Il fantasma di Mubarak su un Egitto diviso in due
par Enrico Campofreda
giovedì 14 giugno 2012
Per due giorni consecutivi le voci lo davano spacciato: condannato a morte dalla natura anziché dai giudici. La rianimazione, la visita dei figli scampati alla galera e della consorte Suzanne risollevano le condizioni di salute del vecchio faraone. Lui resta vigile sull’ultimo scontro fra la coppia che si contende lo scranno dov’era rimasto seduto per trent’anni. Il fantasma di Mubarak aleggia sulle battute finali d’una campagna infuocata, seppure in questi giorni senza le fiamme di piazza, più per quello che succederà dopo il voto di domenica che per quanto è accaduto la scorsa settimana con la sentenza solo carceraria. Chiunque dovesse vincere (l’anziano delfino del regime Shafiq o l’islamico Mursi) dovrà fare i conti con l’altro Egitto che desidera l’esatto contrario di quanto vorrà fare il presidente in carica. I sondaggi sono aperti e opposti, non solo quelli della propaganda occulta pilotati dai due schieramenti. Se si osserva l’effetto chiusura col passato potrebbe vincere Mursi, ora anche Ahmed Maher, uno dei leader del Movimento 6 Aprile, ha dato l’indicazione ai suoi di convogliare sul candidato della Fratellanza una preferenza da “meno peggio”. Se si parla di sicurezza Shafiq calamita un’infinità di voti in maniera trasversale.
Ormai bisogna scegliere, e quei laici progressisti che non amano né l’uno né l’altro candidato, bollando entrambi come fautori di un “fascismo-militare o un fascismo-religioso”, dovranno turarsi il naso e votare. Oppure astenersi ancora e vedere un presidente comunque eletto, anche con basse percentuali d’affluenza che invece non sono previste. Anzi.
L’anti-islamismo politico resta un punto fermo di una metà dell’Egitto che va alle urne e di quello che lo rappresenta, infatti mentre veniva presentata una nuova lista dei 100 membri dell’Assemblea Costituente già si riaccendevano polemiche sul rilanciato monopolio islamico. In quella lista stavolta i parlamentari della schiera musulmana sono 27, ma anche fra i professori, gli esperti legali, le figure pubbliche e i giovani, i pensatori e scrittori gli anti islamisti trovano una schiacciante maggioranza che s’opporrebbe a uno Stato secolare. Le donne in lista sono solo sette, col tacito assenso del tradizionalismo laico e confessionale. Il percorso costituzionale appare ben più contrastato del conflittuale passo della presidenza.