Immigrazione: inizio dell’invasione?

par patrizio Palumbo
sabato 18 luglio 2015

È da mesi che purtroppo complice la crisi economica che sta affliggendo il paese, si sente parlare spesso di clandestini. Dalla Lega a Forza Italia, dalla televisione ai social media la parola immigrato è quella più cercato nei motori di ricerca e sui social network sono oramai frequenti post contro gli immigrati.

Ma tra chi grida no all'invasione e chi guarda con simpatia all'iniziativa dell'Ungheria di alzare un muro per dividere i ''clandestini'' dai ''cittadini'', c'è un'ampia fetta di opinione pubblica che nonostante commenti accesi nei fatti dimostra una totale ''ignoranza'' (nel senso più classico del termine) in materia.

 

 

 

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È da mesi che purtroppo complice la crisi economica che sta affliggendo il paese, si sente parlare spesso di clandestini.

Nemmeno lo scandalo di Roma sembra aver aperto una riflessione seria su una situazione che negli ultimi tempi è diventata ingestibile, non solo per le evidenti difficoltà logistiche, mazzette intascate dal politico di turno ma sopratutto per una certa classe politica e certi giornali, che invece di fare informazione cavalcano un onda che potrebbe diventare tsunami, pronto a travolgere il paese.
 
La morte di Gheddafi ha poi peggiorato la situazione, con la morte del dittatore la Libia (luogo di partenza dei gommoni della morte) è precipitata nell'anarchia e dell'accordo stipulato tra Berlusconi e Gheddafi nel 2008 (che prevedeva uno stanziamento di 200 milioni di dollari da distribuire in 20 anni al governo libico per il potenziamento degli impianti per la lavorazione del gas in cambio del blocco dei viaggi della disperazione) non resta che un ricordo.



Iniziamo dal principio:


Così l'imprenditore può aumentare la produzione, ridurre i costi e sopratutto non avere ''il problema dei contributi'' che si porrebbe assumendo persone italiane e quindi identificate; se alcuni si ''accontentano'' del lavoro in nero, altri si danno alla delinquenza e all'illegalità, protetti anche dal loro stato di non identificazione e dalle falle del sistema giudiziario italiano, che garantisce l'impunibilità in caso di reato, o infrazione delle regole.

L'Italia non è la destinazione dei profughi, ma semplicemente un luogo di transito in cui spesso si perdono, esattamente come gli italiani che tra informazioni sbagliate, politici che cavalcano gli effetti collaterali della crisi rischiano di trovarsi impigliati tra le maglie del pregiudizio.

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