sostanza, è rimasto lo stesso.
 
Stando così le cose, non è certamente l’Autorità Giudiziaria, da sola, a poter incisivamente contrastare il fenomeno, bensì occorrono appropriati interventi delle Istituzioni. Purtroppo, al riguardo, i membri del Governo sembrano vagare nelle tenebre: qualcuno vorrebbe fare la Banca per il Sud, qualche altro vorrebbe ripetere la spedizione dei Mille, qualche altro ancora vorrebbe cambiare l’amministrazione della giustizia senza venir minimamente ad incidere su questi fenomeni, e via discorrendo. In una parola non sembrano molto informati sul problema.

 
Eppure dovrebbero esserlo: il sistema dei pubblici appalti, anche nel Meridione, è ormai da anni monitorato dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti della Pubblica Amministrazione.
 
Evidentemente qualcosa non funziona.
 
Invero l’Autority ha come sua finalità l’accertamento dell’osservanza della normativa di pubblica evidenza su appalti di opere, su appalti di servizi e su fornitura di beni, e questo è, forse, un punto di vista poco felice. Per essere più incisiva dovrebbe mettere al centro l’Uomo e non la Norma. Ad esempio, piuttosto che chiedersi se una dato aspetto normativo è rispettato, perché non chiedersi se i cittadini sono chiamati a fruire di opere pubbliche ben progettate e ben fatte, e magari che non causino frane e vittime nella contingenza di qualche ora di pioggia? Ovvero perché non chiedersi se le regole del settore consentono agli imprenditori rispettosi delle regole una sana gestione economica delle proprie aziende? O ancora, perché non chiedersi come sia potuto diventare un fiume in piena quello dei meridionali che si trasferiscono altrove per frequentare l’Università o per lavorare ?
 
In fondo sarebbe l’applicazione del principio evangelico che l’albero buono lo si riconosce dai frutti buoni e l’albero cattivo da quelli cattivi.
 
Probabilmente, se prova a cambiare il suo punto di vista, l’Autority sarà in grado di ottemperare meglio al proprio incarico, mettendo a sua volta la classe politica in condizione di assumere le iniziative opportune per affrontare l’eterno problema del Sud. Sarebbe molto meglio se la Magistratura Inquirente non dovesse occuparsi degli imprenditori edili visti nel loro insieme, all’interno della loro unica Associazione di categoria.

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