Il deserto della politica, perché al momento il non-voto è il primo partito italiano

par Voltaire
sabato 22 settembre 2012

Desolazione: è questo lo scenario che si apre al cittadino italiano che alle prossime elezioni si accinge a votare, con la tentazione difficile da contrastare di rimanere a casa, convinto che il non-voto sia la miglior risposta al degrado in atto. Allo stato attuale infatti nessun partito, nessun movimento, nessuna coalizione appare abbastanza strutturata per accettare le sfide che bisognerebbe cogliere. Nonostante la parentesi del governo tecnico che doveva servire a riorganizzare dall’interno le formazioni politiche, nessuna opzione appare all’altezza di un potenziale voto. Tutti i partiti sono dilaniati al proprio interno, e difficilmente rappresentano e rappresenteranno degli strumenti per costruire una svolta. I mesi passano ed il tempo che doveva servire per approvare una nuova legge elettorale, il dimezzamento del numero dei parlamentari, ed alcune riforme costituzionali mirate e non più procrastinabili, viene sprecato, finendo per delegittimare ulteriormente le stesse forze politiche, che badano solamente a salvare se stesse e le poltrone e gli incarichi che ricoprono. Ma andiamo con ordine per quale motivo nessun partito politico è degno al momento di un nostro voto?

Il Pdl. Il popolo delle Libertà o come si chiamerà in futuro il principale partito di centro-destra, è vincolato alla figura di Silvio Berlusconi che dopo quasi 20 anni di presenza non vuole lasciare il passo ad un protagonista più giovane. La classe dirigente del pdl, ex socialisti, forzisti, aennini, cattolici, etc. etc. non riesce ad indicare nè una nuova leadership, né una nuova prospettiva per il paese. Quello che doveva diventare il partito degli onesti, dopo lo scandalo Polverini-Fiorito alla regione Lazio appare all’esterno come un coacervo di interessi privati e personali, difficile da rilanciare, ed impossibile da votare.

La Lega Nord. Dopo anni di promesse e proclami, federalismo declinato in tutto le salse, autonomismo, semplificazione normativa e via dicendo i risultati portati dal carroccio sono pari a zero, senza contare che la rozzezza del messaggio politico leghista appare indigeribile per qualsiasi mente intellettualmente onesta e dotata dei mezzi adatti per capire la contemporaneità. Un voto dato a Maroni, a Castelli o a Calderoli sarebbe come votare autonomamente per il proprio suicidio.

Futuro e Libertà. La formazione di Gianfranco Fini dopo aver avuto il grande merito di aver chiuso il periodo berlusconiano, non è stata capace di costruire quel conservatorismo laico e liberale che l’Italia aspetta da tempo. Né di destra né di sinistra, Fini è rimasto in mezzo al guado con il suo manipolo di futuristi, non sapendo scegliere né con chi allearsi né su quale sponda politica approdare. La rotta appare ondivaga e velleitaria, un voto per il FLI sarebbe di riconoscenza per il coraggio di aver posto fine al berlusconismo, ma risulterebbe in qualche maniera sprecato e senza futuro.

Udc. Il partito di Casini ha il merito di essersi posto all’opposizione sia della carovana fallimentare guidata da Prodi sia dell’ultimo governo Berlusconi, ha avuto lungimiranza nel cogliere la sfida e nell’essere il principale sponsor del Governo Monti. L’Udc però rimane un partito legato a logiche della prima repubblica, senza passioni, senza picchi emotivi troppo vincolato ai poteri forti (gruppo Caltagirone e Marcegaglia) e senza una visione moderna della società italiana. La chiusura ad i principi laici che dovrebbero regolare lo stato italiano, e la sua sottomissione alla CEI la conferenza episcopale italiana, rendono l’Udc un’opzione non percorribile.

Il Pd. Dilaniato da lotte interne, e dalle primarie che da consultazione elettorale dal basso si stanno trasformando, in un evento ottimo solamente per dividere gli individualismi delle varie correnti, il PD da speranza sta diventando una caricatura di se stesso. La democrazia interna purtroppo è sinonimo di caos. Al momento quello che qualcuno chiamava l’amalgama mal riuscito, non è né abbastanza di sinistra, né troppo di centro, non abbastanza cattolico, né sufficientemente laico. Se Bersani trova immensi ostacoli a tenere insieme i suoi, difficilmente potrà guadagnarsi la fiducia degli italiani che lo chiamerebbero a guidare sfide ben più grandi. Se lo scontro tra Bersani, Renzi, Puppato, Vendola, Tabacci, Civati si risolvesse al meglio e si riuscisse a trovare una sintesi tra le varie posizioni del partito, il Pd potrebbe diventare qualcosa di interessante, al momento però è buio totale.

Sinistra Ecologia e Libertà. Il partito di Vendola ed il suo leader sembrano schiavi di retaggi del passato, e parlano con un linguaggio tipico del ‘900. L’ossessione per un lavoro, inteso come posto fisso che ingessa le dinamiche sociali, esaspera le aspettative e illude i più giovani appare sconsiderata. La narrazione di Nichi ultimamente appare un po’ offuscata, il referendum sull’articolo 18 ha messo una pietra tombale su Sel e su tutti gli ex comunisti scaturiti dalla diaspora di rifondazione.

L’Italia dei valori. Di Pietro ha il grande merito di aver lottato per portare un briciolo di moralità nei palazzi del potere romano, ha il grande difetto però di bruciare tutto quello che si pone fra lui ed il suo disegno di bonifica etica. Gli attacchi al Capo dello Stato, il suo porsi all’opposizione del governo Monti, l’incoerenza di alcune scelte politiche, e l’attenzione spasmodica a quello che fa la piazza di sinistra e grillina, portano l’IDV fuori dai giochi.

Il partito Radicale. Se non fosse per l’egocentrismo di Pannella, il partito radicale sarebbe una nobile possibilità di scelta. La condotta politica del partito di torre Argentina è esemplare, le battaglie portate avanti sui temi bioetici, sull’emergenza carceri, la visione lucida delle dinamiche nazionali ed internazionali, rendono il partito di Emma Bonino un pilastro della nostra democrazia. Se si smussassero alcuni eccessi come l’ostinazione a chiedere l’amnistia o gli attacchi ipocriti alla “partitocrazia” di cui fanno parte da 50 anni, i radicali risulterebbero il cavallo su cui puntare, con la certezza che forse non sarà il vincitore ma non risulterà mai dopato.

Il moVimento 5 stelle. Il grande merito del partito anti-casta è quello di aver colpito ed affondato la classe dirigente che mal governa dagli albori della seconda repubblica. Il problema del M5s però è quello di voler sostituire la casta attuale con un, anti-casta, formata dai Grillo e dai Casaleggio peggiore di quella precedente. La democrazia interna del M5s è una cosa spaventosa ed inquietante, una sorta di grande fratello che tutto vede e tutto decide.

Possibilità di scelta? Libertà di non votare.


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