Il fantasma militare sull’Egitto diviso
par Enrico Campofreda
venerdì 28 giugno 2013
Tamarod - I ribelli preparano i quattro e forse più giorni di protesta contro il presidente Mursi partendo dalla data simbolo del 30 giugno: un anno di potere diventato amarissimo per lui e la Fratellanza Musulmana. La quale rintuzza e appronta oggi un venerdì di preghiera e sostegno che può portare a mille la tensione com’è accaduto a Mansoura, Delta del Nilo, con scontri fra fazioni, morti e tanti feriti.
Dal 7 dicembre 2012, quando nei dintorni della dimora presidenziale di Al-Ittihadiyah le piazza laica e islamica si presero prima a pugni poi a fucilate tutto è diventato più difficile per il governo e per l’Egitto. Il filo, già teso, fra le spinte prodotte dalla Confraternita salita al potere e gli altri poteri del Paese - Forze Armate e Magistratura su tutti - si spezzava definitivamente col varo della nuova Costituzione e il conseguente decreto presidenziale che l’ha resa esecutiva.
I partiti islamici acceleravano, è vero, ma gli avversari frenavano boicottando l’Assemblea Costituente, a loro dire troppo orientata verso una “Coranizzazione” del Paese con punte in odor di Sh’aria. Su quest’importantissimo passo della vita nazionale che voleva archiviare l’era Mubarak s’è concentrato per mesi il braccio di ferro fra islamisti e laici, sia quelli sinceramente innovatori sia i nostalgici del vecchio regime che avevano contrapposto Shafiq a Mursi.
E se un anno fa le aspettative di cambiamento, pur marcate dalle prediche delle eminenze musulmane vicine alla Fratellanza, erano diffuse fra la popolazione, il feeling che aveva segnato il successo elettorale dei partiti della Libertà e Giustizia e Al-Nour è gradualmente scemato. Colpa dei nervi tuttora scoperti che riguardano investimenti, distribuzione di risorse solo ipotizzate, lavoro e sicurezza.
Mursi da neo-eletto ha compiuto una doppia mossa che controbatteva le scelte del potere giudiziario giunto a sciogliere un’Assemblea del Popolo dove i deputati islamici vantavano un’amplissima maggioranza. I magistrati offrivano un’interpretazione retroattiva delle norme elettorali e questo scaldò non poco gli animi. Il presidente riunì ai primi di luglio 2012 quel Parlamento, aprendo una diatriba di potere. Lui e la Suprema Corte si rimpallavano accuse d’ingerenza.
La seconda mossa fu meno lacerante: pensionamento anticipato per due pezzi da novanta della lobby militare, Tantawi e Anan. L’iniziativa non dispiacque all’intera Tahrir anche laica che dipingeva i due graduati come spettri macchiati del sangue dei martiri della Rivoluzione del 25 gennaio. Certi osservatori sostennero che sulla gerarchia prescelta, guidata dal generale El-Sissi, si consumava una specie di compromesso fra la nuova leadership e una forza inamovibile nella vita politica del Paese.