In morte del maestro Abbado (e della Cultura)

par paolodegregorio
lunedì 20 gennaio 2014

Non mi fa certo piacere la scomparsa del senatore a vita Abbado, ma quanta retorica sulla cosiddetta cultura.

La Cultura, che poi è quella delle classi dominanti, e fruita in genere solo da esse, è una retorica sulla cui validità ci sarebbe molto da dire. Credo che sia diffusa l’idea che la Cultura migliori le persone che ad essa si avvicinano, ma questa convinzione non ha riscontro nella storia sociale visto che categorie di cittadini più acculturate e frequentatrici di teatri, eventi musicali, gallerie d’arte, divoratrici di libri di generi vari, letterari o filosofici, da secoli nella vita reale sono state feroci dirigenti politici, religiosi, industriali, agrari, che hanno spremuto anche fino alla morte le classi subalterne da cui ricavavano il loro benessere.

Anche oggi abbiamo la dimostrazione geometrica che la classe politica di ladri e incapaci che infesta il nostro Parlamento è formata da avvocati e laureati vari, e credo che buona parte degli industrialotti lombardi che in pompa magna frequentano la prima della Scala di Milano affidano alla camorra i rifiuti industriali tossici che vanno ad inquinare e uccidere le popolazioni del casertano.

La cultura, in senso generico come viene spacciata, non migliora né peggiora le persone, semmai è l’etica, sia quella sociale che quella religiosa che dovrebbe ancorare le scelte delle persone a valori condivisi e professati, ma oggi un’etica sociale non esiste più e nemmeno i cristiani dichiarati si comportano rispettando il loro credo. Insomma, Dio e Marx sono morti da un pezzo.

Oggi il mondo, in barba a qualsiasi “cultura”, è dominato dalle forze economiche, dalle banche, dalla potenza militare, dal capitalismo che ha travolto anche i paesi che si dichiarano comunisti, dove le classi subalterne vengono tenute nella precarietà, in regimi di maggiore sfruttamento che in passato, nella paura, in ambienti inquinati e nocivi, senza futuro e senza speranza di uscire dalla propria condizione di schiavi salariati.

Faremmo il tifo per la “cultura” se uno famoso, come il maestro Abbado e notoriamente colto, all’atto della sua investitura a senatore a vita, di fronte al Presidente della Repubblica, avesse rinunciato alla carica sostenendo che il Senato è un ente inutile, costoso, da chiudere e con i soldi risparmiati pensare ad un reddito per i disoccupati. Comunque pace all’anima sua!

 


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