Il problema dell’approvvigionamento energetico

par roccob
mercoledì 3 giugno 2009

Prendo l’estro dal «buio» elettrico – cupo, integrale e assolutamente inedito per durata e ampiezza di propagazione – che, nelle prime ore di quell’ormai lontana domenica 28 settembre 2003, venne improvvisamente a calare sull‘Italia, con la sola eccezione della Sardegna e di qualche altra isola minore. Rammento che, di primo acchito, impattando con tale evento, mi venne da esclamare non: ”Che disastro!”, bensì: “Che vergogna!”.

Ora, a distanza e a freddo, provo a chiarire siffatta mia reazione.

Da decenni, andiamo ascoltando il ritornello secondo cui il nostro Bel Paese si colloca come sesta (ora settima) o, addirittura, quinta potenza mondiale e noi, comunque, vantiamo il privilegio di godere di un livello di civiltà, di benessere e di servizi che tante altre nazioni ammirano e ci invidiano.

Ma siamo sicuri che le cose, in concreto, stiano proprio in tal modo?

Personalmente, al riguardo, nutro dei dubbi.

Intanto, per restare sull’accaduto di quel settembre, sembrò, e ancor più pare adesso, inconcepibile che, con riferimento ad un servizio tanto essenziale qual è la distribuzione dell’energia elettrica, si dovesse e si debba essere legati, in gran parte, a fonti produttive di altri paesi (quando si potrebbe generare autonomamente l’intero fabbisogno), rischiando, a causa di un banale errore, incidente, ritardo o altro, di cadere così in basso, di tornare indietro «anni luce» (mi si passi l’accostamento ironico), di perdersi in un bicchiere d’acqua.


All’epoca, dopo il fattaccio, fu, ovviamente, un susseguirsi di polemiche, addebiti di colpe, inchieste: insomma il solito rituale, già visto e rivisto infinite volte. Che tristezza!

E, soprattutto, durante l’intera giornata del “buio”, si verificarono, dove più dove meno, scene da autentico terzo mondo: moccoli d’emergenza tirati fuori dal fondo lontano di vecchi cassetti, interminabili code alle fontanelle pubbliche, bottiglie e taniche per lavarsi, file di persone di ogni età impazienti ai servizi igienici dei distributori di benzina, cancellazioni, ritardi e disagi nei trasporti e così via dicendo.
Il mio modesto pensiero è che, di fronte ad emergenze del genere, che ovviamente si possono riproporre, gli alterchi e le polemiche non servano a nulla.

Invece - con senso di umiltà, onestà e pragmatismo - bisogna semplicemente trarre tesoro dalle negative conseguenze ed esperienze precipitate addosso ad un’intera popolazione, per cercare di individuare, organizzare e porre in atto i rimedi necessari, facendo così in modo che, almeno nel futuro, non ci si debba trovare ancora in analoghe situazioni.

Insomma, le reali e serie emergenze vanno affrontate senza indugi, senza sbarramenti di principio ed ideologici. E qui, davvero, non fa alcuna differenza che il governo sia di centro destra o di centro sinistra.

Da parte di noi semplici cittadini, è il caso che ci solleviamo moralmente di fronte a certe macroscopiche incongruenze, dimostrazioni di inciviltà e di arretratezza, certamente non degne di un «grande» Paese.

Solamente così, avrà senso quel profondo sentire, il sano orgoglio nazionale che sgorga con naturale impeto dal nostro intimo e che - in occasione di cerimonie, manifestazioni, rievocazioni, anniversari - ci fa esclamare e gridare «Viva l’Italia!».


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