Iran, atomico civile o militare?

par Fabio Della Pergola
venerdì 24 febbraio 2012

Tutti i giornali hanno riportato la breve notizia che gli ispettori dell’AIEA sono stati bloccati davanti ai cancelli del sito militare iraniano di Parchin, sospettato di nascondere materiali e procedure di sviluppo del programma atomico indirizzate verso l’uso militare dell’energia nucleare. 

Il comunicato dell’Agenzia Atomica conferma il ritorno degli ispettori a mani vuote dopo che, sia durante la missione di fine gennaio che in quella di questi ultimi giorni, la richiesta di ingresso a Parchin era stata rifiutata dalle autorità di Teheran.

La faccenda rimette in discussione la possibilità di una ripresa delle trattative fra la Repubblica Islamica e i suoi interlocutori internazionali, trattative obbligate dal momento che l’Iran, avendo sottoscritto il trattato di non proliferazione, ha preso impegni precisi su un uso strettamente civile dell’energia nucleare (come d’altra parte ha sempre sostenuto di fare, escludendo a priori qualsiasi intenzione diversa da quella “civile”) e sulla totale e collaborativa accessibilità dei suoi impianti ai controlli dell’Agenzia.

 Resta da vedere quale sarà la versione iraniana del fatto, ma è indubbio che, in mancanza di una esauriente motivazione, i falchi israeliani avrebbero un argomento in più per sostenere l’inaffidabilità dei leader islamici e l’intenzionalità ostile del programma atomico di Teheran. Quindi per sollecitare un aperto appoggio occidentale (e implicitamente degli Stati del Golfo) verso misure decisamente più drastiche delle sanzioni in corso o in via di attuazione.

Il fatto di questi giorni rimette in discussione anche le argomentazioni di chi ha già messo sul banco degli accusati lo stato ebraico per le minacce di intervento militare contro i siti atomici iraniani, sostenendo non solo la la totale mancanza di prove di un possibile sviluppo militare del programma atomico, ma anche la trasparenza del comportamento iraniano verso i controlli internazionali.

Al momento, alla effettiva mancanza di prove di un arricchimento dell’uranio fino a percentuali utili per uso militare, non si può effettivamente affiancare un comportamento del tutto cristallino delle autorità iraniane verso l’AIEA. Il che rende comprensibile la strategia di Teheran, fatta di continui ed estenuanti stop and go, se è finalizzata a prendere tempo, ma rende poco comprensibile la necessità stessa di questo prendere tempo: se l’obiettivo è un uso realmente civile dell’energia atomica a che servono questi rallentamenti e gli incomprensibili ostacoli all’attività ispettiva?

Intanto si aggrava di giorno in giorno una situazione sempre più vicina al calor bianco e ostacolare il lavoro dell’Agenzia atomica sicuramente non contribuisce ad un raffreddamento.

L’impressione di questi ultimi giorni è che tutti gli occhi si siano puntati sulla Siria dove sembra giocarsi la partita decisiva. Se l’Iran riuscirà a mantenere in sella il fidato Assad forse potrà allentare la pressione e abbassare la temperatura dello scontro in atto, ma se il governo alawita dovesse mostrare sempre più crepe e lo stato arabo si avviasse decisamente verso una iraqizzazione di fatto, la temperatura non potrà che salire di nuovo verso livelli sempre più pericolosi.

La violazione dei confini israeliani nella scorsa primavera da parte di civili palestinesi, che costarono molti morti per la sproporzionata reazione dei soldati di Gerusalemme, rappresenta la cartina di tornasole di ciò che potrebbe succedere. Soprattutto se ci si ricorda che dal territorio siriano o libanese non si arriva ai confini israeliani se i servizi di Damasco o di Hezbollah non vogliono.


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