Il nostro amato Giulio

par Phastidio
venerdì 7 gennaio 2011

 

Fai zapping la mattina presto del giorno dopo l’Epifania, e realizzi che la pausa di fine anno è irrimediabilmente terminata vedendo la faccia di Italo Bocchino a Omnibus su la7, la trasmissione che meglio di qualunque altra incarna la natura mentalmente onanistica della nostra classe politica.

Non è colpa di Bocchino, ovviamente, lui è solo parte del meccanismo, risponde ad incentivi, direbbero gli economisti. C’è anche da dire che, in condizioni normali, il dito resterebbe rigorosamente lontano dal tasto numero 7 del telecomando, in questa fascia oraria che precede l’uscita di casa per andare in ufficio. Ma questa mattina, tendendo l’orecchio, abbiamo sentito frasi di difficile decodifica, almeno per un soggetto che abbia un rapporto non problematico con la logica.

Bocchino, che aveva come sparring partner l’”altro” grande statista irpino, nonché specialista in tacchiniFrancesco Pionati, ha in pratica detto, tra le altre cose, che Berlusconi non ha più una maggioranza politica, e che farebbe bene a tornare in parlamento e prendere atto di questa realtà. E quindi?, ha chiesto il paziente (o assonnato) conduttore. Semplice, ha replicato Bocchino. Serve un governo che affronti l’emergenza economica del paese, visto che andare ad elezioni ora sarebbe dannoso.

E per guidare questo governo chi, ragiona Bocchino, meglio di Giulio Tremonti? Proprio così, quel Giulio Tremonti, che da sempre ha un ottimo rapporto con Gianfranco Fini, almeno da quando il presidente della Camera lo fece cacciare dal Tesoro, anni addietro, a causa proprio della cocciutaggine tremontiana nell’applicazione dei famigerati tagli lineari. Ma non è questo il punto, in realtà: la coerenza non è categoria che appartiene alla politica. Bocchino ci ricorda sinistramente il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, che mesi addietro si lasciò sfuggire che, pur di liberarsi di Berlusconi, anche un governo guidato da Tremonti gli sarebbe risultato commestibile, salvo poi rimangiarsi tutto qualche ora dopo. Questo dell’intronizzazione di Tremonti pur di scacciare il Cav sembra diventato il nuovo mantra di chi, in Italia, tenta di fare opposizione ma difetta di fantasia.

Ma Bocchino porta il “ragionamento” ad un livello superiore. Tremonti è soprattutto l’uomo che “impedisce a Berlusconi di governare”, dice il capogruppo di Fli alla Camera. Silvio vuole il mitologico quoziente familiare? Non ci sono soldi, risponde pronto Tremonti. Stessa sorte per la riforma fiscale e i leggendari investimenti in infrastrutture. Deve essere proprio un cerbero, questo Tremonti, se è riuscito a ridurre Berlusconi all’impotenza, quindi per definizione può diventare il nostro idolo.

Ma a questo punto, anche quanti tra voi soffrono di pressione bassa di primo mattino, dovrebbero essere giunti a chiedersi: ma se il problema è il blocco che Tremonti attua verso Berlusconi, perché dovremmo volerlo addirittura come premier? Niente paura, Bocchino ha già la risposta. Il problema non è Tremonti, ma l’incapacità di questo premier e di questo esecutivo a tagliare la celeberrima “spesa pubblica improduttiva”. Operazione che, assicura Bocchino, riuscirebbe ad un governo orbato dal Cavaliere e guidato da un Tremonti duepuntozero.

Tagliando la cattivissima “spesa pubblica improduttiva” (che è sempre quella degli altri, ricordate) potremmo ridurre le tasse, aprire moltitudini di asili nido per attrarre Casini e la sua famiglia, dare assistenza agli anziani; ci avanzerebbe pure qualche spicciolo per Raffaele Lombardo ed i suoi precari. Che aspettiamo, dunque? Si abbatta il tiranno di Arcore e si elevi alla gloria di Palazzo Chigi il suo Quintino Sella valtellinese. Siamo giusto in tempo per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Anno nuovo, chiacchiere vecchie. Anzi, decrepite.


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