Il ministro Brunetta e la SPEC (Senza Posta Elettronica Certificata) gratuita

par Giuseppe Sorgente
giovedì 20 maggio 2010

Sono uno dei tanti cittadini attenti – un po’ per vocazione (essendo un ingegnere elettronico che si occupa di informatica nella Pubblica Amministrazione) ed un po’ per curiosità – alle novità che investono il panorama della Information Communication Technology: ancor più attento quando tali novità, attinenti ai rapporti intercorrenti tra cittadino e Pubblica Amministrazione, sono tese a colmare quello che con termine usato ed abusato da noi tecnici (ma non solo) viene definito “digital divide”.
 
Ho salutato pertanto con apprezzamento ed interesse la notizia dell’accordo che il Dicastero guidato da Brunetta ha stipulato con Poste Italiane per dotare ogni cittadino che ne faccia richiesta della famosa PEC (Posta Elettronica Certificata). Il Dicastero ed il suo capo hanno ovviamente pubblicizzato diffusamente la notizia (passaggio televisivo a “Porta a Porta”), garantendo che chiunque avesse provveduto all’attivazione della PEC, avrebbe potuto ricevere ed inviare le comunicazioni alle Pubbliche Amministrazioni senza più doversi preoccupare di raccomandate con annessi bollettini da compilare, file a sportelli eccetera.

Animato dal predetto spirito di curiosità passo alla fase due: la richiesta della PEC. Questa fase si articola in due momenti: 1) registrazione sul sito con la fornitura di una serie di dati – password compresa – cui corrisponde l’attribuzione di un nome utente (coincidente con la casella di posta elettronica certificata che è del tipo nomeutente@postacertificata.gov.it) ed un codice utente; 2) stampata la schermata relativa al completamento della fase 1), si ricerca l’ufficio postale più vicino abilitato al perfezionamento della procedura, finalizzato al rilascio della PEC. Intanto dal momento in cui è stata attivato il servizio, per i due giorni successivi è stato impossibile procedere sul sito alla registrazione di cui alla fase 1). “Va bene” si dirà: l’iniziativa ha avuto un tale successo che il sito è superaffollato per cui è difficile procedere alle operazioni necessarie. E sia. Trascorsi questi due giorni, ritento e riesco a completare la fase 1). Stampo la ricevuta con i miei dati, inserisco il CAP in una finestrella del sito che consente, così facendo, di reperire gli uffici postali abilitati al servizio. Apprendo, con piacere, che l’ufficio postale del mio comune di residenza è tra questi. Mi reco presso l’ufficio postale (lettera P dell’eliminacode, quella per intenderci delle raccomandate e dei pacchi postali). Trascorsa circa un’ora dal mio arrivo, ecco il mio turno. Vado allo sportello e perfeziono la procedura (sempre avendo con me la famosa scheda stampata contenente i miei dati). Tutto a posto.

A questo punto cosa penso di fare? Configuro il mio software di gestione di posta elettronica (Outlook Express nel mio caso) per fruire finalmente di questa PEC gratuita. Faccio tutto secondo quanto indicato nel vademecum che si trova sul sito e provo ad inviarmi una mail su di un’altra casella PEC istituzionale (si tenga conto che sono responsabile del Settore informatico di una P.A.). Niente da fare! La PEC di Brunetta non va. Riprovo. Non funziona. Ricontrollo i parametri di configurazione per verificare la correttezza delle impostazioni; tutto è configurato come indicato sul sito ma la PEC non funziona. Allora penso di utilizzare la webmail del sito (in sostanza mi autentico sul sito con i miei nome utente e password per accedere all’area riservatami per la gestione della PEC). L’accesso funziona ma non si riesce a fare altro: non si invia posta e nemmeno la si riceve! Decido pertanto di contattare il call center, attivato ad hoc per fornire assistenza per questo servizio (numero verde reperibile sempre sul famoso sito). Dopo un’attesa di qualche minuto, passando attraverso i soliti messaggi preregistrati, riesco alfine a parlare con un operatore. Spiego il problema: l’operatore afferma che la PEC fornita dal governo ha un tempo massimo di attivazione dal momento della richiesta di 5 giorni. Essendone trascorsi solo un paio, decido di attendere, pensando che il problema sia questo. Arrivo al settimo giorno dall’attivazione (senza riposare come fece qualcun altro però) e, verificato che la PEC continuava a non funzionare né in trasmissione né in ricezione, richiamo il call center. Altra attesa, altro operatore. A richiesta fornisco i miei dati e cosa scopro? L’operatore (anzi operatrice) mi dice: “Signore guardi che la sua mail è attiva e funziona; ma un messaggio tramite questa PEC può essere inviato soltanto agli indirizzi inseriti nella sezione ’Rubrica PA’ che trova all’interno della sua web mail”.
 
Sbalordito vado a controllare l’elenco e cosa scopro? In questo elenco vi sono soltanto un centinaio di Pubbliche Amministrazioni: nessun Comune o quasi (Taurianova, Roma, Belluno ed un altro paio), nessuna amministrazione provinciale, nessuna amministrazione regionale, nessun ente previdenziale, qualche riferimento di forze dell’ordine, qualche ASL, qualche Biblioteca, un po’ di direzioni aeroportuali (non credo che mi capiterà mai di scrivere all’ENAC). Allora mi chiedo che senso ha tutta questa pubblicità, se poi il servizio funziona (anzi meglio funzionerebbe visto che non posso di fatto verificarne l’efficacia), ma di fatto non serve? Quanto tempo ci vorrà per riempire questa famosa “Rubrica PA” e poter, ad esempio, scrivere al proprio comune di residenza? Tanto vale spendere qualche € e comprarla in proprio la PEC, da qualche privato; questa sicuramente funziona e si può scrivere ad una qualsiasi Pubblica Amministrazione dotata di PEC (caso emblatico dell’Ente presso cui lavoro che è dotato di una ventina di PEC), senza aspettare (se mai succederà) che questa venga inserita nella lista dei “buoni” di Brunetta.

A questo punto vorrei rivolgere alcune domande al Ministro, sperando che abbia, nell’ambito del poco tempo disponibile perché troppo impegnato nell’opera di modernizzazione della P.A., un momento per rispondermi.

1) Perché millantare credito (il Ministro aveva infatti dichiarato il 14 aprile 2010 che dal 26 aprile 2010 sarebbe stata operativa la PEC per tutti i cittadini che ne avessero fatto richiesta)? Non sarebbe, e questo vale come discorso ed approccio di carattere generale, procedere per gradi? Impostare un ragionamento dicendo che si sta partendo con un progetto e che per la sua messa a regime ci vorrà qualche anno?
2) Quanto tempo dura la PEC? Perché, come si sa, ogni servizio ha un principio ed una fine sulla base del contratto, accordo che viene stipulato (è una domanda ovvia che tuttavia non ha trovato risposta quando l’ho rivolta all’operatore di sportello dell’Ufficio postale del mio Comune di residenza; la risposta è stata “Non lo sappiamo”). Per cui paradossalmente, potrebbe capitare, ammesso che la ormai mitica PEC fosse efficace, di poterla utilizzare un giorno e non il giorno dopo, senza magari capirne il motivo, che nella sostanza poi sarebbe “the end”, “game over”, fine del contratto.
3) Quanto costa questo contratto stipulato tra Ministero e Poste Italiane a ciascun cittadino, senza peraltro avere in ritorno un servizio efficiente, anzi nessun servizio?
4) In appendice alla terza domanda (nell’ottica della eliminazione degli sprechi, della duplicazione delle spese, cavalli di battaglia del Ministro), perché rifare una “Rubrica PA”, quando questa già esiste, essendo tutte le PP.AA. sono obbligate ad inserire i propri riferimenti istituzionali nel registro del DigitPa, (Ente pubblico non economico per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione nella Pubblica Amministrazione, sito istituzionale www.digitpa.gov.it), consultabile attraverso il predetto sito, ovvero direttamente tramite il link www.indicepa.gov.it?

Ed infine un dubbio … Mica per caso stilando questa sorta di lista dei “buoni” della P.A. si intende, in qualche modo controllare le comunicazioni delle persone? La perplessità manifesta, e me ne scuso, fa parte di un mio retaggio orwelliano.
 

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