Israele spara sui manifestanti: 15 morti e oltre 200 feriti

par Emanuele Midolo
domenica 5 giugno 2011

Violenti scontri tra manifestanti pro-palestinesi e militari israeliani a West Bank, nei pressi della città di Qalandiyah. L’esercito israeliano ha fatto fuoco sulla folla al confine tra Israele e Siria, lungo le alture del Golan, provocando 15 morti e oltre 200 feriti.

 

Migliaia di manifestanti si sono riuniti oggi, domenica cinque giugno, dalla striscia di Gaza alla Siria, dall’Egitto alla Giordania (oltre che nelle principali capitali europee e negli Stati Uniti) per manifestare a favore del rientro in patria dei profughi palestinesi, nel 44esimo anniversario della “Naksa”, la Guerra dei Sei Giorni a seguito della quale le forze israeliane espulsero oltre 300 mila palestinesi dalla Cisgiordania, occuparono la striscia di Gaza (amministrata dal 1948 dall’Egitto), la penisola del Sinai e le alture del Golan, fino ad allora territorio siriano. Ed è proprio su quelle alture ufficialmente appartenenti a Damasco, una lunga distesa di colline segnate da campi di basalto, che si è verificata la tragedia.
 
"Chiunque cercherà di attraversare il confine verrà ucciso", avevano intimato i militari israeliani ai manifestanti che stamattina si erano radunati lungo la piana occupata per i due terzi dall’esercito israeliano e separata dalla restante regione da un’area di disimpegno, una sorta di zona neutra tra i due stati.
Sfortunatamente i militari israeliani sono stati di parola.
 
 
L’operazione è stata condotta da quelle che vengono chiamate Israel Defense Forces, Forze israeliane di Difesa, ma a vedere le immagini dei cecchini appostati sulle colline che dominano la vallata dove si trovavano i manifestanti non si direbbe affatto che si tratti di forze di contenimento a scopo difensivo. Le fonti internazionali, che parlano di almeno 15 morti e oltre 200 feriti (ma le stime crescono di minuto in minuto), fanno intendere che l’esercito ha aperto il fuoco indiscriminatamente sulla folla.
 
L’autorità israeliana non ha ancora confermato il numero delle vittime, ma secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano Haaretz, un portavoce delle Forze di Difesa avrebbe dichiarato che una dozzina di manifestanti sono stai feriti “dal fuoco controllato delle forze di terra”. Quanto fosse “controllato” il fuoco dei soldati israeliani lo mostra bene il numero (enorme) dei feriti.
 
 
Le manifestazioni di oggi erano state organizzate per favorire il “diritto al ritorno” dei profughi, una richiesta chiave per i centinaia di movimenti di solidarietà alla causa palestinese. I sette milioni di profughi palestinesi sparsi per il mondo rappresentano un terzo dell’intera popolazione dei rifugiati.
 
Il 1967 fu l’anno del secondo grande esodo palestinese, i cui profughi ingrossarono le file degli esuli della guerra del 1948 (750 mila persone costrette ad abbandonare le loro case ed a trasferirsi nei campi profughi sparsi per tutto il mondo arabo).
 
Appena un mese fa, durante i giorni della commemorazione di quella guerra che per gli arabi è Al nakba, “la catastrofe”, vennero uccisi altri 15 civili. Il tutto in nome della “difesa dei confini”, che, come ha dichiarato il primo ministro Benjamin Netanyahu, “è un obbligo ed un diritto incontestabile d’Israele”. 
 
Restiamo umani.

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