Internet: l’ennesimo disegno di legge

par maurizio carena
venerdì 3 aprile 2009

Per la classe dirigente, il controllo di internet è ormai un chiodo fisso, una priorità irrinunciabile.

I senatori del PD Vita e Vimercati hanno recentemente depositato in Senato un progetto di legge su "neutralità delle reti, free software e società dell’informazione".

Tale iniziativa, risalente all’ultima decade di marzo e ripresa ieri da punto-informatico.it, è, nelle parole degli esponenti del partito oggi all’opposizione, "una proposta organica per la modernizzazione digitale del sistema delle imprese e della pubblica amministrazione".

Questo è ciò che dicono. Vediamo cos’hanno fatto nel recente passato.

Ottobre 2007: il "Centrosinistra" approvava, senza troppo clamore, il Ddl Levi-Prodi ("legge sul riassetto dell’editoria"), provvedimento che, nel solco della "migliore" tradizione fascista, prevedeva per siti e semplici blogger del Belpaese l’obbligo di registrazione al ROC (Registro Operatori Comunicazione), nonché l’estensione su di essi dei "reati a mezzo stampa".

Ecco cosa si intendeva per "riassetto dell’editoria": poter minacciare di querela per diffamazione qualsivoglia blogger.

Non mi pare che, in tale occasione, i due eminenti politici, oggi alla ricerca di un po’ di pubblicità millantando un ipocrita "amore" per internet, si fossero stracciati le vesti in nome della "neutralità della rete". Anche perché i mainstream, da bravi cagnolini che leccano il...diciamo la mano, al potere, si erano ben guardati dal divulgare tale provvedimento che avrebbe ipso facto parificato l’informazione on-line italiana a quella cinese.

Fu Valentino Spataro che alzò la voce nel web e il provvedimento governativo venne scoperto. Forse non sarà inutile ricordare oggi lo sputtanamento universale che colpì il Governo italiano quando si seppe che razza di provvedimenti liberticidi si accingeva a prendere per la rete. Alcuni Ministri (Di Pietro e Gentiloni) si dissociarono dal loro stesso esecutivo. Beppe Grillo pubblicò sul blog uno dei suoi commenti più infuocati. Persino il Times di Londra stigmatizzò il disegno di legge italiano che subì, dopo tali proteste, una battuta d’arresto. Poi cadde il Governo. Cadde il governo, ma non cambiò la casta politica al potere.

I senatori del "Centrosinistra", che oggi si spacciano come alfieri della libertà in rete erano in Parlamento, ieri come oggi. Perché dovrebbero essere diversi dai loro colleghi? Perché dovrebbero essere diversi da ieri? Perché dovremmo fidarci di loro?

In realtà il provvedimento liberticida del 2007 era figlio (mostruoso) di quell’orrenda matrigna del 2001, la famigerata legge n.62/01 (Nuova legge sull’editoria), che tentava (surrettiziamente) di equiparare web e stampa tramite l’invenzione del concetto di "prodotto editoriale". Tramite tale grimaldello ideologico si sarebbe potuto obbligare alla registrazione, ovvero alla schedatura di massa, tutti i blogger che volessero fare informazione, nonché porli sotto la minaccia delle leggi che puniscono i cosiddetti "reati a mezzo stampa". Oggi per fortuna la legge 62/2001 vale solo per i siti d’informazione "aggiornati con periodicità regolare", ma la recente condanna (27 sett.2006) dello storico antimafia Carlo Ruta, il cui blog è stato punito da una condanna ad otto mesi di galera per "stampa clandestina"(legge 8 febbraio 1948 n.47), è lì a ricordarci che tutto è interpretabile e che l’Italia è uno di quei numerosissimi paesi dove la tastiera e la verità sono un cocktail pericoloso, che può portare al sequestro del sito e al carcere.


Se poi volessimo risalire al 2006 potremmo verificare come l’Italia sia stato il primo (e che io sappia l’unico) Paese Occidentale ad avere istituzionalizzato l’odiosa pratica del "web hijacking", ovvero il sequestro delle pagine di determinati siti web (sgraditi allo stato) e il relativo "reindirizzamento" dell’utente ad un’altra pagina. I Monopoli di stato avevano invocato tale provvedimento, che prevede tra l’altro un filtraggio di massa, per evitare che i netizen italiani potessero scommettere on-line sui piu famosi siti di scommesse del mondo. Risultato? Un tentativo di censura che ci ridicolizzò sull’intero orbe terracqueo, dato che i censori forse non sapevano che, per aggirarli, bastava un semplice cambio di DNS, quando non un banale proxy anonimo, come ce ne sono a quintali in rete.


E non dimentichiamo, visto che è perfettamente in vigore, il decreto legge Gentiloni, gennaio 2007, quella "pedolegge" che, con la scusa della lotta al pedo-porno (ma solo on line), consente alla "Polizia delle Comunicazioni" di eseguire filtraggi e monitoraggi in rete su tutto il territorio nazionale, 24 ore su 24. Questi sono i fatti. Peraltro solo una piccola parte. Il potere cerca di controllare internet e in modo sempre più massivo.

Gli appartenenti a questa casta politica al potere, questa setta autoreferenziale che si perpetua per partenogenesi di segreteria e che hanno disastrosamente legiferato nei modi che ho voluto sommariamente tratteggiare, sono gli stessi che vengono a proporci l’ennesima "regolamentazione" del web. La retorica è quella di sempre, piena di aggettivi "politically correct" e di buone intenzioni. Ma noi abbiamo il dovere di giudicare i loro proclami, i loro slogan, alla luce delle loro azioni pregresse. In questa luce possiamo senza dubbio affermare che il progetto di legge dei senatori Vita e Vimercati, come di chiunque altri, non ci convince.

Nell’ultimo decennio i governi (qualsiasi) hanno legiferato sempre e soltanto per limitare l’uso del web e della libera informazione on-line. Di più: essi si sono sempre rivelati, nei fatti, il più grande ostacolo al diritto all’informazione on-line e al diritto di accesso tout curt. Tutte le leggi, tutti i disegni di legge, tutti i decreti legge (sempre convertiti e rinnovati, sic), insomma, l’intera attività della casta politica è sempre, e sottolineiamo sempre, stata volta a tracciare, filtrare, registrare, inibire, denunciare, sequestrare, in una parola, ostacolare l’utilizzo di internet in questo Paese (come in moltissimi altri).

Dall’infausta legge n.62/2001, la madre di tutte le schedature, col suo concetto di "prodotto editoriale", sino al recente "comma D’Alia" del Pacchetto sicurezza in corso di approvazione, che permette il sequestro in caso di "apologia di reato", passando per Cassinelli-Carlucci-Levi-Frattini-Gentiloni-Pisanu-Urbani-Castelli-eccetera-eccetera, ebbene tutti ma proprio tutti gli uomini e donne di potere hanno sempre e soltanto cercato di evitare che i governati si informino fuori dai canali ortodossi, i mainstream.

I senatori Vita e Vimercati, nel loro disegno di legge parlano di internet come "diritto fondamentale" ma cos’hanno fatto quando erano al potere? Hanno forse messo a disposizione la connettività gratuita? Certo che no. Al contrario in Italia la banda larga, e pagandola cara, raggiunge solo i grandi centri urbani, e il Wi-Max era, fino a ieri, monopolio militare.

Gli esponenti di questa casta ci parlano di "neutralità della rete", senza arrossire di vergogna. Proprio loro che hanno imposto ai server la censura preventiva della rete e che stanno forse spianando la strada, con le loro leggi, a una catastrofica alleanza tra fornitori di connettività e fornitori di contenuti. Dove sarebbe la neutralità della rete quando uno stato paternalista ha il potere di "reindirizzarmi" da un sito all’altro e dove può conservare i miei dati per anni?

Vita e Vimercati parlano di "software libero", però nella realtà dei fatti, dal Parlamento alle biblioteche, lo stato e gli esponenti del suo apparato usano software proprietario. Se proprio volessero "rimuovere gli ostacoli che impediscono...l’accesso" non dovrebbero far altro che togliersi di torno, loro e tutta la compagine governamentale di questo stato securitario. Oggi il principale ostacolo ad internet è il potere. Non avere chiaro questo fatto da la misura del grado di indottrinamento indotto dai mainstream.

La rete è nata libera, e libera ed anarchica è rimasta per molti anni. All’inizio i governi l’hanno incentivata in un’ottica commerciale. Poi si sono resi conto del suo deflagrante potenziale democratico ed hanno cominciato ad odiarla, poiché poteva, può, fargli perdere il loro potere sulle masse catodicamente eterodirette. Lo stesso Pentagono ha affermato, in un suo documento interno poi desecretato, che "il web è un sistema d’arma nemico" (Information Operation Roadmap 2003). Lo stato italiano in tale opera di repressione si è sempre distinto: nemmeno gli USA del Patriot Act hanno il data retention di massa della "Pisanu" (Legge n.155/05).

I governi, specialmente quelli razzisti e reazionari come quello italiano, temono la democrazia. Per questo temono internet. Ne hanno il terrore. Internet permette alle persone di impicciarsi in ciò che li riguarda ed eventualmente anche di partecipare attivamente alla politica del proprio Paese: per il governo questa è una catastrofe che va evitata a qualunque costo.

Per la cronaca, i due senatori firmatari dell’ultimo disegno di legge relativo al web, hanno testualmente dichiarato, con vero sprezzo del ridicolo: "riteniamo importante avviare, contestualmente al percorso parlamentare, un grande dibattito sulla rete, per raccogliere opinioni, suggerimenti, osservazioni, proposte di modifiche capaci di fare della nostra proposta una legge ampiamente condivisa dal popolo di internet". (fonte:unaleggeperlarete.wordpress.com).

Tradotto vorrebbe dire più o meno questo: stavolta non nascondiamo il tentativo di controllo totalitario dell’informazione dietro un comma di un qualche "Pacchetto sicurezza" oppure dentro una "Legge sull’editoria". No. Stavolta vi diciamo proprio chiaro e tondo che vi prepariamo una regolamentazione ad hoc di internet.(sottinteso) Naturalmente per il vostro bene. Noi vi controlliamo ma, nel contempo, vi proteggiamo dagli anarco-pedo-porno-terro-satanisti, dagli abusi... eccetera, eccetera.

Non cercano nemmeno più di dissimulare.


Leggi l'articolo completo e i commenti