Il regime denuncia Facebook

par maurizio carena
venerdì 23 ottobre 2009

"Minacce gravi" e "istigazione a delinquere". Queste le ipotesi di reato della procura di Roma, che ha avviato un’indagine sui circa 17000 internauti che hanno formato, sul popolare social network, il gruppo "Uccidiamo Berlusconi", ispirandosi al recente film "Shooting Silvio".

Il Governo è pronto a tornare all’attacco del suo nemico numero uno: internet. Il nuovo pretesto è stato costruito ad arte da un regime catodico che per la sua raffinatezza e invisibilità è destinato a fare scuola nel mondo.

Il Giornale (house organ del Premier) ha recentemente "rivelato" la presenza di un gruppo su Facebook inneggiante all’omicidio di Berlusconi. Il Ministro della Giustizia Alfano, il cui primo provvedimento in questa legislatura è stata una legge incostituzionale (il "lodo Alfano"), ha prontamente raccolto l’imbeccata de Il Giornale, e ha invitato la magistratura ad avviare un’indagine sull’"istigazione a delinquere" on line.

I procuratori romani Giovanni Ferrara, Nello Rossi (esperto di "criminalità informatica") e Andrea De Gasperis hanno subito avviato l’indagine sui 17000 presunti criminali, a proposito dei quali il guardasigilli tuona: "La magistratura faccia il proprio dovere indagando, trovando e perseguendo chi inneggiando all’odio e all’omicidio commette un reato penale".

In pratica Alfano li ha già condannati, tutti e 17000, prima ancora del processo... Ma non è finita. Nella patria dei sequestri di siti internet, nel paese che ha censurato The Pirate Bay e che ha condannato alla galera lo storico Carlo Ruta (e censurato il suo sito) per "stampa clandestina", ci si poteva forse astenere da una pratica governativa, tanto odiosa quanto reiteratamente usata come la censura? Certo che no.
 
Infatti il potere governativo, "democraticamente eletto" (da una massa catodicamente eterodiretta), tramite la "Polizia postale e delle comunicazioni", ha annunciato la "richiesta di oscuramento" del gruppo di Facebook incriminato e ha inoltrato tale richiesta in California, dove ha sede il social network.

E, sia detto per inciso, è stato chiesto a FB di "fornire i dati sui responsabili" delle "minacce". In pratica la polizia vuole la lista dei 17000 cyberdissidenti per stanarli, trascinarli in tribunale e tenere i dati a disposizione, magari per tenere meglio d’occhio certi pericolosi criminali.

Questa richiesta di "lista" di persone da colpire mi ricorda molto le liste naziste, anche per le dimensioni della stessa. Su questo particolare punto ritengo ogni commento superfluo e mi auguro che FB, in nome dei principi universali della neutralità della rete, della libertà di espressione, della privacy rispedisca al mittente tale richiesta, magari con una pernacchia.
 
Rispetto alla procedura governativa standard che prevede l’inibizione ai provider nazionali del sito "incriminato" e quindi la sua (quasi) irraggiungibilità, (come per esempio i siti di gambling) notiamo un certo "miglioramento". La censura è sempre più pervasiva ma, nel contempo, raffinata. Potevano censurare FB in toto, ma avrebbero suscitato scalpore. Meglio colpire i dissidenti in silenzio e cercando di dividere il campo avversario, quello del web.

In più, e più importante, si manda un messaggio alla piattaforma: attenzione, o fai come ti invitiamo a fare o faremo leggi ad hoc, quindi regolati... (e sappiamo che FB è avvezza a rimuovere profili "sgraditi" a talune autorità). Come si sa l’autocensura è molto meglio della censura. A parte qualche decina di milioni di italiani che ancora si "informano" coi mainstream, nelle stanze del potere lo sanno tutti e da tempo e agiscono di conseguenza, dissimulando coi più nobili pretesti.

E poi, se il popolino spegnesse la tv, dove lo troverebbe l’egoarca un parco buoi che lo legittima nell’urna? Internet fa pensare. E questa è una calamità che il regime deve assolutamente evitare a qualunque costo.
 
Quindi, abbiamo la mobilitazione di un quotidiano nazionale, un guardasigilli, un Ministro dell’Interno, la procura di Roma, la Polizia postale, spalleggiati, tra l’altro, da quella parte di casta che, per mantenere le apparenze democratiche (e spartirsi il potere) si fa chiamare "opposizione", e tutto ciò per cosa? Per dare la caccia a 17000 netizen, per la maggior parte ragazzi che, ispirandosi ad un film, hanno creato una rete sociale sulla piattaforma più famosa del mondo.

Sono circa 17000.
Il Governo li vuole censurare.
Il Governo li vuole schedare uno per uno.
Il Governo li vuole portare in tribunale.
 
Nel paese dell’egoarca, dove il più ricco è padrone del Governo ed è padrone del 90% delle tv, tutto è controllato. Il potere, vuole essere onnipresente. Che nessuno pensi di essere al sicuro. Ogni parola, ogni pensiero, minimamente organizzati, saranno repressi, che si tratti di un blog o di un giornale o di un social network che, orrore, potrebbe organizzare la gente.



Le masse devono rimanere monadi telerimbecillite dal lavaggio del cervello del Premier più corrotto dell’Occidente e con un potere catodico mai visto al mondo.

In questa realtà da incubo pensare è un reato.
Chattare è un rischio.
Criticare è sovversivo.
Organizzarsi è criminale.

Per questo anche un gruppo tra i mille di FB può essere colpito dal sistema. Le iperboli non sono ammesse. Le metafore non sono tollerate. Ispirarsi ad un film è un crimine. Tutto può essere preso a pretesto per colpire chi potrebbe far pensare e far organizzare la gente, ovvero internet.
 
Nel film di Elio Petri "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" c’è una scena in cui viene evidenziata la maniacale attenzione del capo della polizia, magistralmente interpretato da Gian Maria Volonté, per le scritte sui muri.

Internet sono le scritte sui muri di oggi. Il nostro stato si comporta come il capo della polizia del film di Petri. Un Governo che denuncia 17000 persone per un click sul web è un potere che fa paura e orrore.
 
L’orrore. Vediamo, molto velocemente, gli ultimi disegni di legge che interessano il web in Italia:

 ddl intercettazioni (Alfano). Prevede l’obbligo di rettifica per i siti internet entro le 48 ore (in vigore);

 ddl Carlucci, ufficialmente contro il "pedoporno". Prevede, tra le altre cose, un "Comitato per la regolamentazione della rete" (in corso di approvazione);

 ddl Barbareschi, ufficialmente per la protezione del cosiddetto diritto d’autore. In realtà è un grimaldello che vorrebbe introdurre il principio della responsabilità penale dei provider e dare ulteriori poteri alla Polizia delle comunicazioni, che già oggi può segnalare al giudice e far sequestrare preventivamente qualsiasi sito entro 24-48 ore;

 ddl Pecorella/Costa contro la "diffamazione" on line, che vorrebbe estendere a tutti i "siti aventi natura editoriale"(?) la legge italiana sulla stampa n.47 del 1948 (responsabilità penale, albo, direttore resp. etc... in corso di approvazione).
 
L’informazione libera, ovvero quella di internet, in Italia è catastrofica. Diversamente non sarebbero possibili provvedimenti come la censura di 17000 persone, di un intero gruppo, del social network più grande del mondo, nella quasi indifferenza generale.

Forse perché taluni pensano che non sono fatti propri, che a loro non toccherà mai. Ma credere ciò potrebbe rivelarsi un errore. Che pagheremo caro. Difendere la libertà di espressione su un medium come internet è la madre di tutte le lotte per la democrazia e l’emancipazione.
 
Se non lotteremo contro un regime che odia la libera informazione del web non saremo nemmeno degni di tale strumento. Che ci verrà tolto. Bisogna lottare per difendere il web dalle ingerenze del potere. Perché internet non è la cattedrale che pretenderebbero i governativi, bensì il bazaar delle libertà.


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