Il sovrano dei gonzi

par Phastidio
venerdì 24 gennaio 2014

“Dobbiamo fare come Correa (il presidente dell’Ecuador, ndr) che ha detto ‘il debito che abbiamo contratto non lo paghiamo perché è immorale’”. Così scolpì il comico in servizio permanente effettivo Beppe Grillo alla Stampa Estera a Roma sul Fiscal Compact.

“Il Brasile gli ha detto non ti lascio solo, lo stesso hanno fatto Venezuela, Argentina, Bolivia. Si sono aiutati! E ora Correa scrive un articolo nel quale spiega che l’Ue è nella situazione in cui erano i Paesi sudamericani”. Come spesso gli capita, Grillo parla di argomenti che non padroneggia.

Da un lato, infatti, Grillo vuole il “referendum sull’euro”, che è infattibile non tanto a livello giuridico (lo è, ma le rivoluzioni di solito non tengono in grande considerazione la lettera delle norme), quanto pratico, perché il solo accenno ad un referendum causerebbe imponenti e subitanei deflussi dal sistema bancario nazionale e alla fine servirebbero i carri armati nelle strade ed ai confini di stato. Ma sono dettagli.

Il riferimento all’Ecuador è invece ad un paese che dall’anno 2000 è dollarizzato (con buona pace dell’antiamericanismo viscerale di Correa), cioè non ha una moneta propria, in reazione al collasso del sistema economico finanziario nazionale e ad una iperinflazione che aveva toccato il 100% annuale. Che come esempio dell’agognata “sovranità monetaria” è perfetto, diciamo.

Quanto ai restanti “dettagli”, vi basti sapere che l’Ecuador ricava la maggior parte (circa il 75%) delle proprie entrate da rendita petrolifera (mezzo milione di barili al giorno, il più piccolo produttore Opec), e dalle rimesse dei propri emigranti. Il paese è praticamente privo di investimento diretto estero: fatelo sapere a Grillo, riguardo la “solidarietà fraterna” dei paesi vicini.

Beneficiato dalla rendita petrolifera, l’Ecuador ha cominciato allegramente e prevedibilmente a sbracare sui conti pubblici e sul deficit delle partite correnti, ed ora corre il non trascurabile rischio di finire a gambe all’aria in ipotesi di calo dei prezzi del greggio, che innescherebbe una stretta devastante di liquidità in un paese che non ha una propria valuta.

L’Ecuador, inoltre, dopo l’ultimo default è pressoché un paria sui mercati internazionali dei capitali, al punto che per il proprio funding si affida in misura quasi esclusiva alla Cina, a cui vende il proprio greggio.

Per fronteggiare un calo delle entrate in dollari, in presenza di deficit gemelli (pubblico e delle partite correnti), il governo di Correa ha già alzato la quota di attivi che le banche locali devono obbligatoriamente avere investiti nel paese (ora al 60%), ed ha fatto ricorso al fondo prestatore regionale per colmare i buchi di bilancia dei pagamenti.

Tuttavia, poiché il conto della realtà arriva sempre, ora il governo sta “suggerendo” (bontà sua) che potrebbe emettere un’obbligazione, sfruttando la grande fame dei mercati per il rendimento. Sarebbe ovviamente un bond in dollari (sennò come si farebbe a finanziare il deficit di bilancia dei pagamenti, volendo evitare di strangolare il paese?), magari anche per evitare di consegnarsi mani e piedi ai cinesi, come di fatto sta già avvenendo. Auguri vivissimi.

Che dire? Sfiorito il mito grillesco dell’Argentina, morto in culla quello dell’Islanda, ecco pronto il sostituto. Un modello di sovranità monetaria, somiglianza con la struttura economica del nostro paese, indipendenza da creditori internazionali. Giusto? L’Internazionale Gonza avanza a grandi passi.

Vi è più chiaro ora perché votare per il M5S, al netto di qualche salutare caciara sui costi della politica, equivale a buttare il proprio voto nello sciacquone?

 

Foto Grillo: Niccolò Caranti/Flickr

Foto Correa: Cancilleria Ecuador/Flickr


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