Il lavoro uccide l’uomo

par l’incarcerato
martedì 30 giugno 2009

ARTICOLO 41 : "L’ iniziativa economica privata è libera. Non può svolgere in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana"

Il lavoro è importante per l’uomo, ti permette di vivere, di non sentirti inutile, di ricoprire un ruolo nella società, forse ti nobilita anche come diceva la famosa scritta che accoglieva i deportati di Auschwitz. Ma il lavoro che ti nobilita, può anche ucciderti.

Fino a qualche mese fa, dopo la strage della ThyssenKrupp, i media hanno "scoperto" che i morti sul lavoro sono una vera piaga del nostro Paese. Poi è calato di nuovo il sipario e tutto è come prima, se non peggio.

Esistono le morti immediate e quelle a lungo termine, perchè lavorando puoi anche morire lentamente.

Altro che lavorare con lentezza come si diceva negli anni di protesta quando uno straccio di ideale esisteva ancora, qui si con lentezza si muore solamente.

Sono tantissimi quelli che muoiono per causa del lavoro, ma non "sul" lavoro. Muoiono perchè il loro corpo è stato irrorato da agenti chimici e, il problema, è che la malattia mortale si manifesta a distanza di anni. Con la conseguenza che risulta difficile dimostrare la sua correlazione con il lavoro e con il luoghi di lavoro che magari non esistono più.

Sono morti invisibili, sono senza un rumore di schianto, che di solito non gli dedicano nemmeno un trafiletto in una cronaca locale.

Il lavoratore è considerato una macchina che deve produrre il più possibile, non viene considerato in quanto "uomo", nessuno interessa se la sostanza con cui lavora è cancerogena o meno. Vi ricordate l’amianto? La sua dannosità era stata riconosciuta addirittura nel 1932 quando alcuni operai americani avevano fatto causa alla loro ditta.



In Italia solo nel 1992 ne hanno vietato l’impiego. Il risultato è che ogni anno, nel nostro "Bel Paese", muoiono più di tremila persone che sono state in contatto con l’amianto. L’epicentro è la Venezia Giulia, perchè lì ci sono i cantieri navali di Monfalcone, tutto era fatto in amianto. In quella regione, più o meno tutte le famiglie hanno il morto a causa di quel materiale.

Le fibre di amianto ti penetrano nella pleura, poi d’un tratto, anche a cinquant’anni di distanza, si risvegliano e ti annegano di liquido in un mese.

E oggi? Oggi hanno sostituito l’amianto con un altra sostanza riconosciuta dagli studiosi lo stesso come cancerogena: lana di roccia e lana di vetro. Ma come al solito dovremmo aspettare i morti, poi forse tra quarant’anni anche questi matreriali verranno messi la bando.

Per le morti immediate mi è difficile scrivere tutto in un articolo, però un dato importante ve lo devo dare: non dovete credere che le morti bianche siano diffuse nelle grandi imprese, ma dovete diffidare da quelle maledette imprese a "conduzione familiare".

Grazie agli appalti, queste imprese che hanno in media tre operai, devono fare il lavoro il più veloce possibile e a minimo costo per vincere le gare, e dove tagliano le spese? Al materiale non è possibile perchè sul mercato hanno un prezzo e da quello non si può prescindere, e quindi recuperano i soldi dai lavoratori (che li facciano lavorare in nero o li assumano con contratti par-time, ma nella pratica lavorano come se fosse a tempo pieno), e tagliando i costi alla sicurezza.

Sono le imprese a "conduzione familiare" che ricattano il personale, che lo fanno lavorare duramente e rischiare la vita. Sono gli imprenditori di queste microimprese che diffondono la cultura della non sicurezza, sono loro che invogliano gli operai a non perdere tempo con le protezioni. Perchè in effetti, le protezioni per gli operai, la costruzione di ponteggi adatti per la sicurezza, ostacolano la "produttività" !

Perchè la sicurezza sul lavoro fa da freno all’economia di mercato, e la vita di un uomo vale solo pochi euro.


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