Il grande riciclaggio del risparmio europeo
par Phastidio
mercoledì 23 ottobre 2024
Il tasso di risparmio europeo aumenta, a causa di crisi e incertezza. Una parte di esso defluisce verso gli Stati Uniti e torna a riversarsi sul continente, sfruttandone la frammentazione
Secondo dati pubblicati nei giorni scorsi da Eurostat, in Eurozona il tasso di risparmio delle famiglie nel secondo trimestre 2024 è stato del 15,7 per cento, massimo degli ultimi tre anni, contro il 15,2 per cento del primo trimestre, in conseguenza di una crescita del reddito disponibile lordo dello 0,8 per cento a fronte di consumi in aumento dello 0,2 per cento. Nello stesso periodo, il tasso di investimento delle famiglie (relativo soprattutto all’acquisto di immobili) è sceso dal 9,3 al 9,2 per cento.
Risparmio in crescita in Eurozona, in calo negli USA
Il Financial Times osserva che il tasso di risparmio europeo è ora superiore a quello del periodo pre-pandemico, stimato al 12,3 per cento nel periodo 2010-2019. Una chiara divergenza rispetto agli Stati Uniti dove il tasso di risparmio, pur non immediatamente comparabile per metodologia di calcolo, nel secondo trimestre era al 5,2 per cento del reddito lordo disponibile, a fronte di una media 2010-2019 del 6,1 per cento.
Non è esattamente una novità che il consumatore statunitense sia da sempre il motore della crescita del paese, aiutato da da una marcata tendenza all’indebitamento. Quindi, esistono e soprattutto pre-esistono differenze tra le due aree. Ma le tendenze contano, quella attuale è, come detto, divergente, e impone qualche riflessione.
Si è osservato che il tasso di risparmio europeo potrebbe essere stato incrementato, tra le altre cose, dal fatto che in Eurozona i mutui tendono ad essere più brevi di quelli contratti negli Stati Uniti, oltre che con maggiore incidenza di tasso variabile, e questo potrebbe aver costretto ad aumentare i risparmi. Al contempo, si osserva che in Europa le famiglie investono maggiormente in immobili rispetto a prima della pandemia, e anche questo può aver concorso ad aumentare il tasso di risparmio.
Anche il fatto di trovarsi una guerra (anzi, due) alle porte di casa ha giocato un ruolo, e occorre anche includere la crisi strutturale tedesca per avere un quadro non esattamente favorevole a stimolare l’ottimismo. L’Ocse prevede che il tasso di risparmio armonizzato, al netto degli investimenti di capitale, resterà in Eurozona (ma anche in Regno Unito) superiore a quello pre-pandemico per almeno un altro anno. Ferma restando la cautela metodologica di serie storiche, quelle di consumi e investimenti, che sono soggette a revisioni spesso ampie.
Questa maggior produzione di risparmi da parte degli europei deve trovare opportunità di investimento. E qui veniamo al punto dolente richiamato da quanti ambiscono a creare un mercato unico realmente integrato, soprattutto dal punto di vista dei capitali. Altrimenti, si argomenta, il risparmio europeo defluisce verso gli Stati Uniti.
Gli europei risparmiano e gli americani ne traggono beneficio, finanziando il proprio deficit commerciale e la propria imprenditorialità. Ma realizzare un mercato unico europeo dei capitali è condizione certamente necessaria ma non sufficiente per trattenere una quota crescente di risparmio e incanalarlo verso iniziative europee. Serve anche una deregolamentazione trans-frontaliera più incisiva, che tuttavia sbatte contro le resistenze nazionali. L’ho già detto, lo ripeto: cosa è “risparmio domestico” in Ue? Quello degli Stati-nazione presi singolarmente o quello aggregato dei partecipanti all’Unione? Temo che questa sia una domanda retorica, e che tutti conosciamo la risposta.
Venture capital USA in Europa
Per coincidenza ma non troppo, oggi sempre dal Financial Times apprendiamo che quest’anno capitali statunitensi hanno fornito più del 65 per cento dell’investimento in venture capital tech nella Difesa raccolto in Europa, contro il 18 per cento dell’intero 2023. In soldoni, 458 milioni di euro quest’anno. Dal 2018, il venture capital del settore tech nella Difesa ha raccolto 3 miliardi di euro, di cui 87 per cento attratto da Francia, Germania e Regno Unito. Il settore Difesa tech europeo rappresenta 1,8 per cento del funding totale del venture capital in Europa, ed è triplicato dal 2022, anno spartiacque con l’invasione russa dell’Ucraina.
I numeri assoluti non sono altissimi ma il caso è rappresentativo delle criticità europee. A fare la parte del leone dei capitali è stata la società tedesca Helsing, basata a Monaco e attiva in applicazioni software assistite dall’intelligenza artificiale, che in estate ha realizzato un fundraising per 450 milioni di euro (portandone la valutazione a quasi 5 miliardi di euro), guidato dagli americani di General Catalyst, Accel e Lightspeed. L’assenza di un mercato unico sul procurement e relativa legislazione, oltre all’ovvia eterogeneità di lingue e soprattutto di interessi nazionali, ostacolano gli sviluppi domestici (in senso di europei) di simili iniziative.
Un riciclaggio da svantaggio
A questo, fino a poco tempo fa, si sommava la riluttanza dei venture capital europei a investire nel settore della Difesa tech, per remore etiche e legate alla cornice ESG degli investimenti, che sta infliggendo danni non lievi a un continente che ha già problemi importanti. Ora, qualcosa si muove nel senso di allentamento dello stigma a investire, ma la segmentazione dei mercati nazionali resta. E questo gioca a favore di grandi realtà come quelle americane, che peraltro possono contare su parte di quegli stessi flussi di risparmio europeo defluiti dal continente. E il cerchio si chiude.
Quindi, per riassumere: il tasso di risparmio degli europei aumenta, per l’incertezza che avvolge il continente; parte di quel risparmio defluisce alla ricerca di opportunità che un mercato interno frammentato e paralizzato da rigidità istituzionali, normative, culturali, non consente agli investitori e giunge negli States, dove viene impiegato in attività di quella regione. Ma una parte torna in Europa, con gli investitori americani che agiscono su singole realtà nazionali e colgono fior da fiore le imprese più promettenti. Col corollario di potenziale drenaggio di know-how. E il cerchio si chiude, con questo “riciclaggio” di risparmio europeo.