Il boicottaggio: strumento di lotta nonviolenta, per non essere complici di un genocidio
par Pressenza - International Press Agency
martedì 8 luglio 2025
“L’etica delle scelte preserva l’etica della cura”: con questa affermazione si apre l’intervista al Sindaco di Sesto Fiorentino, Lorenzo Falchi, che accetta volentieri di dialogare insieme, sulla decisione compiuta dal Comune che rappresenta, per provare ad uscire dal senso di complicità diffusa, che davanti al genocidio in corso a Gaza in molte e molti proviamo.
Sesto Fiorentino, Emanuela Bavazzano
Una recente protesta di Firenze per la Palestina di fronte alla Coop (Foto di Firenze per la Palestina)
Quando Firenze per la Palestina, ed insieme a questa altre realtà attive sul territorio, hanno sollecitato specifici posizionamenti da parte delle pubbliche amministrazioni rispetto al boicottaggio, non era chiaro ancora quanto un sindaco potesse volersi esporre con una scelta, condizionante l’orientamento economico, nell’interruzione di ogni forma di relazione istituzionale tra un’amministrazione comunale ed il governo israeliano. Qui, a Sesto Fiorentino, si è scelto di partire dall’agire concreto, sospendendo gli accordi commerciali che coinvolgono Azienda Farmacie e Servizi Spa, Azienda partecipata al 100% dal Comune, che possiede otto farmacie su questo stesso territorio, nello stop all’approvvigionamento di prodotti realizzati da aziende israeliane, prima tra tutte Teva, forse oggi la più conosciuta.
“Assumersi la responsabilità di amministrare una realtà comunale”, sostiene Lorenzo Falchi, “significa non solo occuparsi della quotidianità a livello locale: c’è anche il ruolo che una comunità ha in un contesto più ampio. Le scelte, anche quelle quotidiane, hanno infatti un riflesso politico di posizionamento; il boicottaggio è uno strumento potente ma pacifico per fare pressione sui governi”.
Approfondendo il significato che ancora può assumere il diritto internazionale, supposto che questo si ritiene avere un valore, Falchi sottolinea come “la comunità internazionale è ancora, di base, troppo silente, se non complice, su quello che Israele fa oggi a Gaza, già da decenni in Cisgiordania. Non si può solo demandare alle scelte dei governi; si deve partire dal basso, da quello che possiamo fare noi oggi, qui: la campagna BDS coinvolge i cittadini e le cittadine. Anche una comunità locale può sostenere il boicottaggio, andando a toccare il portafoglio”.
Quando, pensando al significato del rispetto del diritto internazionale (a livello di realtà globale) ed al meccanismo di influenzamento da parte delle realtà locali, il Comune di Sesto Fiorentino ha iniziato ad avviare le prime interlocuzioni per capire come agire concretamente attraverso il boicottaggio, emergendo la presenza, oltre alcune società a partecipazione di minoranza rispetto al Comune, di altre (come nel caso di Azienda Farmacie e Servizi Spa) a partecipazione maggioritaria, si è verificata la circostanza per cui è emersa una volontà condivisa di poter trovare uno strumento più definito, meno lasciato alle scelte autonome delle persone; è stato discusso preventivamente anche con RSU.
“La politica economica israeliana è forte nell’economia del farmaco”: “la scelta”, prosegue Falchi, “non è quindi solo un simbolo, ma un modo di agire concretamente. Le imprese israeliane sono e saranno coinvolte (dal boicottaggio), perché ci sarà (dal 1° luglio) la cancellazione di tutti gli ordini con le aziende israeliane. Con il boicottaggio si colpisce così l’economia di un Paese.” Falchi ricorda, per precisare il corretto posizionamento etico sul rispetto della scelta della cura, che comunque la maggior parte dei farmaci da banco hanno decine di prodotti equivalenti con cui poter sostituire un eventuale farmaco di produzione da parte di aziende israeliane e che non verrebbe così in alcun modo messa a rischio la salute del singolo acquirente – paziente.
“Si può porre un parallelo (storico)”, sostiene Falchi, “rispetto a quanto successo negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta”; ricorda infatti che “una spallata all’apartheid in Sudafrica è venuta proprio dal boicottaggio dei prodotti, messo in atto per fare pressione su un governo che praticava la segregazione razziale”. Nel parallelo (politico – sociale – di posizionamento) con l’oggi, “attaccare un governo che non rispetta il diritto internazionale, un governo che uccide bambini, bombarda chi è in fila per ricevere aiuti, cibo, se arrivano, quando arrivano… non può non muovere le coscienze: mi fa male pensare che non ci si esponga e non si utilizzino tutti gli strumenti che abbiamo di fronte ai bambini che muoiono uccisi, i bambini in fila… Quindi ogni strumento che possiamo mettere in campo lo dobbiamo usare: il boicottaggio è una campagna lenta, che richiede tempo perché abbia conseguenze, ma sta crescendo; è uno strumento di lotta nonviolenta”.
Infine rispetto alla possibilità di coinvolgere le realtà locali che ancora sono rimaste ai margini, che non hanno ancora trasformato l’indignazione in denuncia, l’impotenza in prassi, rimarcando come non si possa restare indifferenti e non ci si possa non schierare davanti allo sterminio di un popolo, Falchi afferma che “con i Comuni vicini, ma anche con Comuni lontani ci siamo messi in contatto per riflettere su come mettere in campo iniziative analoghe, perché è importante allargare il fronte”.
Il Comune di Sesto Fiorentino, dopo la presa di posizione rispetto al boicottaggio economico, è stato già contattato da Comuni anche “di colore differente”, come a rimarcare la trasversalità e l’effettività di una misura che potrebbe riscuotere consensi trasversali, perché, nonostante ancora la maggior parte della comunità internazionale consideri Israele dentro gli estremi del diritto e pertanto non stia ricevendo sanzioni, vi è la consapevolezza a livello delle comunità locali che questo non sia corretto, e che restare nell’impotenza a osservare, per quanto il manifestare il proprio dissenso anche attraverso i cortei, i presidi e tutte le occasioni di presenza nelle piazze siano importanti, non provare ad agire anche come realtà politiche “assume il senso di complicità”.
“Siamo complici se non mettiamo in campo tutte le forme a noi possibili per far cessare il massacro. Un domani ci chiederanno: e voi, dove eravate? Noi vogliamo provare a fare quello che possiamo per fornire un nostro contributo di inversione di rotta.” Prosegue Falchi, sollecitato a riflettere insieme in merito alla presidenza della Fondazione Meyer: “La Regione Toscana ha approvato un atto di interruzione di ogni rapporto con il governo israeliano; poi però mantiene una contraddizione importante, ossia avere un console che rappresenta uno Stato, come quello di Israele, in una carica significativa. Promuove la pace ed i diritti, mentre lascia in carica a presiedere la fondazione Meyer un console che rappresenta uno Stato che uccide i bambini”.
“Tra venti anni ci chiederanno conto di tutto questo, ci chiederanno dove eravamo. Un Comune ha degli strumenti ed ha pertanto il dovere etico di metterli in campo”. Molto probabilmente, aggiungo, anche una regione avrebbe degli strumenti e il dovere di provare ad utilizzarli, forse proprio a partire dalla (il)liceità di mantenere posizionamenti di interesse (economico individuale) che sostituiscono interesse collettivo – globale.
L’etica della cura è preservata dal momento in cui è possibile prendersi cura degli interessi individuali ma anche collettivi di una comunità che sceglie di restare aperta, di partire da interrogativi connessi all’etica delle scelte (anche) di consumo: se acquisto un prodotto, mi chiedo chi lo abbia prodotto e a chi vadano i miei soldi; se sono consapevole che la produzione di un farmaco sia dentro l’economia di guerra e pertanto indirettamente comprendo di essere coinvolta, contribuendo (individualmente) ad un crimine di genocidio (collettivamente), non posso non sentirmi attivamente responsabile. Quando un simile passaggio viene compiuto non a livello di singola persona – attivista, quanto da una persona che ricopre un ruolo politico, quindi da una comunità (un Comune) che potenzialmente può mobilitare anche altre comunità (altri Comuni), il senso della convergenza e della mobilitazione, che dal basso e dal lontano muove l’alto e collega nelle co-responsabilità, assume significati di indubbia portata, quelli che stanno in questi giorni caratterizzando le riflessioni che si muovono intorno alla scelta di un sindaco, di una amministrazione comunale, che prova a mettere in campo strumenti per uscire dalle complicità (indirette) che riguardano il sentire comune e prova a invertire una rotta, nella traiettoria della Pace, nella costruzione dei presupposti perché questa sia nel rispetto dei diritti dei popoli all’autodeterminazione e al vivere sulla propria terra.
Emanuela Bavazzano – Redazione Toscana Pressenza