Islanda: la rivoluzione "rivoluzionaria" che dà fastidio al sistema tradizionale

par Paolo Maria Coniglio
sabato 13 agosto 2011

L’Islanda è uno di quei Paesi di cui si sente parlare solo in caso di notizie bizzarre, come nel caso dell’omosessualità della sua presidentessa oppure dell’eruzione del vulcano Eyjafjallajokull quando oscurò la maggior parte dei cieli d’Europa e gli aeroporti dovettero rivedere i loro calendari di volo. Forse non tutti sono al corrente che da circa tre anni in Islanda sta accadendo una rivoluzione a dir poco “rivoluzionaria”.

Si tratta di un'isola a nord ovest dell’Europa i cui abitanti superano di poco le trecentomila unità. Nel 2008 l’economia di questo Paese è crollata sotto il fallimento delle banche causando un debito enorme. La cosa sembra una notiziola di tutti i giorni, visto e considerato il vento di crisi che spira nel mondo intero. Però, gli islandesi, hanno fatto quello che dovrebbero fare tutti i paesi che oggi stanno subendo la conseguenza di malgoverni, corruzioni, ruberie e tutte le schifezze che fino ad oggi abbiamo visto. Ebbene, sono scesi in strada, hanno ottenuto le dimissioni del governo, sono state nazionalizzate le banche, sono stati penalmente perseguiti i banchieri responsabili dei loro disagi. Con un referendum si sono, giustamente, rifiutati di pagare il debito che le banche avevano scontratto con Olanda e Gran Bretagna e di socializzarne le perdite mentre ora stanno collettivamente partecipando all’elaborazione di una nuova Costituzione democratica e attenta a i problemi sociali.

Allora viene da chiedersi, ma perché non si parla della rivoluzione dell’Islanda, giacché sentiamo parlare di Siria, Egitto, Tunisia, Libia ecc. Sicuramente il sistema esemplare adottato dagli islandesi potrebbe diventare pericoloso, per la casta che fino ad oggi si è ingrassata, e adottabile dalle popolazioni che si trovano nelle medesime condizioni. Unica via radicale per soppiantare il “regime politico” che ha fatto la fortuna di pochi e la sfortuna di molti. Sistema che ha alimentato il nepotismo, la corruzione, la casta, le tangenti, gli appalti e chi più ne ha più ne metta. L’Islanda sta rivedendo il sistema dei partiti tradizionali, obsoleto e inefficace per dare soluzione ai nuovi problemi e omologando il partitismo alla democrazia. Dopo avere perseguito come delinquenti i responsabili diretti della cattiva gestione bancaria, è passata all'elezione diretta dei rappresentanti del popolo, per le loro capacità, onestà e impegno, rompendo la dipendenza dal circolo di potere di ogni partito, iniziando un controllo della ricchezza del Paese con trasparenza e partecipazione cittadina. Il procedimento è in pieno sviluppo e la sua applicazione in altri Paesi, allo stato attuale è quanto meno utopistica se non è la volontà dei popoli a muoversi.

Nessun giornale, nessuna televisione o emittente radiofonica ha dato notizia approfondita di quanto accade ed è accaduto. Immagini alla tv, neppure. Abbiamo a disposizione l’arma migliore che nessun tempo ha mai visto: la rete. Notizie se ne possono carpire navigando e cliccando in giro, i social network fanno il resto. Chiaramente, non avendo corrispondenti in Islanda ed utilizzando la rete per aggiornarsi non è facilissimo dare notizie attendibili, ma sono certo che quelle che ho dato rispondono alla maggioranza dei siti e blog che ho visitato nell’ultimo periodo. Basta comunque provare ad inserire su Google news le parole “rivoluzione Islanda”. Il risultato della ricerca è che molti blog ne parlano oltre ad alcune testate di informazione online alternative ai broadcaster, mentre risultano “non pervenute” le testate dell’establishment, se così si può dire.

Un po’ di cronologia tanto per avere le idee più chiare tratto da ilfattoquotidiano.it del 4 agosto 2011:

2008 – A Settembre viene nazionalizzata la più importante banca dell’Islanda, la Glitnir Bank. Crolla la Borsa e il paese viene dichiarato in bancarotta.

2009 – A Gennaio le proteste dei cittadini di fronte al Parlamento provocano le dimissioni del Primo Ministro Geir Haarde e di tutto il Governo – la Alleanza Social-Democratica (Samfylkingin) – costringendo il Paese alle elezioni anticipate. La situazione economica resta precaria. Il Parlamento propone una legge che prevede il risanamento del debito nei confronti di Gran Bretagna e Olanda, attraverso il pagamento di 3,5 Miliardi di Euro che avrebbe gravato su ogni famiglia islandese, mensilmente, per la durata di 15 anni e con un tasso di interesse del 5,5%.

2010 – I cittadini ritornano a occupare le piazze e chiedono a gran voce di sottoporre a Referendum il provvedimento sopracitato.

2011 – A Febbraio il Presidente Olafur Grimsson pone il veto alla ratifica della legge e annuncia il Referendum consultivo popolare. Le votazioni si tengono a Marzo ed i NO al pagamento del debito stravincono con il 93% dei voti. Nel frattempo, il Governo ha disposto le inchieste per determinare giuridicamente le responsabilità civili e penali della crisi. Vengono emessi i primi mandati di arresto per diversi banchieri e membri dell’esecutivo. L’Interpol si incarica di ricercare e catturare i condannati: tutti i banchieri implicati abbandonano l’Islanda. In questo contesto di crisi, viene eletta un’Assemblea per redigere una Nuova Costituzione che possa incorporare le lezioni apprese durante la crisi e che sostituisca l’attuale Costituzione (basata sul modello di quella Danese).

Per lo scopo, ci si rivolge direttamente al Popolo Sovrano: vengono eletti legalmente 25 cittadini, liberi da affiliazione politica, tra i 522 che si sono presentati alle votazioni. Gli unici due vincoli per la candidatura, a parte quello di essere liberi dalla tessera di qualsiasi partito, erano quelli di essere maggiorenni e di disporre delle firme di almeno 30 sostenitori. La nuova Assemblea Costituzionale inizia il suo lavoro in Febbraio e presenta un progetto chiamato Magna Carta nel quale confluiscono la maggior parte delle “linee guida” prodotte in modo consensuale nel corso delle diverse assemblee popolari che hanno avuto luogo in tutto il Paese. La Magna Carta dovrà essere sottoposta all’approvazione del Parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni legislative che si terranno.

Questa è democrazia, questa è vox populi, questo è l’esempio da seguire.


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