Immigrazione e percezione alterata

par Fabio Della Pergola
venerdì 29 settembre 2017

Come abbiamo visto recentemente, dati alla mano (grazie ad uno dei più accreditati centri di indagini statistiche, il Pew Research Center), la gente non ne può più della "invasione" islamica in particolare dove... non c’è alcuna invasione islamica.

Altra cosa è la "percezione" della presenza di immigrati musulmani.

Percezione che si discosta sensibilmente dalla realtà e che contribuisce in modo determinante a creare quell'allarme sociale su cui molti poi speculano per tornaconto politico o culturale.

La cartina di Vividmaps chiarisce la differenza tra la percentuale reale della presenza islamica (in rosso scuro) e quella "percepita" (in rosso chiaro) sulla popolazione totale (grigio) di vari paesi europei.

Come conferma un articolo di Lenius dell'agosto 2017 su "dati aggiornati dell’ISTAT e del Ministero dell’Interno al 1 gennaio 2017", in Italia le risposte al sondaggio davano una presenza percepita di immigrati musulmani pari al 20%, a fronte di una presenza reale del 4% (circa 2,5 milioni o 2,8 milioni contando anche gli immigrati irregolari di religione islamica). Cinque volte il dato reale. Come se fossero oltre 12 milioni e mezzo.

È evidente che questa percezione alterata crea un allarmismo, razionalmente poco comprensibile (è di questi giorni la rivolta di strada, alimentata da neofascisti, contro l'assegnazione regolare di un alloggio popolare ad una famiglia - una sola famiglia! - italo-eritrea). Ma è un allarmismo che alla fine ha coinvolto la popolazione del nostro paese a prescindere dalla sua appartenenza politica.

Questo però non vale per tutti i paesi europei.

La tabella che segue indica la differenza percentuale di islamofobia tra persone di destra e di sinistra.

In Germania solo il 17% delle persone di sinistra guarda sfavorevolmente ai musulmani, contro il 47% delle persone di destra. Un dato comunque contenuto.

In Italia le percentuali sono rispettivamente del 50% fra la gente di sinistra e addirittura del 79% in quella di destra.

Un italiano di sinistra è mediamente più islamofobo di un tedesco di destra. Un italiano di destra lo è quasi il doppio di un tedesco dallo stesso orientamento politico. Nonostante che in Germania ci sia una presenza reale di musulmani molto più alta.

La tendenza si ripete in modo simile nei paesi più ricchi - vicini alle percentuali tedesche - e, rispettivamente, in quelli più poveri, sovrapponibili ai dati italiani.

Come nella Germania orientale, anche nei paesi mediterranei o in quelli dell’area ex comunista la situazione economica sembrerebbe essere la molla che fa scattare la xenofobia pur in presenza di percentuali di immigrazione basse o nulle.

Quantomeno questo è il mantra agitato da tutti i populisti europei, che ripete l’ossessione francese di qualche anno fa per l’inesistente invasione degli “idraulici polacchi”.

Ma è proprio vero?

Osservando i dati sulla disoccupazione nel 2016, relativi ai paesi mediterranei (Italia, Spagna, Grecia), sembrerebbe confermato che paura per la propria situazione economica e xenofobia vadano di pari passo anche se il numero reale di immigrati islamici è decisamente basso.

Non così nei paesi dell'est europeo.

La Polonia, guidata da un governo di destra decisamente nazionalista, vede solo uno 0,5% di presenza straniera, eppure ci sono fortissimi sentimenti antislamici e xenofobi. E scopriamo che "da quando Varsavia è entrata a far parte dell’Unione europea, nel 2004, il Pil polacco è più che raddoppiato, le esportazioni sono più che triplicate, lo stock degli investimenti diretti dall’estero è passato da 45 miliardi a quasi 200 miliardi di euro. Il tasso di disoccupazione è sceso dal 20% al 6,8% e sono stati creati oltre due milioni di posti di lavoro".

In Ungheria la disoccupazione è anche più bassa, e non esiste immigrazione, ma l'insofferenza per i migranti è altissima; basti pensare alla durezza con cui il governo Orbàn ha respinto al confine i profughi siriani diretti nel nord Europa.

Anche nei Länder tedesco-orientali, dove c'è una presenza di immigrati inferiore al 5% e dove maggiormente si è affermato il partito nazionalista AfD, il tasso di disoccupazione è pari a quello francese (sotto al 10%) e inferiore a quello italiano (in presenza, fra l'altro, di un robusto sistema di welfare). Ciononostante in un anno sono stati registrati 1.408 atti di violenza anche gravi ai danni di rifugiati e migranti.

Senza negare l'esistenza di un problema sociale reale (il tasso di disoccupazione non dice tutto ovviamente) non sembra del tutto credibile l'idea che si sviluppi più xenofobia per il timore che gli immigrati tolgano ai nativi le magre risorse disponibili o il poco lavoro che c’è. La sola interpretazione economica non convince pienamente e, come abbiamo visto, non corrisponde alla realtà di tutti i paesi europei.

In ogni caso non ci si spiega perché mai la situazione di disagio economico che coinvolge nello stesso tempo la parte più debole dei nativi locali e la gran parte degli immigrati non possa trovare soluzione in una logica di solidarietà fra deboli invece che nell'astio degli uni contro gli altri.

In una società in cui, da decenni, i ricchi diventano sempre più ricchi con una concetrazione della ricchezza a dir poco scandalosa, la soluzione "socialista" sembrerebbe molto più logica di quella "nazionalista" o "etnica" che dir si voglia.

Ma mentre gli stati si barcamenano cercando di redistribuire le sempre troppo carenti risorse attraverso il welfare e i programmi di inclusione, il discorso nazionalistico, suprematista e xenofobo che ha portato Trump alla vittoria con lo slogan America first, sembra aver trovato un suo spazio anche in Europa.

Non vincente, ma non più marginale. Sicuramente preoccupante.


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