Il falso liberismo dei regimi, dal Nord Africa al Medio Oriente

par Libero Mercato
lunedì 11 aprile 2011

"I componenti del consiglio del Fondo si congratulano per la buona performance macroeconomica della Libia e il progresso nel rafforzare il ruolo del settore privato".

Non è un dispaccio di agenzia di inizio secolo, ma le testuali parole di un rapporto pubblicato il 15 febbraio 2011.
 
Due settimane dopo, l'apprezzabile regime di Gheddafi si ritrovò i caccia occidentali su Tripoli.
 
Gli stessi encomiabili riconoscimenti, gli ex funzionari di Fmi e Banca Mondiale li hanno tributati nei confronti della Tunisia di Ben Alì, paese dal quale migliaia di migranti fuggono verso Lampedusa per le disperate condizioni economiche.
E' evidente che i regimi nordafricani, come quelli arabi, cercano di darsi una facciata di credibilità economica, forzando o annunciando riforme strutturali che non vengono mai attuate (e giocando sulla sensibilità credulona degli analisti finanziari).
 
In Egitto come in Tunisia i salari medi sono 400-500 sterline egiziane, circa 60 euro, molto al di sotto della soglia di sopravvivenza di una famiglia, fissata in circa 1.200 sterline (150 euro).
 
Sono i motivi economici, insieme alle rivendicazioni politiche, che hanno naturalmente dato il via alla così detta primavera araba, dove i regimi da anni programmano liberalizzazioni di facciata, utili solo a favorire i ristretti gruppi di potere stretti intorno alla famiglia dei rais di turno.
 
Quando alla fine degli anni Ottanta crollarono gli esperimenti socialnazionali del partito unico (il Baath in Iraq o Il Fronte di Liberazione Nazionale in Algeria) i partiti al governo di Assad in Siria e Mubarak in Egitto si diedero una verniciata ingannevole di capitalismo, con il fine unico di esercitare una stretta politica ed economica sulla società attraverso un imponente apparato di sicurezza composto dai generali dell'esercito e dai servizi segreti.
 
A tenere in piedi il regime siriano di Bashar Assad, ad esempio, sono gli alti ufficiali di cui l'ha circondato il padre, così può continuare a promettere riforme senza mai attuarle, poichè il sistema autoritario non accetta alcun mutamento.
In Algeria non esiste un vero commercio estero o un mercato interno, maè tutto controllato dai generali del gas, del petrolio, della farina o delle telecomunicazioni, che distribuiscono appalti e relative tangenti.
Il sistema Nordafricano è lo stesso che vige tra le monarchie nel Golfo, in Marocco o in Giordania, che considerano i rispettivi paesi una proprietà privata della Corona.
 
In Marocco, il "modernista" Mohammed VI, in una nazione con i salari medi sotto i 1.200 euro, è proprietario dell'80% delle terre arabili e attraverso la sua holding Ona controlla più del 50% del sistema economico e bancario.
Il "comandante dei credenti", discendente del Profeta, dal 2000 al 2009 ha quintuplicato la sua ricchezza, secondo la rivista "Forbes", diventando il più grande imprenditore del paese, con la facoltà di auto-esentarsi dalle tasse fino al 2014.
 
Fenomenale la ricetta economica di Mubarak di varare anni fa l'aliquota fiscale unica al 20% per i redditi sopra i 15.000 euro: regalino ad un manipolo di miliardari.
 
Il resto è storia di questi giorni.
Per quanto riguarda il petrolio della Libia, si tende sempre a citare i contratti di Eni e Total, ma si dimentica che delle 15 maggiori concessioni petrolifere ben 11 sono state assegnate a società americane e lo stesso Gheddafi ha investito 33 miliardi di dollari negli Usa.
 
Adesso i regimi arabi totalitari corrono ai ripari aumentando stipendi pubblici e stanziando sovvenzioni ai poveri per combattere la disoccupazione: l'Arabia Saudita ha promesso un piano sociale da 25,6 miliardi di euro, il Bahrein una sovvenzione di 1.800 euro per famiglia, in Kuwait annunciati aumenti del 150% degli stipendi pubblici, in Siriapromesso lo stanziamento di un fondo da 187 milioni di euro per i poveri e via discorrendo con analoghi intenti in Marocco, Giordania, Oman e Yemen.
 
Tutto nel disperato tentativo di spegnere i focolai di protesta della primavera araba, ma ciò che servirebbe davvero al Medio Oriente è diricostruire alla radice lo Stato arrugginito, abbattere i monopoli e le rendite di posizione delle elitè al potere, per avviare una vera fase di liberalizzazione del sistema.

Leggi l'articolo completo e i commenti