Il suprematismo cristiano (anche) in Michele Serra

par Fabio Della Pergola
martedì 9 dicembre 2014

«In linea di principio - scrive Michele Serra nella sua rubrica quotidiana di Repubblica - il preside di Bergamo che decide di non allestire il presepe perché "la scuola pubblica non ha il compito di celebrare ricorrenze religiose", ha ragione».

In linea di principio, dice. Ma poi dissente perché - scrive subito dopo - quella del preside «è una ragione che non ci soddisfa e anzi ci allarma», ponendola sullo stesso piano del divieto a indossare il velo islamico negli ambienti pubblici francesi; lo allarma perché «affronta la complicata materia della multiculturalità, e della necessaria convivenza tra diversi, con una overdose di anestetico»; “azzerandola”, addirittura.

Capisco il rifiuto della logica iperlaicista francese: intervenire sul modo personale e privato di vestirsi e addobbarsi di veli, copricapi e medagliette al collo dei liberi cittadini (una volta che rispettino la pubblica decenza) è roba parecchio discutibile.

Ma rifiutarsi di fare un presepio dentro una scuola pubblica italiana significherebbe, nell’interpretazione di un Serra che per tanti altri versi abbiamo apprezzato, azzerare la convivenza fra culture diverse.

Veramente a me sembrerebbe il contrario, ma non voglio fare una polemica che, viste le premesse, appare già impostata male (che ne dite, allora, di introdurre nelle scuole anche il canto del muezzin negli orari canonici oppure il mese di digiuno uguale per tutti e così via, come modo per favorire l’armonia fra culture diverse?).

Ma, se è vero che «l’immigrazione non deve levare, deve aggiungere», nel senso che culture diverse, se e quando non sono motivo di scontro, sono al contrario motivo di arricchimento, non può che lasciare perplessi l’affermazione conclusiva: «Natale, qui, non è solo una “ricorrenza religiosa”, è un momento identitario. Così come il profilo dei campanili e il suono delle campane».

Il presepe lo fa perfino lui e, avendo una multiculturalità interna (dice) non si è mai sentito offeso. Da se stesso e dal suo presepe.

Così è, se vi pare.

In una scuola pubblica c’è già da sempre la presenza dei crocefissi ben in vista sopra la testa dei docenti, a indicare, stabilire e ammonire chiunque voglia pensare diversamente il ruolo delle religioni nella società, che “qui” non si sgarra. Qui l’identità è religiosa e cristiana, con buona pace di ebrei, musulmani, buddisti, induisti e atei che, ovviamente e conseguentemente, si trovano, da un giorno all’altro, ad essere “altri” nel mondo in cui sono nati e cresciuti.

Mentre è ovvio che la fede religiosa è, casomai qualcuno la praticasse, fatto privato che non dovrebbe riguardare, ormai da anni, le istituzioni pubbliche.

Invece per Michele Serra, nello stesso modo di (ohibò) Matteo Salvini, dovrebbe essere consentito o addirittura suggerito anche il presepe, cioè quella bizzarra rappresentazione strettamente religiosa fatta di figurine che tutti conosciamo, diversa dell’albero decorato che affonda le sue radici nei riti nordici del solstizio d’inverno.

Perché così, con il presepe, si ricorda a tutti del “momento identitario” della cultura dominante, e tanti saluti al concetto di laicità dello Stato (e di ogni sua diramazione istituzionale come le scuole) che, per essere laico, ha solo due opzioni: o permettere equamente di festeggiare le ricorrenze di ogni religione e di ogni cultura (anche atea) oppure, più sensatamente, astenersi da ognuna di esse. Per ripetere a tutti che le istituzioni dello Stato sono indipendenti dalle scelte religiose o non religiose dei suoi cittadini che sono quindi, tutti, uguali ai suoi occhi.

Nel momento in cui, invece, lo Stato accetta che il “momento identitario” della maggioranza dei suoi cittadini abbia predominanza, esso abdica alla sua laicità. E se il suprematismo cristiano trova sponda nelle istituzioni dello Stato, le prospettive per le minoranze sono pessime (come sono sempre state negli ultimi venti secoli o dobbiamo ricordare ancora una volta i venti secoli di antigiudaismo o i roghi degli eretici ?).

Possibile che nemmeno uno come Michele Serra pensi alle conseguenze della sua sbandierata passione per i “momenti identitari” della cristianità ?

 

 


Leggi l'articolo completo e i commenti