Il "duro" lavoro dei vigili milanesi (non tutti per fortuna!)

par maurizio
lunedì 24 novembre 2008

Due vigili urbani di Milano hanno passato oltre un’ora imboscati in un bar. Piccolo reportage con foto.

MILANO - 19 novembre 2008 ore 17,02 - Due agenti della polizia locale di Milano sono sbucati da una delle gallerie laterali che sfociano su corso Buenos Aires. Una sistemata ai pantaloni e sono balzati veloci sul marciapiede ingombro di acquirenti probabili ed effettivi dei vari negozi. “Vuoi vedere che stanno per fare qualche azione?” mi son detto! Incuriosito, mi son messo a seguirli, dapprima con gli occhi per cercare di capire con chi avevo a che fare: erano uno alto ed uno basso;  l’alto, scasciato con giaccone aperto, senza manganello ed un cellulare perennemente all’orecchio; il basso ben abbottonato, manganello bianco e pistola, sorridente e che si guardava lo spilungone come se fosse il suo leader. Non certamente begli esemplari di uomini d’ordine, alla fin fine.

 

Hanno preso a camminare veloci. Veloci verso un gruppo di neri che di fronte ad Euronics, con i soliti lenzuoli per terra, vendevano borse di vere false marche: quelle che sembrano così vere come fossero uscite dagli stessi depositi dove cinesi e napoletani cuciono quelle “vere”. Comunque. Questi due temerari - i venditori di borse sono molto pericolosi e veri delinquenti in nuce - vanno verso i neri. I neri, al vedere due divise arrivare, cominciano ad agitarsi, forse memori del fatto che nel loro paese (il Terzo Mondo) probabilmente se li beccano come minimo li menano. I due poliziotti vanno verso il primo e cominciano con lui una breve conversazione. Tira e molla, il nero rimette per terra le sue borse di “Prada” e “Dolce e Gabbana”. I due poliziotti locali se ne vanno. Che si saranno detti? Probabilmente qualcosa come “tengo famiglia” detto tra il senegale/burundese ed il meneghino. I passanti avranno visto due ghisa parlottare con degli illegali e poi, italicamente, venir meno al loro dovere. Ma l’Italia è così.

I due ragazzotti in divisa riprendono a camminare sul marciapiede, sempre con una strana veloce andatura: come se dovessero andare a qualche parte. Il lungo che “faceva strada” ed il basso che se lo guardava compiaciuto e lo seguiva. Che faranno adesso, mi domandavo? Sfilavano veloci sul marciapiede con una copia delle offerte di Euronics in mano ed prendono una copia del free-press “24 Minuti” nell’altra. Ma ndò vanno così di prescia? Dopo qualche minuto, svelato l’arcano: multe, ciò che di più semplice si può fare in questa professione. Passano sull’altro lato di C.so Buenos Aires e cominciano a girare tra le macchine parcheggiate, i furgoni in scarico, le doppie file di frecce accese. Qualche chiacchiera qui, qualche chiacchiera la. Una chiacchiera con una macchina della Polizia Locale che passa dal corso. Forse è questo quello che devono fare.

I due, il lungo ed il corto (manca il “Pacioccone”), ritornano su questo lato di C.so Buenos Aires e, sempre in maniera spedita e veloce, entrano in galleria corso Buenos Aires: scansano qualche pedone, sfiorano le bancarelle di libri della galleria ed entrano nel bar all’angolo: un caffè non si nega a nessuno. Aspetto fuori, penso solo per qualche minuto. Ma anche per un caffè lungo il tempo è troppo. Entro anche io a vedere. I due ragazzotti sono seduti nella saletta accanto, via il berretto dalla testa (son educati) e si stanno rilassando chiacchierando.

Sono entrati alle 17,25 circa. Ok, forse avranno camminato troppo. Cinque minuti di pausa “se po’ fa”. 

Le 17,35: ormai son 10 minuti abbondanti che son dentro tranquilli: ma avranno per caso finito il turno? Boh, non posso certo andare a chiedere: “Scusi, sono un giornalista. Ho visto che siete in divisa e seduti da 15 minuti in un bar invece di lavorare. E’ normale?” . Non mi resta che aspettare. Prendo un free-press anche io e mi siedo al tavolino esterno a curare le due uscite: voglio vedere che cavolo faranno ’sti due qui.

Le 17,47. Nessun cenno di uscita dal bar. Dalla vetrina semi opaca, spicca la giubba con scritto “Polizia Locale”. Meno male non mi sono sfuggiti: non sono mica Sherlock Holmes io! Però mi domando: “Ma non pensano alla gente che li vede e si chiede che fanno due poliziotti in divisa in un bar”? Probabilmente non se lo domandano ed alla gente non frega niente.

Mentre attendo, leggo sulla free-press che si parla delle ronde dei cittadini e della protesta dei funzionari di polizia per questo “debuttanti allo sbaraglio”. Magari saranno debuttanti, penso io. Ma questi due qui dentro che sono , invece?

Sono le 17,59. Ho il serio dubbio di avere preso un granchio: il Lungo ed il Corto devono essere fuori servizio! Non è possibile siano dentro da più di mezz’ora essendo in servizio. Vado via? Ma no, sono tenuto moralmente a vedere come va a finire. E poi devo anche mettere la parola “fine” al pezzo. Il free-press mi aiuta a passare il tempo e meno male non fa troppo freddo fuori. Leggo di via Paolo Sarpi e della richiesta dei commercianti di interventi della Polizia Locale per far rispettare l’ordinanza sul divieto di transito/scarico ecc ecc. Certo che se ci mandano sti due qui, stiamo freschi!

Leggo e Controllo: che magari non escano da qualche altra uscita, qualora ci fosse.

Sono le 18,40: i due dipendenti comunali in formato poliziotti locali escono dal bar. Minchia: più di un’ora di caffe/thé/cappuccino? Ecco perché mi sono letto tre volte il giornale: è un mare di tempo.

Escono e pacati vanno lungo la galleria del corso verso il tabaccaio all’angolo: è tempo di giocare la schedina. Ormai faccio il loro cronometrista ufficiale: escono dal tabaccaio alle 18,47. Non mi ero mai reso conto che per giocare una schedina ci volessero almeno 7 minuti.

Sono le 18,49. Rientrano su corso Buenos Aires e tirano fuori il libretto delle multe (credo sia quello). Girano tra un paio di macchine in doppia fila, fanno una multa ad un Kangoo parcheggiato (ma poi forse la ritirano perché il proprietario li consulta). Fanno questa pantomima per un paio di minuti.

Sono le 18,56, infatti, e scendono giù per le scale della metropolitana. Passano accanto al controllore con un saluto e si avviano in direzione di Sesto San Giovanni.

Avrei voluto seguirli, ma non avevo biglietto ed avrei dovuto fare il “portoghese”. Certo ero curioso di vedere chi fossero questi due veri falsi agenti.


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