Incidente con animali. Chi paga i danni?

par Aldo Maturo
martedì 24 maggio 2011

Un’apparizione improvvisa, la sterzata, le gomme che stridono sull’asfalto e poi l’impatto. Una scena ricorrente, a volte illuminata dai fari che si stagliano nella notte. Un animale giace sulla strada o nella cunetta, inerte. Superata la paura, rincuorati per non aver subito danni alla persona, si scende per vedere bene cosa è successo.

Gli occhi osservano impietositi la vittima innocente ma subito dopo lo sguardo va all’auto. Cofano ammaccato, paraurti divelto, targa penzoloni, faro frantumato, mascherina spaccata. Sono tante le ipotesi e il pensiero è immediato. Chi ci ripaga i danni? Se è un animale domestico il pensiero corre al proprietario, ammesso che lo individuiamo. E se è un animale selvatico? Un capriolo, un cervo, una volpe? E se è un cane randagio? Questo tipo di infortunio non è raro e rappresenta il 3% degli incidenti stradali, spesso con un bilancio di morti e feriti (stavolta ci riferiamo agli automobilisti) che, secondo un’indagine del Corpo Forestale dello Stato nel decennio 1995-2005 sarebbero stati 150 con un altro centinaio di feriti gravi.

Avviene in una fascia oraria del primo mattino o dopo il calar del sole. La frequenza e la tipologia è in relazione alla zona che si attraversa in auto e alla fauna residente, domestica o selvatica. Altro elemento è la velocità dell’auto in relazione al tipo di strada percorsa. Le strade statali in genere consentono velocità maggiori, le comunali hanno una manutenzione generalmente meno curata e consentono perciò velocità minori, le autostrade – per essere recintate – dovrebbero fornire maggiori garanzie. In tutti i casi la richiesta di risarcimento è difficile, onerosa, dispendiosa ed aleatoria. Non è facile per il danneggiato dimostrare che la collisione non è imputabile a lui e in ogni caso dovrà dimostrare che i danni all’auto sono stati cagionati dall’animale investito. Per gli animali domestici (cani, gatti) per quelli da allevamento (bovini, ovini, pollame) e da lavoro (cavalli, asini) la responsabilità ricade sui proprietari ai sensi dell’art.2052 del codice civile, perché avendoli in uso sono responsabili dei danni da loro causati, anche se si tratta di animali smarriti o fuggiti e a meno che il proprietario non provi di aver adottato tutte le misure di custodia possibili, vanificate da un caso fortuito. Per tutte le altre tipologie di animali la strada del risarcimento è lunga e controversa.

Di norma il risarcimento va richiesto all’ente gestore della strada (Stato, Regione, Provincia, Comune, Società Autostrade) in un palleggiamento di responsabilità che porta ad un contenzioso imprevedibile. E’ da dire che non è responsabile l’ente gestore della strada che abbia provveduto ad installare ai bordi della carreggiata, in numero sufficiente e visibile, i cartelli segnaletici di pericolo (quello triangolare bianco con bordi rossi che raffigura un capriolo che salta). Più certa dovrebbe essere la richiesta di risarcimento alla Società Autostrade che, attraverso il pagamento del pedaggio,deve assicurare agli automobilisti le massime garanzie di sicurezza e se non dimostra di aver recintato tutto la sede stradale che ha in concessione incorre in evidente responsabilità.

Per la fauna selvatica le leggi 968/1977 e L.152/1992 hanno stabilito che la fauna selvatica è entrata nel patrimonio indisponibile dello Stato. Gli automobilisti danneggiati dovrebbero perciò individuare nello Stato il soggetto responsabile dei sinistri. Ma non è così, perché la competenza sulla caccia è passata alle Regioni che a loro volta possono delegarla alle Province. Dove tale delega è presente, la richiesta va fatta alla Provincia del luogo del sinistro. La Cassazione ha stabilito che spetta alle regioni il compito di predisporre le misure idonee ad evitare che la fauna selvatica arrechi danni a cose e persone, per cui la regione ne risponderebbe ai sensi dell’art.2043 del codice civile. Risolto (?!) il problema del destinatario della richiesta di danni bisognerà provare che l’ente è responsabile e che alla sua condotta omissiva è riconducibile l’incidente. La solita Cassazione, dopo una serie di giudicati, ha stabilito che sussiste la responsabilità degli Enti preposti alla cura della fauna selvatica qualora non abbiano adottato misure idonee ad evitare danni. Non è quindi l’automobilista che deve dimostrare la responsabilità dell’Ente ma è l’Ente che deve dimostrare di non aver colpa avendo adottato tutte le cautele necessarie. In questo modo la palla è rimbalzata al singolo giudice di merito che di volta in volta, in base alla dinamica dei fatti ed alle prove prodotte dalle parti, valuterà la sussistenza o meno della responsabilità ed il consequenziale risarcimento danni.

Per cautelarsi non resta che pagare qualche euro in più ed estendere la R.C.A. auto ai danni causati dalla fauna selvatica e, quando è possibile e la richiesta trova accoglimento in relazione all’entità dell’infortunio, telefonare alle forze dell’ordine per i rilievi e quant’altro di loro competenza.


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