Il paradiso globale

par paolodegregorio
mercoledì 23 novembre 2011

Montefano, cittadina delle Marche. 126 dipendenti della fabbrica BEST, specialista in cappe per cucine, di proprietà della multinazionale americana NORTEK, hanno trovato la loro fabbrica chiusa, dopo che nottetempo tutti i macchinari erano stati caricati con destinazione Polonia, nuova sede produttiva.

Ecco servito un altro regalo della globalizzazione che rende precario e incerto ogni rapporto di lavoro, condannando tutti gli schiavi salariati ad una vita insostenibile, senza certezze, senza futuro.

Eppure di fronte al vasto fenomeno della delocalizzazione di migliaia di strutture produttive italiane all’estero, all’unico scopo di avere manodopera meno costosa e meno tasse, nessuno sostiene che una importante fetta della crisi sistemica in cui siamo impantanati è quella di non aver governato questo fenomeno, che ci costa centinaia di migliaia di disoccupati ed un impoverimento di tutta la nazione.

Come si fa a non mettere in discussione la “globalizzazione”, produttiva e finanziaria, che sta impoverendo profondamente il nostro paese, avviandolo verso un declino e un commissariamento che annulla anche la democrazia?

Come si fa a parlare scioccamente di rilancio economico e di crescita se non si è capaci di vedere che il mondo globale ci sottrarrà altri segmenti di mercato in quei settori più avanzati che ancora resistono?

Noi non abbiamo multinazionali, non abbiamo una struttura di ricerca avanzata collegata a imprese, non abbiamo materie prime, non abbiamo una classe operaia a basso prezzo, i nostri cervelli emigrano, spendiamo 100 miliardi di euro l’anno per pagare gli interessi sul nostro debito (1.900 miliardi di euro), e la corsa nella globalizzazione l’abbiamo già perduta.

L’unica speranza possibile è quella di uscirne di corsa, tornando alla lira, ai dazi, al divieto di esportare capitali, e non pagare più gli interessi alle banche tedesche e francesi che possiedono circa il 50% dei nostri titoli del debito pubblico.

La verità vera è che ci sono solo due strade: o la logica globale dei banchieri e dei Marchionne, o la scelta di ristrutturare l’economia per soddisfare i consumi interni, per ottenere l’autosufficienza energetica (con le rinnovabili) e l’autosufficienza agricola-alimentare. Oggi importiamo il 70% del nostro fabbisogno per quanto riguarda gli alimenti e importiamo l’88% dei prodotti per produrre energia.

Milioni di posti di lavoro possono e devono essere creati in questi settori, finanziati da tagli alle spese militari, abolizione delle province, abolizione del Senato, fine del finanziamento pubblico dei partiti e dell’editoria, fine delle convenzioni del Ministero della Sanità con strutture private, abolizione dell’8 e del 5 per mille alle Chiese, abolizione dei contributi alle scuole cattoliche private, e via cantando.


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