Il vecchio e la bambina

par Giacomo Lagona
giovedì 29 gennaio 2009

Non so bene come schierarmi stavolta, se dalla parte della Mussolini o da quella di Gino Paoli. Ormai è su tutti i giornali la lirica dell’ultima canzone di Paoli - Il pettirosso - dove il cantautore genovese racconta di un’undicenne che sta per essere stuprata da un settantenne. La canzone finisce bene - diciamo - perché il 70enne muore d’infarto prima di aver consumato l’oltraggio. La causa della discordia inizia proprio adesso: il controverso stato della bambina che - in un moto di pietà verso il vecchio ormai deceduto - gli si avvicina e lo accarezza in volto in un ultimo atto di pietas cristiana.

La Mussolini, ascoltando le parole della canzone, convoca immediatamente la Commissione parlamentare sull’infanzia di cui è presidente, e con voto unanime chiede a Paoli di presentarsi davanti alla Commissione per rendere conto del testo. La Mussolini poi, intervistata da tutti i giornali, dice che il testo invia un messaggio devastante, e che non ci potrà mai essere perdono per il pedofilo.

La versione di Gino Paoli è decisamente opposta. Intanto perché di “perdono” sul testo non se ne accenna minimamente, e poi il testo parla solo di umanità, una parola importante da capire. La scopre solo il bambino, che non ha sovrastrutture. In un’ intervista recente ad Avvenire, il cantante spiega che la bambina “davanti al vecchio pazzo che dopo la violenza le muore sotto gli occhi, esercita quella “pietas cristiana” di cui invece la società nella sua spasmodica ricerca del mostro ha perso traccia”. Quindi si tratterebbe solo di pietà e non di perdono. Inutile dire che Paoli alla convocazione della Commissione sull’infanzia non si presenterà.

Intanto da più parti si grida alla censura, ma la Mussolini non ne vuol sentir parlare perché, secondo lei, non è censurato l’artista ma si vuole solo dare massima attenzione ai “messaggi fuorvianti” sulla pedofilia, anche se si tratta di un testo di una canzone. Ed ecco, dunque, la traccia incriminata:

Aveva gli occhi come un pettirosso/era una donna di undici anni e mezzo/ si alzò la gonna per saltare il fosso/aveva addosso un vestitino rosso. Mentre passava in mezzo a quel giardino/di settant’anni incontrò un bambino/voleva ancora afferrare tutto/e non sapeva cos’é bello e cos’é brutto/e l’afferrò con cattiveria/lei si trovò le gambe in aria/lui che cercava cosa fare/c’era paura e c’era male. E il male lo afferrò proprio nel cuore/come succede con il primo amore/e lei allora lo prese tra le braccia/con le manine gli accarezzò la faccia/così per sempre si addormentò per riposare/come un bambino stanco di giocare“.

Ecco, io sono in fase critica per entrambi gli attori: se da un lato potrei essere d’accordo con la Mussolini perché la pedofilia va trattata duramente, dall’altro invece mi sento di capire il testo di Gino Paoli perché - a suo modo - vuole essere un modo diverso di mostrare l’atto osceno e orribile della pedopornografia. Non credo tra l’altro che stavolta centri qualcosa la censura, però credo che centri - e tanto - la volontà di entrambi (forse più da parte della Mussolini, ma sono solo mie congetture) di farsi pubblicità per un fatto che, se fosse successo in un altro Paese, probabilmente non avrebbe suscitato tutto questo scalpore. Però del resto qualche dubbio viene anche da altri fattori. Il primo è come mai ’sto accanimento contro Paoli, mentre sulla canzone di Povia che porterà a Sanremo se ne è parlato molto meno? Sarà forse perché l’omosessualità “tira” meno della pedofilia a livello politico? Sarà forse che i nostri politici intendono dar ragione al cantante milanese quando afferma che gay si diventa e non si nasce?

Anni fa Povia, in un intervista a Panorama, mentre la cronista gli faceva delle domande sulle famiglie gay dicendo che all’estero era possibile adottare bambini gay, lui risposeperché, ci sono ragazzini gay? Gay non si nasce. Lo si diventa in base a chi frequenti, a quello che ti insegnano da piccolo. Come quei bambini che mamma e papà picchiano e loro per perversione vogliono essere picchiati. Ma se lei mi vuole bene, non la scriva questa cosa. Non scriva che l’ho detto, perché non è normale avere queste idee. Anche se ognuno è libero di pensarla come vuole. Comunque io so quello che dico. Anch’io ho avuto una fase gay. E’ stato quando avevo 18 anni. È durata sette mesi, poi l’ho superata. E ho anche convertito due miei amici che credevano di essere gay e invece adesso sono sposati e hanno anche dei figli”. Adesso il cantante che ha tenuto un concerto al Gay Pride, partecipa a Sanremo con “Luca era gay” dove canta che essere gay è una malattia che si può guarire.

Io ad esempio mi sento più di condannare le allusioni di Povia che quelle di Paoli. Ma io non sono un politico, quindi le mie condanne non contano nulla. E le vostre? E Don Di Noto che ne pensa, mentre rispondo al suo commento ad un mio vecchio post?


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