Il lato sinistro di Fini

par Riciard
martedì 19 maggio 2009

In Italia siamo malati, gravemente malati, e in molti ala ricerca di antidoti improbabili.

Siamo talmente malati nell’emisfero a sinitra della politica, da consegnare nelle mani di Di Pietro (che stimo, per carità), uomo di destra sociale, tutta l’opposizione ad un governo che è di destra.

Situazione che definire paradossale è un eufemismo.


Siamo talmente malati nell’emisfero a sinistra del planisfero politico, che oltre a credere che Di Pietro sia di sinistra solamente perchè porta avanti la bandiera della legalità, c’è addirittura chi è arrivato a credere che la fusione a freddo di un ex partito comunista con un residuo bellico, ma non belligerante, della democrazia cristiana potesse impersonificare la sinistra in Italia.



C’è chi è andato oltre, e vedendo che questo strano golem di vangelo e falce senza martello e senza perchè vacillava sotto le critiche interne ed esterne, ha cercato di riprendersi quel poco di sinistra che cascava a grappoli sotto i colpi del martello. Ed ha ben pensato che la sinistra potesse essere rappresentata da un solo simbolo, falce e martello, come se fosse una preghiera, come una poesia, a cui rispondere Amen.

Costui, di nome Dilibero, pensava davvero che il gioco democratico potesse essere impersonificato da una mummia russa.

A raccontarle sembrano cazzate, e invece è pura verità.



Ma siamo ancora più malati.

C’è chi va oltre il golem, chi va oltre la legalità, chi si spinge più in là dei passi incerti mossi verso una Russia che non esiste nemmeno più, c’è chi si è spinto verso lande sconosciute alla sinistra, salutando in Fini un nuovo eroe e campione democratico.

Da destra e da sinistra, da entrambe le parti con lacrime di opposto sapore e non senza ironia, in molti hanno salutato il "compagno" Fini.

Gianfranco Fini era un ragazzo che ha deciso il proprio impegno politico solo perchè non riusciva ad entrare dentro a un cinema ("Non avevo precise opinioni politiche. Mi piaceva John Wayne, tutto qui. Arrivato al cinema, beccai spintoni, sputi, calci, strilli perché gli estremisti rossi non volevano farci entrare. E così per reagire a tanta arroganza andai a curiosare nella sede cittadina della Giovane Italia."). Se quel giorno il cinema fosse stato bloccato da militanti della Lav sarebbe diventato probabilmente cacciatore. Se a urlare davanti alla sala fossero stati i milanisti, Fini probabilmente sarebbe andato a "curiosare" all’interno della curva neroazzurra.

Comunque sia il giovane Gianfranco, entra nel fronte della gioventù e ne diventa leader in men che non si dica, e per volontà dello stesso Almirante. A quanto sembra, Giorgio Almirante cercava un uomo giovane, capace di disancorarsi dal fascismo, che credesse e alimentassi i valori costituzionali per dare un futuro democratico alla destra.

Fu così che la destra sociale, poi democratica e non più storica, non più fascista, stando almeno alla volontà di fondazione, confluisce in quella giovane e già defunta alleanza che con un po’ di presuntuosità chiamarono "nazionale".

Non si sa come, con grande abilità politica Fini ci riesce. Riesce a farsi "tollerare" per non dire apprezzare da Israele stessa, riesce a riabilitare il ruolo della destra in Italia, c’è da dirlo, non senza merito del partito "pigliatutto" berlusconiano, che lo culla come alleato.



Da lì, dopo alcune legislature, l’idea, forse presa in prestito da Fausto Bertinotti: il massimo della credibilità un politico la raggiunge quando riesce a rappresentare in una carica statale, lo Stato, la nazione, i cittadini. Bertinotti lo capisce forse poco prima di lui, è tempo di svecchiare la sinistra, di presentarla europea, di rileggersi e magari preparare al strada ad un nuovo delfino (Vendola), e litiga a piene mani per arrivare al ruolo di Presidente della Camera.

Ci sta poco, il Fausto, un annetto o poco più, e non piace a nessuno, né a sinistra ("ma non dice nulla?!"), né a destra ("è un comunista").


Gli italiani proprio non volevano capire che lui, faustino, aveva le mani legate, dovendo rappresentare lo stato, non poteva sbraitare, non poteva urlare, non poteva boicottare il governo, doveva stare nel mezzo. Questo a sinistra non è piaciuto per nulla, forse in Toscana ed in Emilia sognavano un presidente della camera pazzoide che andasse a sventolare la campana in faccia ai fascisti, non saprei. Fatto sta che anche a una mia stessa mail rispose confuso ed un po’ arrabbiato che io gli stavo parlando "come a uomo di cui si conosce la fede politica, non come a un presidente della camera".

Faustino non piacque a nessuno, lui ci provò, molto intelligentemente, ma nessuno lo capì. Forse per merito stesso suo, ai posteri la sentenza.

Gianfranco Fini non piace come Ministro degli Interni, piace poco come Ministro degli Esteri, ma come presidente della camera se lo contendono tutti.

Non c’è persona in Italia che ad oggi non parli di Fini come "uomo politico nato", o che oppure dica "sa parlare, è un grande oratore". Alcuni si sbilanciano in "E’ lo stesso che sedeva accanto a Le Pen, lo stesso che faceva il saluto fascista, ma meglio lui di Berlusconi".

Diciamo che almeno fino a poco tempo fa non è che piacesse, sembrava il male minore per chi guardava a sinistra.


Oggi.

Oggi siamo talmente malati che ci sforziamo, a sinistra, di trovare un antidoto anche sotto il ciarpame. Chiamiamo "compagno" Fini. Io non ho nulla contro Fini, sono contento che l’Italia possa avere a destra un rappresentante democratico, che non pensa al fascismo, che è contro la dittatura (o si dimostra, per me è uguale). Anzi, se riuscisse finalmente a scalzare l’omuncolo che impropriamente ne impedisce l’emergere, sarebbe anche meglio.

E’ solo che Fini non è di sinistra. Come Di Pietro.

Siamo così abituati a pensare che la politica sia un gioco sporco che appena uno dice una cosa non "bella", semplicemente "legale", tutti ridiamo contenti.

Siamo malati, lasciate che lo dica.


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