Il fallimento che si chiama Europa

par Carlo Santi
venerdì 12 aprile 2013

Italia, Cipro, Ungheria, Bulgaria: molti cittadini dell'UE non hanno più fiducia nei confronti dei propri governi. L’Europa, però, è sempre più forte e riesce a condizionare troppo gli Stati membri che delegano, sempre più, la propria sovranità nazionale alle regole della troika.

Così facendo, però, l’economia crolla e la disoccupazione aumenta in modo esponenziale. Credo sia giunto il momento, per la UE, di rimediare prima che sia troppo tardi, altrimenti si rischia il vuoto istituzionale e politico delle nazioni. I segnali di allarme politici sono molto forti, ormai sono troppi quei paesi europei che rischiano un fallimento del governo nazionale.

In Italia la metà degli elettori votano per l’antipolitica e l’astensionismo. A Cipro è stato appena eletto un governo che dovrà gestire un paese sull’orlo della bancarotta. In Grecia aumentano sempre più coloro che si avvalgono delle mense dei poveri e abbandonano i figli negli orfanotrofi perché non riescono ad accudirli.

In Ungheria Julia Kiraly, vice presidente della Magyar Nemzeti Bank, la banca centrale del paese, ha presentato le sue dimissioni dall’incarico per protestare contro i cambiamenti dannosi nella politica monetaria messi in atto dal capo del governo. In Bulgaria tutto il governo si è dimesso e il popolo insorge con proteste di massa contro la corruzione e l’incapacità dimostrata dalla classe politica.

Sulla Spagna gravano ancora squilibri economici eccessivi a causa dell’indebitamento privato mentre il tasso di disoccupazione supera il 27 per cento. In Portogallo il premier Pedro Passos Coelho ha annunciato tagli drastici alla spesa pubblica dichiarando che verranno prese misure per “contenere la spesa pubblica nei settori della sicurezza sociale, della sanità e dell'educazione”.

E se ItaliaSpagnaCipro, Bulgaria, Grecia, Portogallo e Ungheria sembrano formare l’elenco di quelli messi peggio, FranciaBelgioGran Bretagna, Irlanda e Slovenia sono quelli posti sotto osservazione e l’elenco, a breve, rischia di diventare ancora più esteso. L’Europa è costruita sul presupposto che le istituzioni nazionali siano assolutamente funzionanti, ma questo esiste solo in un piccolo angolo del nord Europa. Altrove ci sono solo diverse fasi di fallimento.

Un recente sondaggio, curato dal servizio di analisi sull’opinione pubblica e gestito dalla Commissione europea, ha valutato la fiducia della gente nei confronti del proprio governo, queste le percentuali statistiche elaborate: Bulgaria – 25% * Italia – 17% * Cipro – 16% * Spagna - 11% * Grecia – 7%. Secondo l'ultima indagine di Eurobarometro, una sorta di Istat europeo, la fiducia nei confronti dei parlamentari va anche peggio, ma questo vale anche per la Germania, la Francia e persino l’Austria. In pratica, tutte le grandi istituzioni democratiche non se la passano meglio.

È in atto una drammatica perdita di fiducia nell’Europa e molte idee antieuropeiste stanno prendendo sempre più piede nei confronti della cittadinanza. Nessuno si fida più dell'Europa, soprattutto di questa UE così rigida, ostaggio delle richieste imposte sempre e solo dalla Germania

Ma, nonostante la contrazione economica e la disoccupazione di massa, l’Europa sembra essere ancora la terra promessa del benessere e, purtroppo, pare che la pensino così proprio quegli europeisti che sono insoddisfatti all’interno della loro rispettiva nazione. E pensare che i principi della UE, stabiliti nel patto di Copenaghen del 1993 dai paesi fondatori, sono, anzi, dovrebbero essere: democrazia, Stato di diritto, diritti umani, protezione delle minoranze, lotta contro la corruzione.

Quanto di questi principi sono stati applicati, e non solo in Italia?

La Bulgaria e l’Italia, solo per fare un esempio, si trovano nell’indice della corruzione globale di Transparency International al pari della Liberia, mentre la Grecia è sullo stesso piano di Gibuti. L’Europa funziona come una confederazione di Stati membri, le sue direttive non sono vincolanti ma, di fatto, sanziona pesantemente se non vengono rispettate. È uno Stato nello Stato e, per questo, risulta responsabile delle politiche assunte e condivide, alla stessa stregua dei suoi membri, i loro fallimenti.


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