Ilva: sia fatta giustizia e perisca pure il mondo

par luciano corso
giovedì 30 maggio 2013

Sia fatta giustizia e che vadano tutti a quel paese, deve aver pensato quella giudice di Taranto che si occupa del caso ILVA. Già qualche mese fa aveva fatto bloccare 1 miliardo di euro di acciaio pronto per la consegna (e l’incasso relativo): secondo lei era stato fabbricato producendo inquinamento, ma ormai sia l’acciaio che l’inquinamento erano stati prodotti, e dunque che senso aveva bloccarne la vendita? È arrivata a disattendere una legge dello Stato fatta apposta dal Parlamento con ricorsi e controricorsi a tutte le possibili varianti del nostro sterminato ordinamento; non so poi come sia finita, ma lei certamente ce l’ha messa tutta.

Ma non è niente in confronto alla recente ordinanza che ordina il sequestro di 8 miliardi di euro dai conti del proprietario Riva che, essendo azionista di maggioranza, significa anche il blocco di qualsiasi attività della fabbrica. 8 miliardi di euro a fronte di un ricavo totale di 11! (ricavo, non profitto, attenzione). Gli immancabili paladini della magistratura diranno come al solito che “non ha fatto che applicare la legge” ma si sa che in Italia la nostra sterminata giurisprudenza permette (o nega) tutto e il contrario di tutto.

La realtà è che l’applicazione delle leggi è demandata all’infinita discrezionalità dei giudici, e lei deve aver deciso che l’acciaio va comprato all’estero. Ricorda quel gentiluomo che aveva deciso di autoinfliggersi una certa mutilazione per dispiacere alla consorte fedifraga.

Stante l’automaticità delle carriere dei magistrati, c’è da augurarsi che la signora sia in odore di promozione, possibilmente in un ruolo che permetta di limitare i danni. Noi continueremo a pagarle lo stipendio, anzi gliene pagheremo uno più pingue, ma almeno avremo la gratitudine di 40.000 famiglie.


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