Il "cul de sac" del presidente Monti

par Rosario Grillo
mercoledì 8 agosto 2012

A Monti non si può non riconoscere il ferreo lavoro espletato per fronteggiare la crisi finanziaria e salvare l'Italia dal baratro.

Non avendo lo scopo di passare in rassegna i provvedimenti fin qui presi, mi soffermo sul duro lavoro diplomatico, da lui condotto, nelle sedi europee e nei contatti con i leader dell'economia mondiale. Senza dimenticare il "versante della comunicazione", intrattenuta con la stampa italiana ed estera, attraverso i diversi sistemi di comunicazione, non esclusa la partecipazione alla finale del campionato europeo di calcio.

Ultima esternazione: l'intervista allo Spiegel dell'altro giorno. Qui, si è soffermato sul rapporto Italia-Germania ed ha, se così si può dire, alzato il tono per rivendicare i meriti dell'Italia, per evidenziare le incertezze della Germania, per esaltare le credenziali presenti e future del nostro Paese nel concerto europeo.

Vi è necessità, a questo punto, di dare uno sfondo all'intervista, mettendo in luce il confronto -ormai finale - tra la BCE e la Bundesbank, il dibattito dentro i paesi europei e tra i grandi economisti, le riserve antitaliane, presenti sia nell'opinione comune tedesca sia nella componente moderata confluente nella CDU.

In poche battute, si può dire che questa massa d'opinione, vigorosamente monetarista e propiziatrice dell'austerità fiscale, imputa ai paesi del sud Europa (tra cui l'Italia) il lassismo e le "mani bucate", un comportamento latente ed irrimediabile, causa del dissesto europeo.

Non sto qui a ripetere che la vera causa del "male oscuro" si ritrova invece nel ritardo con cui si è data risposta alla crisi, dovuto anche alle pastoie insite nell'incompletezza dell'unione europea (la quale necessita di ingegneria politica organica).

Correttamente, Monti mette in luce il pesante intervento, predisposto e messo in atto dal suo governo, attraverso il quale l'Italia ha contribuito e contribuisce, in prima linea, a fronteggiare la crisi europea. In maniera altrettanto irreprensibile, Monti ha fatto notare che, fin qui, all'Italia è venuto un appesantimento del debito pubblico per effetto dell'aumento dello spread e per la recessione indotta dai provvedimenti d'austerità decisi dal board europeo.

Nella parte propositiva, però, Monti incorre in un grave errore, laddove invia un messaggio di diffida ai parlamenti dei paesi europei affinché non interferiscano con le decisioni - cure risolutive - decise dai governi.

Monti mostra così, in grande evidenza, il suo carattere politico, non solo tecnico, di uomo competente, che decide "dall'alto ", comunque, infastidito da interventi delle forze politico-sociali abilitate (partiti, sindacati, forze economiche ed associazioni).

La natura della Democrazia richiede il contrario. Vasta partecipazione dal basso, incalzante richiesta popolare, in nome della sovranità popolare, riversata nel solco dell'organismo europeo abilitato, il Parlamento Europeo.

Si potrà realizzare, in questo modo, il completamento della Costruzione europea, che, come prima abbiamo visto, è la chiave strategica della soluzione alla crisi.

Difatti, nella stessa Germania, non è assente il dibattito; sono ricorrenti le voci (cito: Habermas per tutti) che, con interviste e proclami, chiedono di ricorrere alla stessa metodologia.

Associo a questa messa a punto le osservazioni di Nadia Urbinati, che, qualche giorno fa, metteva in luce le disuguaglianze sociali createsi negli ultimi anni. Conseguenti la direzione, impressa all'economia e alla società, dai grandi manovratori internazionali, burattinai dello scenario della globalizzazione.

"La democrazia non ha mai promesso né perseguito l'obiettivo di rendere tutti i cittadini economicamente uguali, ma la promessa con la formale dichiarazione nelle Costituzioni e nelle Carte dei diritti di rimuovere gli ostacoli che impediscono a uomini e donne, diversi tra loro sotto tanti punti di vista (dal genere, al credo religioso, alla ricchezza) di aspirare ad una vita dignitosa" (N. Urbinati).

Più democrazia, e non meno, è la via d'uscita dalla crisi.


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