Intervista ad un ex S.Marco: "I Marò? Vittime di un meccanismo perverso"

par Nicola Spinella
lunedì 19 marzo 2012

Un ex Marò del San Marco, oggi direttore di un'agenzia di Contracting, si confessa e ne ha per tutti: per i politici, per la diplomazia, per gli indiani. E ne ha anche per i due marò prigionieri delle forze di Nuova Delhi...

Succede talvolta che un semplice commento, magari un pensiero a voce alta, si trasfomi in una irrinunciabile occasione di dibattito e confronto, soprattutto se chi commenta ha il pallino di saperne di più sulle vicende che ci circondano e chi ascolta ha un'esperienza militare non indifferente, del tutto simile a quella dei nostri due militari del San Marco, caduti nelle mani delle autorità indiane. Una semplice idea, espressa senza alcuna pretesa, diventa motivo di discussione, educata e mai eccessiva nel rispetto delle opinioni altrui e pretesto per una intervista estemporanea che ci fa capire ancora oggi come un block notes sia un amico migliore di cellulari ed iPad vari.

Il contractor che decide di vuotare il sacco (e di riferirmi particolari e punti di vista che soltanto chi ha rischiato la pelle su una nave piratabile può fornire) è Francesco Russotto, un ragazzone catanese sulla trentina, fronte alta, capelli in ordine, occhiali scuri e mascella quadrata, fisico temprato dall'allenamento e portamento fiero da ex Marò del battaglione San Marco.

Ci mette passione Francesco, quando mi sente esprimere il mio disappunto in merito alle scelte operate dall' ovattato De Mistura, troppo morbido dinnanzi a quello che l'ex soldato definisce senza mezzi termini "un atto di guerra ai danni del nostro paese".

Russotto: "Ci sono delle constatazioni di fatto, eseguite dalle autorità indiane. Metterei la mano sul fuoco, i nostri Marò sono addestrati, non sparano a caso. Soprattutto hanno delle precise regole di ingaggio alle quali si attengono scrupolosamente."

Spinella: "Ma è anche vero che le indagini sembrano andare nel verso opposto..."

R: "Possono dire quello che vogliono (le autorità indiane, n.d.r.), i nostri soldati non sparano alla prima ombra sospetta. Diamine! Sono soldati italiani! La scatola nera chiarirà molti dubbi. Inoltre, la scorta effettuata dalle autorità indiane con elicotteri e corvette ai danni dell'Enrica Leixe, per costringerla ad entrare in acque territoriali indiane, è un vero e proprio atto di guerra."

S: E'un'affermazione molto pesante.

R."Ma è veritiera. Se al posto dei due italiani ci fossero stati due marines statunitensi o due marinai israeliani, staremmo raccontando un'altra storia. I paesi che intervengono a tutela dei propri interessi vengono trattati diversamente. Hai dimenticato la faccenda del Cermis? Un pilota americano provocò la morte di venti persone, tranciò i cavi della funivia. Ricordi quanto gli hanno dato? "

S: Ricordo che vennero assolti entrambi gli imputati, il pilota ed il co-pilota.

R."Esatto: gli USA hanno rimpatriato un criminale, lo hanno processato e hanno rimesso in libertà. Deprecabile perché quel pilota è sostanzialmente un assassino, mentre non credo che i nostri marinai si siano macchiati di sangue innocente."

S: Ma perché noi italiani non siamo in grado di far sentire le nostre ragioni? Anche quando sequestrarono la Montecristo, mi pare che siano intervenuti i militari dell' SBS britannico...

R."Beh, i politici non sono capaci di muoversi correttamente in questo ambito. La loro cultura militare (e non solo) è prossima allo zero, gli indiani adesso vanno sbandierando l'arresto dei nostri Marò su tutte le televisioni del mondo. Ma vi siete accorti che quei ragazzi portano un tricolore sulla manica della divisa? D'altra parte la nostra classe politica non può affrontare una crisi del genere. La linea d'azione di un altro paese "civilizzato" sarebbe stata più incisiva. Diciamo pure che con un militare stelle e strisce non si sarebbero permessi questa libertà, e la prova di forza degli indiani non sarebbe stata così eclatante."

S: In tanti, avendo appreso la notizia, si sono posti l'interrogativo sul cosa ci facessero due militari armati su un mercantile. Come si spiega?

R. "C'è una legge, la 130/11, che prevede che gli armatori dei mercantili possano avvalersi di personale armato sulla nave per resistere agli assalti dei pirati. In teoria dovrebbe esserci una legge attuativa che disponga la possibilità, per agenzie di contracting come la mia, di assumere incarichi sui mercantili. Mancando la legge..."

S: Certo, il vuoto normativo implica il tacito obbligo per i nostri soldati di difendere gli interessi di alcuni privati. A quali costi si va incontro per avvalersi di questo servizio?

R. "Non è un servizio, semmai si deve parlare di "missione": un militare è comunque da adibire ad altre mansioni, è una questione di mentalità. Risponderà esclusivamente ad un ordine proveniente da chi è gerarchicamente sovraordinato. Un marò non può prendere ordini dal comandante di una nave mercantile, se non vede le stellette non riconosce l'autorità. Questo, in mare, può causare problemi di compatibilità e situazioni scomode."

S: Ma come giustificare quegli gli spari? I due cadaveri purtroppo ci sono.

R. "Non credo che "capo" Latorre (il tono si fa rabbiosamente commosso, la conoscenza tra i due risale all'adolescenza di Francesco, N.d.r.), un militare di provata esperienza e fedeltà alla bandiera, si possa macchiare le mani col sangue di un innocente. E'un padre di famiglia, oltre che un amico di vecchia data. Hanno sparato una raffica d'avvertimento, da oltre 150 metri di distanza. Hai idea della precisione che ci vuole per beccare un obiettivo a 150 metri di distanza, con il rollìo di una nave?"

S: Sinceramente no. Cosa intendi dirmi?

R. "Che chiunque abbia sparato, ha preso la mira verso quei bersagli. Ma non una mira ad occhio nudo, una mira con strumenti idonei a permetterti di fare due o tre centri su un bersaglio a metri e metri di distanza! E' più facile vincere al superenalotto che far centro con due tre proiettili su qualcosa che si muove su una barchetta. Figuriamoci poi se quei proiettili sono quelli di una raffica d'avvertimento!"

S: Per quanto rischiano la vita i militari che sono spesso coinvolti in cruenti conflitti a fuoco con i pirati?

R. "Oltre alla paga base? Circa 14 euro al gioro. Dei circa 500 euro che l'armatore versa allo stato per ciascun addetto alla difesa della nave (solitamente da tre a sei persone), solo quattordici euro vengono versati al soldato, a titolo di indennità di missione. Per quattordici euro in più al giorno, quei ragazzi rischiano davvero grosso."

S: Così poco? Potrebbero rifiutarsi. Nessuno con un po' di sale in zucca lo farebbe per così poco!

R. "Negativo, (risponde proprio così, N.d.r.) è un ordine militare, hanno una missione da compiere. Fanno parte della Compagnia Operazioni Navali. Il San Marco opera a terra, è una forza preparata per compiere sbarchi e combattere sulla terra ferma. Solo il CON è imbarcato, una forza di circa 120 persone a fronte di un traffico annuo di circa mille navi. Possono coprire solo il 30% delle navi da difendere eseguendo compiti di polizia giudiziaria, esercitando funzioni ispettive e di boarding."

S: Inadeguati al fabbisogno quindi. Perché non si attua la legge 130?

R. "(Allarga le spalle) Le solite boiate all'italiana. I contractors non sono militari, ed è ingiusto definirli mercenari: sono professionisti addestrati da professionisti. Sarebbero più idonei dei soldati, per il compito in oggetto. Insomma, tu metteresti un Carabiniere davanti ad una banca a fare il vigilantes? Non penso, il Carabiniere svolge altre mansioni, prende ordini da un superiore: riconosce solo le stellette. Un civile addestrato sarebbe una scelta preferibile."

S: Ci sono interessi da tutelare in questo giro?

R. "Certo, lo stato intasca circa 480 euro per ciascun soldato che sta sulle navi. Senza contare che la mancanza di risolutezza nei confronti delle autorità indiane è indice della volontà tipicamente italiana di non voler calpestare gli interessi in ballo: automobili, petrolio, trasporti. Che vuoi che siano due poveri militari di fronte ad un movimento di denaro non indifferente... Non capisco come si possano lasciare due figli d'Italia in balìa degli eventi."

S: Cosa rischiano i due Marò accusati di omicidio?

R. "In India vige la pena di morte. La diplomazia italiana sta facendo del suo meglio ma sta gestendo la faccenda in maniera un po' morbida. Serviva più fermezza. Sono stati tratti in acque territoriali indiane. Non avrebbero dovuto spostarsi dalle acque internazionali, ma pare che la volontà dell'armatore sia stata quella..."

S: Ma tu hai una tua personale idea su come si possano essere svolti i fatti?

R. "Beh, pare che ci fosse pure una nave greca in quel tratto di mare. Alcuni testimoni inizialmente avevano riferito di spari provenienti da quella nave. I greci tuttavia hanno fatto rotta verso i loro porti: a bordo avevano dei contractors che, se fossero catturati, non godrebbero delle tutele diplomatiche che l'Italia e l'Unione Europea stanno dedicando ai nostri militari. Magari i colpi sono stati esplosi da quella nave."

S: Come finirà?

R. "Come al solito, con le autorità italiane che pagheranno un sostanzioso riscatto. E da ex soldato ti dico che è giusto che sia così, perché in ambito internazionale non riusciamo ad incutere rispetto. E' nell'ordine delle cose all'italiana, gli altri paesi avrebbero minacciato rappresaglie, noi abbiamo offerto un caffé all'ambasciatore Indiano. Perché chi ci governa non ha le palle per comandare, ma pretende di dettare gli ordini. Ed allora ti trovi a lottare 'ma senza causare danni collaterali! La vita dei pirati è sacra'. Che se ne vadano al diavolo, quei militari sono ragazzi che difendono padri di famiglia italiani che lavorano su una petroliera. Meritano rispetto!"

 

Ne siamo certi. Meritano rispetto e anche la tutela di uno stato che non si cali continuamente le braghe in politica internazionale.


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