Il sacerdote sbattezzato e scomunicato dal vescovo

par UAAR - A ragion veduta
mercoledì 31 ottobre 2012

Il quo­ti­dia­no La Nuo­va Sar­de­gna ha reso noto che don Ma­rio Bon­fan­ti, sa­cer­do­te mol­to (trop­po) im­pe­gna­to in fa­vo­re dei di­rit­ti de­gli omo­ses­sua­li, e omo­ses­sua­le egli stes­so, ha de­ci­so di usci­re dal­la Chie­sa cat­to­li­ca, nel­la qua­le non si “ri­co­no­sce più” e del­la qua­le “non con­di­vi­de più scel­te e orien­ta­men­ti”. In ri­spo­sta il ve­sco­vo di Ales-Ter­ral­ba, mons. Gio­van­ni Det­to­ri, l’ha pron­ta­men­te sco­mu­ni­ca­to. Con una so­ler­zia che spes­so man­ca, quan­do a chie­de­re di for­ma­liz­za­re la pro­pria apo­sta­sia dal­la Chie­sa ro­ma­na sono co­mu­ni mor­ta­li.

Per­ché quel­lo di don Bon­fan­ti co­sti­tui­sce, in pra­ti­ca, un vero e pro­prio sbat­tez­zo. Il sa­cer­do­te non ha cer­to usa­to que­sta pa­ro­la, come pe­ral­tro non la usa­no tut­ti co­lo­ro che uti­liz­za­no il fac­si­mi­le Uaar. Del re­sto, “sbat­tez­zo” fu ter­mi­ne ri­pro­po­sto, in età mo­der­na, dal quo­ti­dia­no dei ve­sco­vi Av­ve­ni­re per sbef­feg­gia­re un si­gnor cre­den­te, Aldo Ca­pi­ti­ni, il pri­mo or­ga­niz­za­to­re del­la mar­cia per la pace Pe­ru­gia-As­si­si e che a sua vol­ta vo­le­va ab­ban­do­na­re una Chie­sa in cui non cre­de­va più. Ma tant’è, sin da quan­do l’Uaar è riu­sci­ta a ve­der ri­co­no­sciu­to il di­rit­to di ogni cit­ta­di­no di po­ter ab­ban­do­na­re an­che for­mal­men­te la Chie­sa cat­to­li­ca, è que­sto il nome che i mez­zi di in­for­ma­zio­ne han­no dato alla ri­chie­sta. Che al­tro non è se non l’espres­sio­ne pra­ti­ca di un fon­da­men­ta­le di­rit­to dell’uomo: la li­bertà di co­scien­za. Quel­la stes­sa li­bertà di co­scien­za di cui i cri­stia­ni ma­ga­ri sono pron­ti a in­vo­ca­re la tu­te­la, quan­do ve­do­no con­cul­ca­ti i pro­pri di­rit­ti e su­bi­sco­no per­se­cu­zio­ni.

La Chie­sa, che non sco­mu­ni­ca pre­ti pe­do­fi­li e omi­ci­di, non è mai sta­ta te­ne­ra con chi ri­tie­ne che l’ab­bia tra­di­ta. Non fi­ni­re­mo mai di stu­pir­ci del fat­to che con­ti­nui im­per­ter­ri­ta a vo­ler but­tar fuo­ri chi se n’è già an­da­to per con­to suo. Ma il con­cet­to di “si­gil­lo in­de­le­bi­le” che at­tri­bui­sce al bat­te­si­mo è qual­co­sa di ine­vi­ta­bil­men­te mor­bo­so e il­lu­so­rio, che nel­la mi­glio­re del­le ipo­te­si è ri­di­co­lo. Nel­la peg­gio­re, ri­cor­da il com­por­ta­men­ti di que­gli aman­ti re­spin­ti che, ogni tan­to, ven­go­no con­dan­na­ti per stal­king.

Don Bon­fan­ti ha avu­to del co­rag­gio: non tan­to per es­ser­si sbat­tez­za­to (e il fat­to che sia sta­to un sa­cer­do­te a far­lo mo­stra come la ri­chie­sta non sia per nul­la as­sur­da), quan­to per­ché un re­li­gio­so che esce dal­la Chie­sa va in­con­tro a gros­se dif­fi­coltà eco­no­mi­che e all’esclu­sio­ne so­cia­le. Al gran­de stu­dio­so Er­ne­sto Buo­na­iu­ti, non mol­ti de­cen­ni fa, l’apo­sta­sia costò la cat­te­dra uni­ver­si­ta­ria e la mor­te in mi­se­ria. E que­sto spie­ga per­ché tan­ti e ben più fa­mo­si pre­ti dis­si­den­ti pre­fe­ri­sca­no re­star­se­ne all’in­ter­no dell’or­ga­niz­za­zio­ne che tan­to cri­ti­ca­no.


Leggi l'articolo completo e i commenti