Il mondo a corto di pane

par Rodolfo Buccico
martedì 8 febbraio 2011

La paura di non farcela

Il prezzo dei beni agricoli in tutto il mondo sta subendo un’impennata che rispecchia la coesistenza di fattori molteplici, il mondo come lo conosciamo potrebbe modificare il suo assetto di equilibri istituzionali e di nomi di comando.

La spinta al cambiamento potrebbe essere quella della sussistenza primaria soprattutto nei paesi dove il reddito è assorbito in larga parte dall’acquisto dei generi di prima necessità. Allo stato attuale sembra che contingenze straordinarie e scelte di sfruttamento alternativo delle commodities come la crescita della produzione dei biocombustibili abbiano portato ad incrementare in maniera significativa i prezzi al consumo. Negli Stati Uniti la produzione dei cereali è scesa del 6% nel 2010 rispetto all’anno precedente in relazione a mutate condizioni del clima; restando nel nuovo mondo il Brasile ha registrato raccolti inferiori alle aspettative con un’inflazione che è intorno al 6.5%, l’Argentina combina un’inflazione galoppante con una resa agricola deludente.

Spostandoci nei granai europei la Russia ha assistito una mancanza di piogge con successiva siccità di proporzioni estese che ha condotto ad un calo drastico della produzione del grano e degli altri cereali, non meglio ha fatto il vicino Kazakistan. Il subcontinente indiano ha mostrato segni inflazionistici in particolare sui vegetali come lenticchie e cipolle che sono aumentati oltre il 70% su base annua. La superpotenza cinese sta vedendo i prezzi lievitare al punto da prendere in seria considerazione la rivalutazione dello yuan ed un aumento dei salari significativo. La dittatura vietnamita ha ingaggiato da circa 2 anni una lotta serrata all’inflazione che rischia di minare quanto di buono in termini di crescita economica ha fatto Hanoi. L’Indonesia governata da una debole struttura democratica e da una vitalità finanziaria ventennale vede il prezzo del riso in salita del 30%, un elemento che potrebbe intaccare la credibilità della classe dirigente. Il paese dei canguri ha sopportato inondazioni bibliche che si sono rilevate determinanti nell’annientamento della produzione agricola ed hanno prodotto l’impossibilità all’esportazione di carbone a basso prezzo proprio nel momento in cui il petrolio supera la soglia psicologica dei 100 dollari al barile; a questo si aggiunge il costo maggiorato del trasporto alimentare che ha condotto i prezzi ancora più in alto.

I paesi dell’Africa e quelli più poveri dell’Asia e dell’America Latina sentono la minaccia della fame fino al rischio della sopravvivenza avvicinarsi e le prime avvisaglie si sono viste nei tumulti dell’area del Nord Africa, si potrebbero palesare ancor di più in paesi che dipendono per la maggior parte dall’importazione di generi alimentari dove convivono povertà, incompetenza e livelli di corruzione elevatissimi. Lo spettro di atti violenti per l’accaparramento di cibo dettati dalla disperazione potrebbero trovare risposte repressive dei governi dispotici che in larga parte detengono il potere nel mondo. I dati suggeriscono pertanto che la povertà potrebbe includere nella sua soglia milioni di persone che fino ad oggi conducevano vite al limite tra la miseria assoluta ed un tenore che garantisce il soddisfacimento dei bisogni primari.


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